Battesimo del Signore

Non basta un battesimo d’acqua

… e Giovanni predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo». In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Marco 1, 7-11).

“Viene dopo di me…”

Ecco cosa scrive Marco al v. 14: “Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù venne in Galilea predicando…”. Esattamente “dopo” di lui.

Ma entrambi irrompono sulla scena allo stesso modo: “Giovanni venne nel deserto a predicare…” (Mc 1,4) e “Gesù venne in Galilea predicando…” (Mc 1,14). La differenza sta nel contenuto della loro predicazione: Giovanni predica “un battesimo di penitenza in remissione dei peccati”, mentre Gesù predica “l’evangelo di Dio”.

Ma predicano, in fondo, la stessa cosa, perché anche Gesù lancia un invito perentorio: “Ravvedetevi e credete all’evangelo”. Cambiare vita, insomma, è il messaggio di entrambi i predicatori, perché “il tempo è compiuto e il Regno di Dio è qui”. Ecco il “battesimo con Spirito Santo” che verrà praticato da Gesù. E tutto ciò è certificato e garantito dalla massima autorità possibile: “una voce dai cieli”.

Un “puro spirito” che parla con voce tonante? Perché no? Se Dio è onnipotente, può far tutto, come sul monte Sinai ai tempi di Mosè e dell’Esodo… anche suscitare simili raffigurazioni fantastiche, che ci parlano piuttosto della grande fede di Marco e delle prime comunità in quel rabbi di Nazareth che aveva così radicalmente cambiato le loro vite.

Acqua e Spirito Santo

Il battesimo è un rito esteriore, pubblico, che testimonia alla comunità la conversione avvenuta in quell’uomo, in quella donna, la loro scelta di vita nuova. Ecco perché, secondo me, non ha molto senso battezzare neonati/e e bambini/e: è meglio educarli/e a crescere capaci di scelte responsabili in età adulta. Per questo conviene anche smettere di considerare il battesimo come un rito magico che cancella fantomatici peccati originali…

Già! E la chiesa dovrebbe diventare una comunità… E la “confessione dei peccati” non è il prezzo da pagare, l’umiliazione davanti a un prete che, in cambio, dichiara che sei tornato candido come un fanciullino… E’, piuttosto, la presa di coscienza dei propri limiti e dei propri errori: questi dovuti a quelli e alla insufficiente consapevolezza con cui viviamo le nostre relazioni, con le persone e con il resto del creato con cui condividiamo la vita su questa terra.

Mettere in parole, raccontare pubblicamente, fosse anche solo a un piccolo gruppetto di persone, gli errori commessi e di cui siamo consapevoli, è un atto possibile solo a chi ha già compiuto, dentro di sé, la scelta del cambiamento. A me è successo: non c’è paragone tra le confessioni di quando ero fervente cattolico e di quando ho fatto mia la pratica dell’autocoscienza, con l’aiuto di mia moglie prima e del Gruppo Uomini poi. La mia vita è decisamente cambiata: adesso mi sento un piccolo “otre nuovo per vino nuovo” (Lc 5,38).

Gesù ci invita a indossare un abito culturale nuovo, diverso dal precedente: il battesimo “con Spirito Santo” aggiunge ulteriore consapevolezza al segno dell’acqua, è riconoscere che il cambiamento, che sta avvenendo nella nostra vita, è frutto dell’azione di Dio. “Sta avvenendo”, è un cambiamento continuamente in progress… non come i riti e le parole di tanti preti, che si ripetono sempre uguali nei secoli: che cosa possono vivificare?

Perché il battesimo continua ad essere di acqua? Dove sono gli otri nuovi? Dov’è il vino nuovo? L’acqua la vedi, la tocchi, ti bagna, è materiale… mentre lo Spirito è oltre la materia, è Amore gratuito che ci parla al cuore e ci guida sui sentieri della libertà, è Dio che ci ama indipendentemente dalla nostra confessione dei peccati.

Lo Spirito è la nostra scelta quotidiana, continua, di cambiamento, di affidamento all’Amore in tutte le nostre relazioni.. L’acqua serve a fare proseliti, a riempire i registri dell’anagrafe delle chiese, giocando sull’illusione di una salvezza garantita per magia.

Battesimo e comunità

Anche Gesù si fa battezzare da Giovanni con l’acqua del Giordano: manifesta così pubblicamente la consapevolezza della propria fragilità e del suo bisogno di conversione. Ma la fede delle prime comunità e le elaborazioni dei primi teologi, Paolo di Tarso in primis, ne ha ormai fatto un profeta “superiore” e, con le parole di Giovanni e la voce dai cieli, lo colloca al gradino più alto della scala gerarchica dei figli di Dio: “Tu sei il mio Figlio diletto; in te mi sono compiaciuto”.

In realtà, mi sembra un chiaro éscamotage della regia: non lo conosciamo ancora, non ha ancora fatto nulla di eclatante, compare appena ora sulla scena… e riceve già un simile riconoscimento dall’alto dei cieli? Ma quando questo viene scritto di lui, Gesù era ormai ben conosciuto. Aveva operato e predicato e sofferto…

Per la comunità dei primi discepoli e delle prime discepole non può che stare in una relazione particolarissima di amore e compiacimento con Dio. Perché nei suoi brevi anni di vita ha saputo amare e seminare amore dovunque posasse i piedi, attento a cogliere ogni stimolo e a cambiare in ogni momento le proprie modalità di vita e di relazione.

Questo è compito anche nostro, anche mio: di ogni uomo e di ogni donna che vengono al mondo. Cercare di camminare sulle orme di Gesù, per essere figlio diletto e figlia amata di Dio, di Jahve, di Allah, dell’Amore e della Giustizia Divina, della Fonte della Vita e della Sorgente dell’Amore… e per meritare il Suo compiacimento. Praticare e predicare l’amore, come ha fatto Gesù, non è un’impresa sovrumana: ci è possibile, vi siamo chiamati e chiamate.

Ma per questo non basta un battesimo d’acqua: ci vuole lo Spirito dell’Amore, Santo com’è santo l’amore, ogni forma di amore autentico, quello che vuole la giustizia e la convivialità in tutte le relazioni, con la radicalità più coerente e la consapevolezza più sincera della nostra fragile creaturalità.

L’acqua ci può passare sopra senza incidere, perché troppo spesso si accompagna alla predicazione di una salvezza individuale; mentre Gesù ci invita a costruire comunità, praticando la giustizia nelle relazioni. La conversione, il cambiamento di vita è per costruire il Regno qui e ora. Il Regno non appartiene all’aldilà. Per questo lo Spirito vivifica, ci mantiene vivi e vive, vigili e consapevoli.

E quando sbagliamo ci aiuta ad averne più pronta coscienza, perché viviamo in una comunità di uomini e di donne che non giudicano e non condannano, ma ci aiutano e sostengono con la consapevolezza della comune fragilità.

Così agisce lo Spirito, fin da quella volta che è sceso sulla comunità dei discepoli e delle discepole, come ci racconta il libro degli Atti all’inizio del capitolo 2. E’ la stessa comunità a cui Gesù aveva riconosciuto il potere “di legare e di sciogliere” e che la gerarchia ha quasi subito avocato a sé: “Quello che la comunità tutta intera approverà sulla terra sarà approvato anche in cielo…” (Mt 18,18 e Giov 20,23).

Non a colpi di maggioranza, ma con la consapevolezza e la pazienza di ascoltarsi tutti e tutte a vicenda: diventa più difficile sbagliare. Si faranno forse meno iniziative, ma si crescerà collettivamente nell’amore e nella condivisione… Sarà più costruttivo e duraturo il vantaggio per le singole persone e per l’intero creato!

Beppe Pavan

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