Lunedì 18 giugno 2012 – Vangelo di Matteo cap. 22, 15-46

Gli avversari di Gesù si ritrovano ancora una volta tutti d’accordo. Nel tempio si sono alternati “i sommi sacerdoti e gli scribi” v.15 cap. 21, poi al v. 23 sempre  “i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo”, e sempre nello stesso capitolo al v. 45 “i sommi sacerdoti e i farisei”, poi in questo cap. al v. 15. “ i farisei e gli erodiani” , più avanti al v. 23 troviamo “i sadducei” e verso la fine di questo cap. ai vv. 35-41 ritroviamo “i farisei”. Questi avversari, più o meno sempre in lotta tra loro, ora si trovano tutti uniti contro il nemico comune.


vv. 15-22

Gli erodiani, che raggruppano i partigiani della famiglia regnante che era ligia al potere di Roma, dovevano essere i testimoni di un eventuale risposta non allineata di Gesù. Questo episodio è riportato anche in Mc. 12,14-15; e in Lc. 20,20-26, in cui la domanda è posta sia in forma teorica che in forma pratica, mentre qui Mt. è solo teorica. La questione è posta in modo insidioso, che la risposta di Gesù sia affermativa o negativa, scatenerebbe comunque o l’ira del popolo o la reazione delle autorità romane.

Per capire meglio il contesto e la situazione culturale in atto al tempo, riporto di seguito la preziosa esposizione che ho trovato nel commentario di Ortensio da Spinetoli.

“L’uso delle monete straniere era ritenuto dalle correnti giudaiche più estremiste una forma di culto idolatrico, condannata di per se dal secondo comandamento. Non era stata approvata per questo l’introduzione di immagini dell’imperatore o di emblemi che ne simboleggiassero il potere del tempio per non menomare la regalità, sovrana e unica di Jahve. Quando i procuratori (per es. Pilato) avevano tentato di farlo per offendere e umiliare l’alterigia giudaica, avevano incontrato la più ostinata reazione e opposizione. Il giudeo che riconosceva l’autorità di Cesare, metteva in dubbio la propria sottomissione a Dio. Gli zeloti seguivano a riguardo una linea dura: rifiuto del potere imperiale e del pagamento dei tributi. Essi non facevano nessuna questione, né di principio, né pratica. I farisei invece avevano adottato un atteggiamento intermedio; si erano rassegnati al pagamento delle imposte, in cambio della libertà religiosa che godevano.”( da “Matteo” di Ortensio da Spinetoli pag. 594).

La domanda posta a Gesù non ammette alternative, sembra che non vi sia via d’uscita, ma la risposta che Mt. fa dire a Gesù è attenta a non fare mosse false: i cristiani venivano accusati di scarso interesse per la patria e di compromesso. La risposta di Gesù sposta la questione sul lato pratico: “Mostratemi la moneta del tributo” .

Questi, come tutti i giudei, avevano in tasca monete romane e quindi avevano già dato una soluzione al problema e poi i cristiani non avevano fatto mai obiezioni al pagamento, inoltre non era loro diritto conoscere ciò che Gesù o i cristiani pensavano di Roma. Inoltre, l’autorità imperiale o locale è stata ritenuta sempre di diritto divino (Cfr. Rm.13,1), ma la resistenza che viene posta al potere politico è solo di natura religiosa, quando questi rivendica attribuzioni o onori sacri..

Ciò che deve essere negato a Cesare non è il tributo o il riconoscimento dell’autorità politica, ma tutto ciò che ostacola la volontà di Dio, cioè, tutto quanto impedisce la giustizia e il bene comune e il riconoscimento della superiorità assoluta di Dio, cioè non fare dell’imperatore un idolo, per via della sua immagine sulla moneta.

Ciò che ha predicato Gesù, così come i profeti e lo stesso Giovanni Battista, non è stato apolitico, ma ha tentato di capovolgere le situazioni sociali del loro tempo. Ha predicato e praticato l’uguaglianza e di conseguenza il sovvertimento dell’ordine costituito in cui non ci poteva essere né il tempio di Gerusalemme, così come era costituito, né il regno di Erode, né l’impero di Roma. Poi c’è chi ha scelto il compromesso, allora come oggi. Se Gesù non avesse scomodato il potere religioso e politico, non sarebbe finito in croce.


vv. 23-33

Il brano è centrato sulla risurrezione o sulle modalità della vita futura. I sadducei che non credono alla risurrezione, tentano di mettere in ridicolo tale dottrina, pongono la domanda citando un caso evidentemente ipotetico, cercando di darle credibilità. L’obiezione si basa sulla legge del levirato che imponeva all’uomo di sposare la moglie del proprio fratello se questi moriva senza lasciare figli maschi (Cfr. Dt. 25,5).

Siamo in piena cultura patriarcale ed in questo periodo la donna era completamente limitata alla cura della famiglia, mentre era l’uomo che doveva provvedere al suo mantenimento, quindi se il marito moriva e vi erano dei figli maschi, erano questi che dovevano provvedere al sostentamento della vedova, nonché loro madre, in caso contrario vi doveva provvedere il cognato. Tutto questo per non abbandonare in miseria la donna, ma senza che lei potesse esprimere alcun parere.

Ma Gesù smonta tutta la lunga argomentazione dei sadducei, affermando che non conoscono né le scritture né la potenza di Dio. Nella sua risposta Gesù colloca il matrimonio nelle cose transitorie, contingenti, imperfette, destinate a scomparire. Il matrimonio non è insostituibile per la continuità dell’esistenza, ogni forma di relazione, di convivenza o di amore può essere considerata alla pari del matrimonio.

Al v. 32 troviamo una citazione presa da Es. 3,4, in cui l’autore, nel sostenere e credere nella risurrezione, riporta la presentazione o il segno di riconoscimento che colui che parlava a Mosè era lo stesso Dio dei patriarchi, quindi se i patriarchi vivevano presso Dio era segno che erano usciti dal regno della morte. Ma poi Gesù fa un’altra affermazione, dice che non è il Dio dei morti, ma dei vivi.

Questa affermazione riporta l’attenzione al presente più che al dopo vita, come dire che è più importante preoccuparsi di come si vive piuttosto che di cosa succederà dopo la morte, e nei confronti della donna e vedova sembra che dica: fate in modo che anche nei suoi confronti sia praticata la giustizia e l’amore di Dio oggi e non pensate al dopo morte, perché questo vi distoglie e vi allontana dalla vita stessa.


vv.34-40

Un fariseo, dottore della legge, va da Gesù con il proposito di confonderlo e comprometterlo.

Riguardo alla legge a cui fa riferimento la domanda posta a Gesù, vi erano varie scuole e altrettanti maestri che davano diverse interpretazioni, vista la molteplicità delle prescrizioni in cui veniva suddivisa: circa 613. la ricerca di un principio unico su cui orientarsi nelle scelte pratiche della vita, era sentita anche dai giudei. La risposta di Gesù sembra scontata, sia nell’indicare come importante l’amore di Dio, che quello verso il prossimo, due aspetti segnalati dalla legge e che ogni buon israelita cercava di rispettare. La novità che sta nella risposta di Gesù consiste nel aver equiparato i due precetti, nell’affermare che è simile al primo dice che merita uguale attenzione. Si tratta di dedicare al prossimo la stessa cura, la stessa attenzione che diamo a Dio, con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.

Nella concezione ebraica il cuore era la sede degli affetti e dei pensieri, l’anima ricordava il suo aspetto vitale, la mente intesa come forza: occorre amare l’altro/a con tutto il proprio essere, realmente e non solo a parole, offrendo un aiuto che sia partecipe del vissuto altrui.

Sempre da “Matteo” di Ortensio da Spinetoli pag. 602, un pensiero che faccio mio: La legge e i profeti sono come un fascio di forze sparse che rischiano di disperdersi ulteriormente se non si fermano a questo aggancio. Il più grande comandamento per un cristiano è lo stesso che per un giudeo. Non ci sono due vie di salvezza, di Mosè e di Cristo, ma c’è solo quella di Cristo, che è lo sfocio di quella di Mosè.
vv.41-46

Matteo presenta un Gesù che va dai farisei mentre sono riuniti in consiglio, per mettere in evidenza la sicurezza e la padronanza di Gesù davanti ai suoi avversari, anche se la storia può essere andata diversamente, la ricostruzione ha bisogno di effetti efficaci. Mentre Mt. scrive, i giudei non si erano ancora convinti ed anche i giudeo-cristiani erano perplessi sul ruolo messianico di Gesù. quindi lui scrive per ribattere le accuse degli uni e per eliminare le perplessità degli altri: la filiazione di Gesù va oltre la sua discendenza davidica, per Mt. Gesù è Signore e questa signoria sarà messa in luce dalla sua risurrezione


Riflessioni dal gruppo

vv. 15-22 : Gli avversari di Gesù non cercano il dialogo, il confronto con chi la pensa diversamente da loro, ma cercano di aggredire, di umiliare. Credono di possedere la sola verità. Vi è una indisponibilità ad una relazione che possa fare interrogare, non sono aperti alla ricerca.

vv.34-40: Amare il prossimo come se stessi. Quanto siamo capaci di amarci? E se non lo siamo, come possiamo amare gli altri? Bisogna avere una buona autostima e fiducia in se stessi, per amarsi c’è bisogno di sentirsi riconosciuti, se si sta bene con se stessi si sta bene anche con gli altri, se si ama solo gli altri è una forma di possessività. È più facile amarsi se si ha la consapevolezza di sentirsi amati. L’amore è il comandamento centrale della vita, abbiamo bisogno di relazioni d’amore, è un allenamento  che dura tutta la vita.

Maria Del Vento

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