Lunedì 21 maggio 2012 – Vangelo di Matteo cap. 19

E’ un capitolo ricco di spunti, specialmente per noi uomini: relazione con le donne; la ricchezza; la condivisione; gli ultimi e i primi… e continua nel cap. 20, con la parabola degli operai assunti a ore diverse della giornata.

Due pensieri per cominciare

– La legge mosaica era scritta da uomini per gli uomini; le donne erano oggetti e strumenti delle transazioni tra uomini, di alleanze strategiche, serve e produttrici di figli; non avevano scelta, per sopravvivere. Qui sta il peccato originario, l’infamia originaria, come la chiama Lea Melandri: nel fare di questa legge patriarcale “parola di Dio” e costruirci su una struttura gerarchica “definitiva”, che non ammette alternative.

– “In principio non fu così” (v 8). Matteo e Gesù si appellano al secondo racconto di creazione (Genesi 2,4-25), il più antico, dove “adam” è creatura sessualmente indifferenziata: con la nascita della donna nasce anche l’uomo; tra loro non c’è gerarchia. L’immaginario biblico di Matteo e di Gesù si fonda su un mito che non autorizza il dominio maschile.

Sconcertante, ma sempre attuale, è la reazione dei maschi discepoli (v 10): se non possiamo più farci servire dalle donne, allora “non conviene” sposarsi: è troppo faticoso costruire relazioni alla pari!

Invece “conviene” impegnarci nelle relazioni alla pari (vv 11-12), perché c’è chi è impotente dalla nascita, c’è chi viene reso impotente con la violenza, e c’è chi sceglie una vita di “castità” con consapevolezza e convinzione e vive con coerenza: castità non è astinenza dalle pratiche sessuali, bensì nonviolenza, sobrietà, rispetto, amore… Non tutti comprendono, ma tutti ci possono arrivare, visto che è possibile ad alcuni/e.

Per il regno dei cieli…

…è il filo rosso di tutto il capitolo. Servono:

– Relazioni reciprocamente rispettose con le donne;
– Vivere come bambini/e: semplici, spontanei, “ultimi” tra gli ultimi in quella società – e anche nella nostra;
– Distribuire le ricchezze, ciò che si possiede: per vivere tra gli ultimi da ultimi, stando così tutti e tutte meglio; mettendo a disposizione ciò che si ha, per un uso solidale e condiviso della casa, dell’auto, del denaro…

Poi, al v. 26, Gesù sembra dirci che tutto ciò è impossibile agli uomini, ma è possibile solo a Dio… un messaggio che giustifica lo “sbigottimento” dei discepoli : “chi, dunque, si può salvare?”.

In realtà a me sembra che non ci dobbiamo aspettare alcun intervento soprannaturale, che faccia il paio con quel “coloro a cui è dato” del v 11. Ci vedo piuttosto un’applicazione pratica del “pensare secondo Dio” e non “secondo gli uomini” (Mt 16,23): questi cambiamenti di vita sono possibili a chi va oltre la cultura mondana del possesso e comincia a mettere l’amore, cioè Dio, al centro della propria vita, cercando di farne il proprio paradigma quotidiano. Ciò è possibile e conveniente a ogni uomo e a ogni donna.

E Pietro, come un diligente delegato di gruppo omogeneo, apre il capitolo della “ricompensa”: qual’è la motivazione che ci spinge al cambiamento che ci chiede Gesù? C’è chi lo fa per una vita ultraterrena di beatitudine… e c’è chi lo fa per praticare la giustizia nelle relazioni: qui sta la convenienza. Si vive decisamente meglio: questa è la ricompensa motivante. Basta leggere Senza Dio di Giulio Giorello per capire cosa intendo con la parola “giustizia” usata nel contesto delle relazioni: “Quella che noi cerchiamo è una solidarietà fra individui, ciascuno indipendente nelle proprie scelte” (p 196).

Infine, il v 30 ci annuncia un grande PERO’… Però, molti che si credono primi saranno ultimi, e viceversa. Proprio gli atei impegnati per la giustizia mi sembrano, alla luce di queste riflessioni, come coloro che nella Palestina farisaica erano considerati, spregiativamente, pagani – e prostitute, pubblicani, stranieri…. Gesù e Matteo ci dicono: quello che conta è camminare sulla strada che porta al regno dell’amore, della ricompensa motivante, indipendentemente dalla religione che si pratica.

Sono le “solite cose” che dice Gesù. Che bisognerà predicare e praticare con più coerenza.

Riflessioni del gruppo

a)      La potenza dell’uomo sulla donna è messa in discussione dall’impotenza degli eunuchi, che non sono più veri uomini, nel senso comune tradizionale del termine. Gesù sembra invitare gli uomini a non essere più “potenti” nei confronti delle donne, ma alla pari, rinunciando consapevolmente a quella potenza. L’eunuco, allora, in questo discorso rappresenta non chi è “meno uomo”, ma chi diventa “uomo diverso, uomo nuovo”, alla pari con ogni altro essere umano.

b)      Il ripudio della moglie: evidentemente era proprio un comportamento maschile usuale, una forma della potenza degli uomini nei confronti delle donne. Ad essa Matteo e Gesù contrappongono l’impotenza di chi sceglie di cambiare. Oggi separazione e divorzio non sono più classificabili come “ripudio”, perché si tratta di pratiche consensuali. Troppi uomini non sanno però rinunciare a quella potenza e uccidono, come forma definitiva di ripudio…

c)      Anche il v 30 ci invita a non sentirci migliori di altri: non i furbi saranno primi, ma gli ultimi. Non ci resta che scendere dai piedestalli della superiore civiltà cristiana, capitalista e imperialista, e imparare a vivere da ultimi, così non ci saranno né ultimi né primi, né secondi né terzi… Purtroppo siamo riusciti a rovinare anche il ruolo sociale dei bambini: ci sono bambini che non sono più ultimi, che sanno di appartenere alla classe dei ricchi e dei privilegiati; anche se, in realtà, sono sempre strumenti in mano al consumismo e alla voglia di ricchezza degli adulti.

d)     Purtroppo nelle chiese si predica più la continenza sessuale che non la storia del cammello che passa per la cruna dell’ago più facilmente di quanto un ricco possa entrare a far parte del Regno di Dio. Questo cammello ci dice quanto sia incompatibile la ricchezza con il messaggio di Gesù… e continua a farci difetto la coerenza e, quindi, la denuncia dell’incoerenza dell’ingiustizia economica, che genera ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri e sempre più numerosi.

e)      La gloria (vv 28-29) è la memoria, che dura nei secoli, di chi ha vissuto con giustizia e amore, è prenderli/e ad esempio nel tempo… La gloria sta nel veder realizzata la giustizia, grazie all’impegno di tanti e tante. Per questo qualunque scelta deve essere vissuta con responsabilità, non con leggerezza e superficialità.

f)       “Non conviene…” (v 10), “Cosa devo fare per avere…?” (v 16), “Che cosa otterremo…?” (v 27): è umanamente legittimo il desiderio di gratificazione. Anche se la gratificazione comporta dei rischi: ad esempio, quando per troppo tempo si fanno pratiche in sé positive, si rischia di ammalarsene, di sentirsi non solo bravi, ma indispensabili, unici…

Beppe Pavan

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