Celebrazioni eucaristiche

Momento centrale della vita della nostra comunità cristiana di base è stata, fin dagli inizi, la celebrazione dell’ eucarestia che avviene ogni domenica alle ore 10 (nei mesi di giugno, luglio e agosto il venerdì alle ore 21).

Tale celebrazione è aperta a chiunque voglia partecipare.

Celebriamo anche l’ eucarestia nelle “veglie” di Natale e Pasqua. La domenica antecedente la sera della “veglia” facciamo anche insieme la “celebrazione del perdono”.

Nella nostra comunità cristiana di base questa celebrazione, nel rispetto di eventuali scelte diverse di ogni fratello e sorella, fin dagli inizi ha infatti soppiantato la cosiddetta confessione auricolare personale, tipica del secondo millennio nella chiesa cattolica. Ciò è avvenuto con precise motivazioni, anche per sottolineare che nessuna persona può sostituirsi a Dio nel perdonarci e che davanti a Dio siamo tutti e tutte ugualmente bisognosi/e del Suo perdono.

Celebrare il perdono di Dio significa anche diventare consapevoli del fatto, che, con il Suo aiuto possiamo perdonare a noi stessi/e perché Dio è più grande del nostro cuore e possiamo perdonarci reciprocamente. Senza perdono la vita diventa un inferno, le relazioni diventano guerre personali e il mondo un campo di battaglia. Dio ci perdona non perché noi lo “meritiamo”, non perché noi ci siamo pentiti/e dei nostri peccati, ma perché è un Dio di amore e di bontà che ci rende possibile pentirci e cambiare vita.

Quando fratelli e sorelle celebrano il loro matrimonio o l’inizio di una convivenza, tali celebrazione normalmente vengono collocate in una eucarestia comunitaria.

Ogni settimana, il gruppo biblico della comunità (oppure una persona singola in talune ricorrenze) sceglie i testi biblici su cui svolgere la predicazione, prepara la predicazione stessa (a due o tre o quattro voci) e “costruisce ” tutta la celebrazione liturgica. La “presidenza” della celebrazione eucaristica è affidata un fratello o ad una sorella facente parte del gruppo incaricato della preparazione dell’eucarestia.

Dopo la predicazione si lascia spazio ai liberi interventi dei fratelli e delle sorelle sui brani biblici meditati insieme. Si tratta di un momento per noi molto importante in cui ci poniamo in reciproco ascolto e condivisione.

Dopo la “memoria della cena”, letta a più voci, avviene il momento della “preghiera di condivisione”, fatta da chi presiede la celebrazione, che precede lo “spezzare del pane” che viene poi condiviso. Segue poi il momento delle “preghiere spontanee”. La celebrazione termina con una benedizione  e un augurio per la settimana. Il tutto intervallato da canti eseguiti tutti/e insieme.

Anno dopo anni, gruppi e singoli/e, hanno compiuto questo servizio alla comunità ed hanno scritto queste preghiere eucaristiche che sono così numerose da non poter essere raccolte in volume. Dopo i libri ” Fate festa ” (1977) e “Preghiere eucaristiche” (1988), molte delle nostre “composizioni” sono comparse sulla rivista Viottoli, ma molte altre sono rimasti sotto forma di ciclostilati, sempre piuttosto accurati, ma anche esposti al rischio di andare perduti. Ecco come sono nati i “canoni”, cioè le oltre 200 preghiere eucaristiche che abbiamo composto in questi anni di cammino comunitario.

Nel mese di maggio 2006 è uscito il nuovo libro che raccoglie tutte le preghiere eucaristiche composte fino a quella data.

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Comunità cristiana di base di Pinerolo, PREGHIERE EUCARISTICHE VOL. 2°, Viottoli 2006, pag. 168

INTRODUZIONE

L’eucarestia è lo specchio di come vive la comunità: uno spazio aperto, dove si può incontrare gioia, dolore, accoglienza, condivisione, possibilità/rischio di mettersi in discussione, confronto…, nella piena convivialità di tutte le differenze. Dove non ci si deve esentare dal fare i conti con i nostri limiti, ma dove riconoscere e ricordare i molti doni che Dio ci ha fatto e ci fa, la gioia e la consapevolezza di aver bisogno d’essere insieme, non per intraprendere vittoriose crociate, ma per la bellezza della compagnia, per la gioia che dà il camminare tra fratelli e sorelle, cercando di muovere i nostri timidi passi sulla strada tracciata da Gesù.

La bellezza e la gioia del ritrovarsi nella celebrazione di Dio e nel ricordo della vita e delle scelte di Gesù non è solo una manifestazione liturgica, pure se molto partecipata, fine a se stessa. E’ uno dei momenti, forse il più importante e significativo, nei quali la nostra comunità di base ha, tra le altre cose, l’opportunità di fare il punto sul suo cammino.

Cammino di vita

Riflettere sul ruolo delle celebrazioni eucaristiche nel cammino della comunità cristiana di base di Pinerolo significa ripercorrerne la storia: tutta la vita della comunità è cadenzata dagli incontri domenicali e dalle letture bibliche nei gruppi settimanali.

Essendo la domenica (purtroppo non per tutti e tutte) il giorno nel quale è più facile ritagliarsi un lasso di tempo relativamente ampio dagli impegni di lavoro, l’eucarestia diventa l’opportunità più ghiotta e realizzabile non solo per alimentarsi della Parola, ma, finita la celebrazione, confrontarsi, progettare, chiarire malintesi, talvolta pranzare insieme, ritagliare momenti per lo svago ed il divertimento. In altre parole, un momento creativo e corroborante.

Questo cammino ha significato, negli anni, riappropriarci di un gesto vissuto per troppo tempo, specialmente dai più anziani, come un compito appartenente alla casta sacerdotale; ha significato ripensare a questo gesto partendo dai testi evangelici e dall’esperienza delle prime comunità. L’eucarestia ha significato una proposta di incontro con una celebrazione, attraverso il cammino interiore proprio di ciascuno e ciascuna, indispensabile a quell’adesione alla Parola di Dio che, pur tra mille infedeltà e dimenticanze, è diventata parte determinante della nostra vita.

La comunità ha iniziato a fare memoria viva e palpitante del gesto di Gesù, della sua vita e delle sue scelte, del suo essere icona, simbolo di Dio: memoria, cioé presenza viva di Dio nella vita di chi cerca di seguire la Sua parola e si ritrova nel Suo nome, con tutti i limiti che, come creature, abbiamo. Abbiamo usato e usiamo la parola memoria come riproposta di un evento che può ripetersi anche oggi, come gesto vivo e vivificante e non come un semplice ricordo di un fatto importante, ma ormai avvenuto nel passato. Questo può essere visto come cambiamento nel rapporto con l’eucarestia.

Anche l’espressione simbolica “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue” ha un rimando molto concreto alla nostra vita. Se noi facciamo nostro lo stile di vita di Gesù, se lo facciamo penetrare nella nostra esistenza quotidiana, noi comunichiamo con Gesù stesso in profondità, come se ci nutrissimo di lui. Questo linguaggio ci invita a prendere sul serio le due caratteristiche che hanno contraddistinto il comportamento del maestro di Nazareth: la fiducia in Dio e la prassi di condivisione.

Specchio delle differenze

La pluralità di voci nel proclamare la Parola, nell’elaborare preghiere, canoni e canti nuovi, nel corso degli anni ha contribuito a rendere le nostre eucarestie meno tradizionali e canoniche e, insieme, fresche, partecipate e snelle, pur se non sempre brevi. Non sono mancati i periodi nei quali è stato necessario che alcuni/e “tirassero di più la carretta” e certo non ne mancheranno in futuro. Va però detto che mai si è avuta la sensazione di fare qualcosa di forzato e di men che gioioso, nonostante l’impegno profuso.

Abbiamo sempre cercato, nelle nostre eucarestie, di vivere, accanto alla lode e alla gioia, alla benedizione e alla festa, anche la sofferenza e il dolore, con la consapevolezza che non sono l’ultima parola: che la fede in Dio, la condivisione della Sua Parola e la vicinanza delle persone amiche e care possono, nel tempo, sanare ferite anche molto profonde.

Una caratteristica delle nostre celebrazioni eucaristiche è il loro dinamismo, dovuto al fatto di essere preparate a turno dai gruppi biblici settimanali. In questa partecipazione attiva e corale emergono sempre più i cammini personali: ciascuno e ciascuna si gioca fino in fondo e questo, forse, diventa il luogo in cui siamo più noi stesse e noi stessi, esprimendoci con linguaggi e immaginari più fedeli ai nostri personali percorsi. La celebrazione, con il confronto, la preghiera e la condivisione, non si conclude fra le mura del luogo di preghiera, ma esce con noi, aiutandoci a cambiare il nostro modo di stare al mondo, le nostre relazioni e incidendo profondamente nelle nostre scelte quotidiane.

Cè un doppio movimento: la celebrazione cambia nella misura in cui noi cresciamo fuori, nella vita di tutti i giorni, ma anche la nostra vita cambia a partire proprio dall’incontro con le persone della comunità e con le loro riflessioni e dal nostro cercare di vivere in relazione costante con la Sorgente della vita e dell’amore. E questo cambiamento può avvenire solo a partire da sé: non possiamo cambiare gli altri, ma soltanto noi stessi e noi stesse, ricercando relazioni sempre più basate sull’accoglienza, il rispetto e la reciprocità, superando ogni gerarchia. Le differenze possono diventare ricchezza solo se non creano superiorità/inferiorità tra le persone, ma se valorizzano ogni persona per quello che è, pensa, dice, fa…

In questa ottica si capisce l’importanza che attribuiamo a questo momento comunitario, anche con  la cura che poniamo nella sua preparazione: ad esempio il pane viene spesso fatto in casa, c’è chi porta dei fiori, chi una candela, chi pensa a un gesto simbolico, chi propone un canto nuovo, ecc… Ogni persona può portare un contributo, un pensiero, un gesto, una preghiera: questo viene accolto con gioia e rispetto da tutta la comunità. Cerchiamo dunque di non celebrare un rito imbrigliato in gesti e modi liturgici lontani nel tempo, che creano una barriera tra celebranti e partecipanti: allo stesso tempo tuttavia non deve essere “improvvisato”, deve essere vicino al nostro vissuto, alle nostre gioie, alle speranze, alle sofferenze e alle angosce che ci accompagnano.

Proporre senza imporre, accogliere senza imbrigliare. E’ così bello rispettare i percorsi altri dal nostro quando, pur attraverso strade e ricerche diverse, guardano verso lo stesso orizzonte! Anche per questo tutti i momenti che riguardano la vita e le celebrazioni comunitarie, eucarestia compresa, sono assolutamente aperti. Chiunque è benvenuto/a, da qualunque interesse sia animato/a. Non di rado succede di ricevere gemme preziose ed arricchimenti, per tutta la comunità, proprio da quelle persone alle quali la vita sembrava riservare solo fallimenti e difficoltà.

La condivisione è una parola che spesso usiamo senza andare a fondo del suo significato. Nella celebrazione liturgica, nella memoria di Gesù che ha veramente condiviso tutto se stesso, questa parola rappresenta una proposta che può e deve sovvertire, cambiare tutta la nostra vita. La conversione non si può dire mai conclusa e in ogni momento siamo invitati a rivedere i nostri comportamenti, le nostre scelte. Condividere vuol anche significare accogliere e accoglierci.

L’accoglienza è un gesto che tutti/e sentiamo necessario; vogliamo essere accolti e accolte come siamo, nella nostra umanità e con i nostri limiti. E’ quanto si cerca di fare. Accoglienza e condivisione: è lo spirito delle comunità primitive, che Paolo nella prima Lettera ai Corinzi descrive. Superare il pregiudizio di  sentirci gli eletti o i primi della classe, anche perché siamo tutti e tutte uguali agli occhi di Dio. Sentirsi a casa propria, perché la casa di Dio è di tutti/e  e tutti/e siamo amati/e pienamente…

La preghiera spontanea rappresenta l’unione con il mondo e le preghiere, suggerite dalle diverse sensibilità individuali, evidenziano di volta in volta temi come la pace, la giustizia, la libertà, la difesa dei diritti e fanno memoria di persone a cui ci lega l’amicizia, l’amore, la compassione…

Nelle celebrazioni tentiamo di far entrare la vita laica, quotidiana, di tutta la nostra settimana, per rituffarci nell’amore di Dio, nell’abbraccio caldo delle sorelle e dei fratelli e fare memoria viva di Gesù di Nazareth.

Questo mettere l’uno accanto all’altra una riflessione, un’esperienza, un progetto, una preghiera, un sorriso e una lacrima costituisce per noi “la cena del Signore”, in cui Dio ci nutre alla scuola del nazareno, che torna a sedersi accanto a noi per dirci  le parole della vita, della fiducia e dell’amore. E allora la Parola diventa nutriente e la compagnia calda e necessaria per proseguire il cammino, stimoli per la nostra conversione personale e comunitaria, per il superamento dell’egoismo, per capire più profondamente il messaggio delle Scritture.

Questo secondo volume…

Le preghiere eucaristiche che seguono sono nate nella nostra comunità cristiana di base negli ultimi 18 anni. Questa raccolta fa seguito al primo volume, pubblicato nel 1988; la sua caratteristica principale è quella di essere composta da canoni realizzati dai quattro gruppi di lettura biblica settimanali in occasione di feste, celebrazioni di Natale, Pasqua, matrimoni, convivenze… o domeniche qualunque. E’ una raccolta molto parziale; non si tratta di preghiere “belle” o “esemplari”. Sono semplicemente i canoni che abbiamo composto e usato in comunità.

A turno, ogni settimana, uno dei gruppi biblici della comunità (oppure una persona singola, in talune ricorrenze) sceglie i testi biblici su cui svolgere la predicazione, prepara la predicazione stessa (a due, tre, quattro voci…) e costruisce tutta la celebrazione liturgica. Dopo la predicazione si lascia uno spazio consistente ai liberi interventi dei fratelli e delle sorelle. Si tratta di un momento per noi molto importante, in cui ci poniamo in ascolto reciproco davanti a Dio.

Dopo oltre trent’anni di percorso si è venuta ulteriormente accentuando, nelle nostre eucaristie, la berakah, cioè la dimensione della benedizione-lode-ringraziamento a Dio. Vorremmo che essa invadesse anche i giorni feriali. Uno dei connotati più vistosi di queste nostre preghiere è dunque la nostra benedizione al Signore: benedire Dio si intreccia profondamente con il  nostro liberarci e liberare… è qualcosa che ci  fiorisce dentro continuamente, adagio adagio, nonostante tutte le miserie, le violenze, le mediocrità, le assurdità con cui facciamo i conti molto concretamente ogni giorno, dentro e fuori di noi. Quanto più si diventa laici nel nostro agire tanto più avvertiamo l’esigenza di alimentare le sorgenti della preghiera. Proprio quando ci si congeda dallo spiritualismo diventa più importante e urgente costruirsi una spiritualità, darsi uno spessore spirituale.

Le nostre eucarestie ci  legano molto alla vita quotidiana. L’emozione non è fatta per fuggire dalla terra, ma per abitarla con maggiore consapevolezza e per accogliere i nostri giorni con la  felicità di cui sono portatori e con le difficoltà che stanno dentro il tessuto della vita politica, sociale, personale. Come la donna di Samaria, veniamo ad attingere acqua al pozzo per poi averne per noi, per gli altri e le altre nei giorni altalenanti delle nostre settimane.

Ma cè qualcos’altro ancora: perché non portare anche noi, attorno alla mensa di Gesù, qualche profumo prezioso, che invada e contagi positivamente la vita dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, come condivisione delle gioie e delle speranze che, come  nardo preziosissimo, Dio depone nei nostri cuori? La condivisione, sotto gli occhi appassionati di Dio, non finisce mai. Vogliamo lasciare a Dio la libertà di lavorare nei nostri cuori?

“Tu che leggi queste nostre semplici preghiere sappi che per noi esse hanno rappresentato molto nel nostro cammino. Pensiamo, oggi più di ieri, che, senza attingere alla sorgente delle Scritture e senza “benedire” coralmente quel Dio  di cui  esse ci danno  testimonianza,  la nostra vita non avrebbe né senso né speranza. È per noi “fonte di vita” questo spezzare insieme il pane e la Parola in memoria di Gesù. È proprio questa memoria di Gesù che vogliamo tener viva e rendere operante nella nostra vita quotidiana. Queste “celebrazioni” non sono dei modelli, ma semplicemente dei “modi” (tra i mille e mille possibili) con cui dei discepoli e delle discepole di Gesù esprimono la loro fede”.