Celebrazioni dell’amore LGBT

“Chi, un pomeriggio dei primi giorni di un gennaio di qualche anno fa’ ha partecipato alla semplice e gioiosa celebrazione del PATTO D’AMORE  di due coppie di donne lesbiche credenti, ha respirato un clima di pace, di tranquillità, di ‘normalità’. Le  quaranta persone presenti, in rappresentanza di tutta la comunità di base, erano caldamente partecipi tra canti, preghiere, sorrisi, lacrime, abbracci…”.Dietro questa PARTECIPAZIONE COMUNITARIA così intensa e calda c’è una lunga storia che conosce tante ricerche, tanti confronti teologici e pastorali, tante tappe nascoste e mai narrate… proprio per facilitare un cammino in profondità. Le molte celebrazioni dell’amore gay, lesbico, trans vissute finora sono state protette dalla “pubblicità”… perché questo è lo stile della nostra comunità di base. Spesso infatti un certo genere di comunicazione televisiva e giornalistica avrebbe voluto fare lo scoop, ma noi ci siamo “difesi” da questo metodo che, spesso, tutto spettacolarizza, banalizzando. Abbiamo preferito celebrare queste unioni con semplicità e discrezione e, solo dopo, pubblicare sul nostro sito internet alcune liturgie per dare testimonianza di queste celebrazioni.

Se oggi questi momenti sono vissuti con grande gioia come “qualunque altra” celebrazione d’amore, che si tratti di matrimonio o di convivenza, ciò non è il frutto di una improvvisazione o di una scelta ingenua e trasgressiva. Su questi terreni sia l’improvvisazione, sia lo sbandieramento sono dannosi quanto il dogmatismo.

Nell’introdurre una di queste celebrazioni abbiamo parlato di “UNA PROFEZIA CON CUI QUESTE DONNE, NOSTRE SORELLE, SOLLECITANO LE CHIESE CRISTIANE AD UN RIPENSAMENTO” ricordando inoltre che, in queste circostanze, più che di trasgressione ecclesiastica è forse opportuno parlare di anticipazione evangelica. L’anticipazione è un gesto di amore umile ed audace anche verso la propria chiesa perché rappresenta un invito ad allargare, a RENDERE PIÙ LUMINOSA ED ACCOGLIENTE LA COMUNITÀ ECCLESIALE inaugurando sentieri altrove già aperti. Fino ad oggi molti gay, lesbiche, transessuali hanno preso contatto con la nostra comunità, ma il “lavoro” più importante resta l’ascolto delle persone in ricerca che cercano spazi di dialogo.

Si tratta di fratelli e sorelle con cui, nel cammino comune, maturiamo una nuova consapevolezza e lentamente impariamo a NON CHIEDERE IL PERMESSO A NESSUNO PER VIVERE IL DONO CHE HANNO RICEVUTO DA DIO.

E’ sempre presente la sofferenza di una pesante emarginazione nella chiesa e, spesso, nella vita quotidiana, ma alla polemica con la gerarchia  preferiamo un cammino evangelico costruttivo caratterizzato dalla pace con Dio e con se stessi/e, dalla partecipazione a gruppi e comunità in cui sia possibile una presenza “alla pari”. Questo impegno teologico e questo cammino ci interessano sempre di più. Abbiamo profonda fiducia che questo sentiero, ora visibile, ora silenzioso, rappresenti un grande regalo che questi uomini e donne credenti fanno innanzitutto a noi e a tutte le chiese cristiane per un ripensamento e un rinnovamento evangelico.

Il vento di Dio non può essere fermato né da documenti colpevolizzanti né da interventi repressivi. E’ tempo infatti di dire apertamente che L’INCONCILIABILITÀ TRA ESPERIENZA LGBT E VITA AUTENTICAMENTE CRISTIANA È UN PREGIUDIZIO, UN OLTRAGGIO ALLE PERSONE, UNA AFFERMAZIONE TEOLOGICA CHE SI PUÒ MOTIVATAMENTE E TRANQUILLAMENTE CONTRASTARE E RIFIUTARE, una discriminazione inaccettabile, una “bruttificazione” della fede.

Molti omosessuali sono cristiani e cattolici “né più né meno” degli eterosessuali, possono e devono vivere il loro amore senza sensi di colpa e partecipare a pieno titolo a tutta la vita della comunità cristiana. Uscire dalla comoda terra di nessuno e investire con coraggio nella speranza e nella lotta, con amore nonviolento, è il cammino in cui non possiamo perdere tempo nel leccarci le ferite o nelle sterili polemiche.

LE STRADE SI APRONO E SI PERCORRONO SOLO INSIEME, TUTTI/E INSIEME, quanti/e credono nell’amore e nella libertà che è fatta di CONVIVIALITÀ DELLE DIFFERENZE. Forse che, nel cammino della vita, gay, lesbiche, trans ed eterosessuali non cerchiamo gli stessi sentieri di amore, di giustizia, di tenerezza, di felicità? Non cerchiamo forse tutti e tutte un mondo dove ci si accolga gli uni le altre, dove ci sia più “posto” per ogni persona e meno egoismo? Continuare a bussare alla porta della chiesa-gerarchia per chiedere di entrare e per ottenere almeno un posticino all’ombra ad occhi bassi e tenendo il fiato per non disturbare nessuno, significa bussare alla porta sbagliata e compiere un’operazione “da schiavi/e”.

Continuando a “chiedere il patentino”, siamo noi che non abbiamo liberato la nostra coscienza e, anziché praticare un dignitoso confronto, ricadiamo nella malattia dell’obbedienza ecclesiastica a qualunque prezzo. Forse, ripensando alle teologie femministe e alle teologie della liberazione, ci accorgiamo che I FRUTTI MIGLIORI SONO CRESCIUTI LÀ DOVE “CI SI È PRESI” LA GIOIA ED IL CORAGGIO DI NON CHIEDERE PIÙ IL PERMESSO, ma di riflettere, agire, vivere dentro le chiese in vera libertà.

”Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Matteo 7, 7-8):  come ci ha insegnato Gesù, L’UNICA PORTA ALLA QUALE I CREDENTI DEVONO BUSSARE È LA PORTA DI DIO. Ecco perché ha sempre più senso il nostro “esserci” senza ridurci al pensiero dominante. Ecco perché una presenza dialogica, “disobbediente” in nome dell’obbedienza al Vangelo… è sempre feconda e non cede alla tentazione di mettersi da parte.

In questi ultimi anni molto abbiamo imparato da numerosi scambi di studio e di esperienze con altri gruppi italiani… Abbiamo attivato l’iniziativa del week-end di dialogo in cui in comunità condividiamo momenti di studio, di incontro per conoscersi, pregare, riflettere insieme. E’ LO SCAMBIO CHE ARRICCHISCE. La partecipazione attiva e convinta ai gay pride e alle iniziative pubbliche di dibattito e confronto, senza rinunciare alla nostra presenza come credenti, ci ha messi in relazione con gruppi e realtà con cui si è instaurato un rapporto schietto e fecondo.

Poter fare tutto questo ALLA LUCE DEL SOLE, senza doverlo nascondere, accettare consensi e dissensi, essere sollecitati a “cercare ancora”, a “cercare sempre” non è forse un regalo di cui dovremmo benedire Dio cento volte al giorno? E’ in atto, ci sembra, un cammino in cui possono intrecciarsi pazienza, audacia, comunione e anticipazione, senza mai isolarsi dalla realtà delle chiese e della società in cui l’Evangelo ci richiede di essere pietre vive, operai “vigilanti” del regno di Dio.

Laddove due persone si ritengano unite in matrimonio o in un progetto di vita comune e chiedano la benedizione di questa unione, le chiese dovrebbero accogliere la richiesta, indipendentemente dalle forme che la coppia ha scelto o ha avuto la possibilità di adottare per certificare pubblicamente il proprio matrimonio o la propria unione. Se L’ORIGINE DELLA BENEDIZIONE È IN DIO, le chiese non possono accampare alcun potere su di essa, ma sono semplicemente chiamate al servizio di trasmettere tramite la loro parola umana il sì di Dio a tutta la sua creazione, senza distinzione alcuna.

La benedizione (berakhah) in tutta la Bibbia, in particolare nell’Antico Testamento, si configura come la promessa di una vicinanza amorevole e solidale di Dio pronunciata in una situazione specifica della vita delle persone. E’ una “parola di grazia”, alla quale si congiunge da una parte L’IMPEGNO DELLA COMUNITÀ BENEDICENTE A PREGARE PER SOSTENERE LE PERSONE BENEDETTE NEL LORO SPECIFICO PROGETTO DI VITA, dall’altra la confessione di fede delle persone che, chiedendo la benedizione, manifestano il bisogno dell’aiuto di Dio nella loro esistenza e la fiducia nel Signore.

Le coppie omosessuali come le coppie eterosessuali desiderano condividere la loro vita con la persona amata, a tutti i livelli, da quello spirituale, a quello materiale, da quello affettivo, a quello erotico-sessuale. Il desiderio di essere riconosciuti come coppia a livello ecclesiale e sociale, oltre a manifestare UNA VOLONTÀ DI CONTINUITÀ NEL PROGETTO DI VITA, produce “l’espansione dell’amore nel mondo”, al pari delle coppie eterosessuali.

La nostra comunità si rallegra sempre quando incontra persone che si amano e cercano di dar vita ad una relazione. Nessuna differenza tra etero, trans, gay, lesbiche. Non c’è quasi più nessuno/a che si rivolge alla comunità solo per celebrare un “bel rito”. Tutte le coppie che ci contattano esprimono il desiderio di fare con noi un pezzo di  cammino di fede e di condivisione.

Nulla avviene frettolosamente e quindi in genere le spose o gli sposi scelgono un periodo “preparatorio” che arriva fino ad uno o due anni. E’ bello conoscersi, dialogare. Si tratta di un percorso di approfondimento o di ripresa dell’esperienza cristiana in chiave ecumenica, di base. La celebrazione di benedizione del patto d’amore avviene, di solito, dopo questo periodo di conoscenza, dialogo e cammino con la comunità, nel corso di una nostra eucarestia (messa) la domenica mattina preparata da un piccolo gruppo che si occupa del canone, delle preghiere, delle letture bibliche… scelte e preparate insieme agli sposi/e.