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2010-2020: lo sforzo del dialogo nella Chiesa cattolica

Un 2010 ricco di eventi per i cristiani LGBT

Sono appena tornato da Barcellona e ancora mi risuonano le parole di Gesù “Rallegratevi ed esultate!” che sono state scelte come tema della conferenza annuale dei gruppi europei di cristiani LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali). E’ la seconda volta che partecipo a questo incontro come delegato italiano per conto del gruppo dei volontari e delle volontarie del progetto Gionata. L’anno scorso ad Helsinki avevamo invocato “il coraggio di seguire la legge dell’amore”. In entrambe le occasioni, come cristiani provenienti da tradizioni diverse e da paesi diversi abbiamo vissuto momenti di grande gioia e condivisione. L’ecumenismo vero è cosa rara, e i cristiani LGBT europei danno la loro testimonianza di dialogo ormai da quasi trent’anni.

Il 2010 è stato un anno davvero positivo per l’uguaglianza e per i diritti umani in Europa. Il Portogallo e l’Islanda hanno rimosso la discriminazione basata sull’orientamento sessuale nell’accesso al matrimonio civile e si sono aggiunti alla lista dei paesi che già riconoscono la piena uguaglianza alle coppie dello stesso sesso e alle loro famiglie. L’Irlanda si è aggiunta all’elenco di paesi che riconoscono le unioni civili diverse dal matrimonio. Cosa non meno importante, il Consiglio d’Europa ha approvato la Risoluzione sulla discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

In Italia, il progresso dei diritti umani appare più ostico e sulla strada per l’uguaglianza si proiettano luci e ombre. La Corte costituzionale ha respinto i ricorsi per abolire la lamentata discriminazione matrimoniale contenuta nel Codice Civile. In sostanza, la Corte ha adottato una linea interpretativa secondo cui la definizione di matrimonio civile viene definita dal Parlamento e non da principi naturali o metafisici. La Corte ha dato quindi torto a tutti: sia ai ricorrenti, sia al Vaticano. La sentenza lascia dunque aperta ogni possibilità per il futuro, ma è pur vero che non s’intravede un’agenda parlamentare sul matrimonio omosessuale o sulle unioni civili diverse dal matrimonio.

I ricorsi però hanno ottenuto vari risultati. Hanno sollecitato il dibattito sulla tutela dei diritti delle coppie omosessuali. Hanno indotto una riflessione nelle Chiese che ha portato alla storica dichiarazione della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane che si sono schierate a favore del matrimonio civile fra persone dello stesso sesso. Sull’onda dei ricorsi è stato lanciato l’Appello Cristiani per l’Uguaglianza pubblicato sul periodico online Il Dialogo al quale hanno aderito anche numerosi cattolici. Sul fronte delle cerimonie religiose, la Chiesa luterana italiana ha istituito una commissione per la benedizione delle coppie omosessuali.

Il 2010 è stato un anno importante per gli omosessuali cristiani italiani anche per altri motivi. Dopo anni di vuoto, i gruppi di cristiani omosessuali si sono riuniti in un Forum nazionale ad Albano Laziale (26-28 marzo 2010). La partecipazione di circa 100 delegati da 25 gruppi è stata davvero straordinaria e ha testimoniato la vitalità del cristianesimo LGBT italiano. Durante l’incontro è stato presentato il Rapporto a cui ho lavorato con gli amici di Gionata e che ha reso noti i dati relativi ai gruppi italiani e agli oltre 700 aderenti. Nel mese di maggio si sono poi tenute le Veglie di Preghiera per le Vittime dell’Omofobia in molte città d’Italia per il quarto anno consecutivo. Fra l’altro, a Barcellona è stato istituito un gruppo di lavoro per coordinare le Veglie a livello internazionale e gli italiani, almeno all’inizio, avranno un ruolo guida. A giugno, infine, c’è stata la partecipazione dei cristiani omosessuali italiani al Pride nazionale di Napoli. Una presenza importante, che non è passata inosservata vista la presenza di tanti cattolici “alla luce del sole”.

Dove vogliono andare i cattolici LGBT?

L’approccio comparato ai progressi sulla strada dell’uguaglianza nella società e nelle Chiese è certamente utile. Serve ad avere una visione d’insieme che collega religione e secolarismo. Serve inoltre alla causa dell’ecumenismo. Quello che da cattolico mi chiedo, però, è se l’ecumenismo sia la strada da percorrere oppure se sia disfunzionale all’obiettivo della riforma della Chiesa cattolica. Se per ecumenismo s’intendesse superare le Chiese per uno spazio di libertà cristiana senza punti di riferimento, non sarei d’accordo. Certo, una Chiesa cattolica avvizzita, mummificata, goffamente arroccata su incomprensibili pregiudizi non fa altro che rendersi sempre più impresentabile agli occhi del mondo. Certo, una Chiesa cattolica in fondo sempre meno cristiana e sempre meno umana non serve più a niente e a nessuno. Ma, francamente, non mi sento di dire: “non me importa niente!”. Me ne importa eccome! E’ la mia Chiesa! E se anche un giorno il Signore mi chiamasse a servirlo come valdese, come luterano o come veterocattolico non vorrei smettere di amarla!

Comunque sia, i cattolici LGBT non sembrano procedere con una meta precisa. La riforma per una Chiesa cattolica più cristiana è una sorta di futuro mitico, un ideale forse troppo utopico per essere preso sul serio. Sarebbe forse più utile rimanere coi piedi per terra e chiedersi dove si vuole ragionevolmente andare, quali priorità credibilmente fattibili occorre fissare per i prossimi dieci anni, almeno in Italia. A mio modesto parere, tre dovrebbero essere le priorità per il prossimo futuro: 1) stabilizzare e rafforzare il network dei gruppi cristiani LGBT; 2) mantenere una concreta partecipazione al forum europeo e nei principali network LGBT internazionali; 3) avviare un dialogo ufficiale nella Chiesa cattolica a vari livelli (parrocchiale, diocesano, con le aggregazioni laicali e con la conferenza episcopale).

Delle tre priorità, il dialogo nella Chiesa dovrebbe assorbire i maggiori sforzi quotidiani. Non a caso è stato scelto come futura linea d’azione dai delegati al Forum nazionale di Albano Laziale. E’ un processo lungo, incerto, che richiede spirito di sopportazione, tolleranza reciproca, umiltà, capacità di mettersi in discussione. Il dialogo a livello parrocchiale e diocesano è stato ampiamente sperimentato. Ma occorre fare di più, capillarmente sul territorio. Solo la conoscenza diretta delle persone, delle coppie, delle storie, delle famiglie può guarire i pregiudizi e l’ignoranza che causano l’omofobia nei vari livelli della Chiesa. Il dialogo deve includere anche le altre aggregazioni laicali per testimoniare ai fratelli e alle sorelle le particolari specificità dei doni e dei carismi della comunità LGBT all’interno della Chiesa. Infine, il dialogo deve includere l’episcopato affinchè possa essere messo nella condizione di assumere decisioni pienamente informate e non viziate da pregiudizi e affinchè possa essere incoraggiato verso atteggiamenti pastorali davvero rispettosi dell’amore omosessuale.

Attraverso il dialogo paziente, la società e le Chiese, inclusa la Chiesa cattolica, potranno forse comprendere qualcosa di più del mistero dell’amore e dare alle coppie dello stesso quel giusto riconoscimento civile e religioso che meritano. La società e le Chiese non nascono “imparate”. I prossimi dieci anni dovranno servire a farci conoscere di più, a essere più presenti nella testimonianza a cui da cristiani e da cattolici LGBT siamo chiamati individualmente, come coppie e come famiglie. Dovremo fare la nostra parte senza accontentarci di bassi compromessi, ma sempre ricordandoci che, per quanto la situazione possa essere difficile, niente e nessuno ci separerà mai dall’amore di Dio.
Fabio Regis

Autore del libro "L’amore forte, un contributo sulla coppia cristiana dello stesso sesso", e delegato del Progetto Gionata (www.gionata.org) al Forum Europeo dei gruppi cristiani LGBT