Ascensione del Signore

Andate e predicate…

Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano (Marco 16, 15 – 20)

Questi versetti che chiudono il vangelo di Marco, concludono anche il racconto della resurrezione e delle apparizioni di Gesù, di cui parla tutto il capitolo 16. Il brano inizia con un chiaro invito ad andare in tutto il mondo a predicate il vangelo ad ogni creatura.

L’invito è rivolto agli undici che non avevano creduto né a Maria di Magdala che, insieme all’altra Maria, madre di Giacomo e di Giuseppe (Mt. 28,9), per prima aveva visto Gesù risorto, ed era andata subito da loro a dirlo, né avevano creduto ad altri due di loro che videro Gesù mentre erano in cammino verso la campagna (I discepoli di Emmaus).

Quando ormai la comunità di Marco si trovava “in mare aperto”, probabilmente verso la metà del secondo secolo, un redattore a noi sconosciuto aggiunse al testo precedente i versetti 9 – 20. Una appendice teologica più che una conclusione. Egli non cercò di “armonizzare” il suo scritto con la chiusura precedente (v. 8), ma si preoccupò di testimoniare come i discepoli continuarono il cammino di Gesù in un contesto missionario.

La predicazione e la testimonianza del Vangelo nelle vie del mondo conoscono una stagione nuova. Gesù ha compiuto la sua missione e Dio lo ha preso con sé. Egli è “assiso alla destra di Dio” (non si dice che è Dio), ma continua in qualche modo ad operare con i discepoli. Gli altri vangeli parlano dell’invio dello “spirito di Dio” che darà forza per la loro missione. Qui il redattore invita alla consapevolezza che in qualche modo Gesù continua la sua opera vicino ai discepoli.

I versetti 15 – 18 descrivono la missione in atto. Non si tratta di preoccuparsi di impiantare una struttura sacrale, di diffondere dei dogmi, di costruire una gerarchia con precisi addetti ai lavori. La comunità si preoccupi di vivere sul sentiero tracciato da Gesù, narri e annunci la buona novella senza escludere nessuno. Allora, come fiori a primavera, si vedranno comparire i “segni”. La parola evangelica diventa azione trasformante.

Il verbo al futuro suona come promessa, ma tutto lascia intendere che il redattore avesse già alle spalle una gioiosa constatazione: dove qualcuno/a si era affidato radicalmente al Vangelo, la sua vita aveva prodotto questi frutti. Il linguaggio suona per noi strano e oscuro, ma il significato è chiaro all’interno del “codice” biblico. Si tratta, in sostanza, di rifarci alla vita dei profeti e di Gesù. Il nazareno, fidandosi radicalmente di Dio, ha aiutato le persone a liberarsi dalle catene, dai serpenti, dai demoni, dai veleni: tutte immagini delle forze che ci assediano, delle difficoltà che ostacolano il nostro cammino.

Certamente i discepoli stavano passando un momento di forte dolore e di smarrimento, dopo la morte di Gesù, ed avevano bisogno che qualcosa li scuotesse e li facesse ripensare a ciò che Gesù aveva lasciato loro, ma soprattutto avevano bisogno di ritrovare la fiducia in se stessi per non restare chiusi ed inermi; a dargli questo scossone è proprio Gesù che li spinge ad uscire dal proprio dolore e dal loro privato, a mettersi in movimento per continuare ciò che avevano iniziato a fare con lui.

Poi il testo dice che tutti quelli che crederanno e si battezzeranno saranno salvati e chi non crede sarà condannato. Mi chiedo cosa è per noi oggi la salvezza, e da cosa è bene salvarsi, stare lontani? Per cercare una risposta, provo a pensare a cosa è stata la vita di Gesù e com’è la nostra vita oggi.

La vita di Gesù è stata pienamente impregnata di compassione per le persone che vivevano quotidianamente situazioni di sofferenza: ad ogni donna o uomo che incontrava o che semplicemente lo avvicinava, riusciva a dare il suo aiuto, il sostegno necessario per riprendere in mano la propria vita e liberarsi da ogni forma di limitazione. Le persone che avevano creduto nel suo messaggio di Amore riprendevano a vivere come rinate a vita nuova.

Come possiamo portare anche noi come Gesù, i segni di quell’Amore verso tutti e tutte? Oggi noi stiamo attraversando un periodo molto difficile e pesante sotto diversi aspetti; la crisi economica e la conseguente perdita dei posti di lavoro, è l’aspetto che per primo ci viene in mente e che tocca moltissime famiglie, ma l’ondata di razzismo che pian piano sta emergendo in molte città è qualcosa di molto pericoloso, qualcosa che fa crescere dei muri tra persone che non hanno colpe.

Le forme di razzismo o di emarginazione sono diverse, ma comunque ingiuste e dolorose , siano esse rivolte verso gli stranieri che verso omosessuali che alle donne “schiave del sesso”, chiamate da tutti prostitute. Le cronache degli ultimi tempi sono piene di notizie che non vanno affatto nell’ottica del messaggio evangelico, anzi chi pratica quelle ingiustizie non dovrebbe definirsi un bravo credente.

Per contribuire a risolvere il problema dell’economia, molti e molte di noi si sentono impotenti, perché il mondo del lavoro e le sue dinamiche, è in mano a pochi potenti e ricchi, ma ciò nonostante possiamo fare attenzione a ciò che può sottrarre consensi e/o interessi e fare pressioni perché si cambi rotta, perché si cambi il modo di gestire l’aspetto economico.

Se per il problema economico, il nostro contributo può dare dei risultati lenti nel tempo, per contrastare invece le forme di razzismo è possibile agire quotidianamente. Sono convinta che c’è bisogno di attenzione ed impegno politico, ma è altrettanto importante e urgente la pratica delle relazioni intessute di solidarietà e amore. Sono queste che creano il tessuto sociale su cui non può fare presa nessuna insinuazione razzista o qualsiasi tentativo di confondere le coscienze.

Se voi vi coinvolgerete sul sentiero di Gesù, scrive il redattore, avrete un cammino non facile. Ma potrete cacciare il demone dell’angoscia, potrete prendere in mano i serpenti, cioè guardare in faccia le vostre paure, i vostri sensi di colpa, il rimorso che opprime; potrete guardare senza panico i poteri che mordono e avvelenano senza diventarne vittime. “Serpenti, veleni e demoni” sono inevitabili e nessuno/a di noi può pensare che la fede ci collochi fuori da questo contesto. Essa ci offre la possibilità di vivere fiduciosamente tra veleni, serpenti, demoni senza esserne ossessionati e senza soccombere.

C’è di più. Il Vangelo segnala la possibilità che le nostre piccole “mani” diventino operatrici di bene, di solidarietà, di liberazione. E ancora: “Parleranno lingue nuove”. Questa mi sembra una promessa, un augurio, ma soprattutto una consegna. Se le nostre comunità non imparano a “parlare lingue nuove”, a dire Dio in modo diverso, a dar spazio a nuove voci, a nuove pratiche pastorali e liturgiche, possono chiudere bottega. Ma parlare lingue nuove significa, soprattutto, lasciare i linguaggi dei palazzi ed entrare in dialogo con gli uomini e le donne della strada.

L’invito che Gesù rivolge ai discepoli, possiamo immaginare che sia rivolto a ciascuno di noi, perché se crediamo possibile realizzare il Regno qui ed ora, allora possiamo far nostro quell’invito e tentare di vivere secondo la legge dell’amore, così come ha fatto Gesù; annunciare il vangelo significa portare e praticare l’amore. Ciò che Gesù ha lasciato è una testimonianza che rende possibile realizzare azioni rivolte al bene delle donne e degli uomini… basta crederci.

Un Gesù risorto che fa sentire forte la presenza nella nostra vita, nelle azioni concrete, quando certe situazioni ci sembrano difficili, se crediamo, si realizza la sua compagnia che da fiducia ad agire. Piuttosto che pensare ad un Gesù solo “asceso in cielo”, sento più forte l’invito a continuare il cammino da lui iniziato, per dare concretezza al suo messaggio d’amore.

Maria Del Vento

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