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Accogliere i gay vuol dire separare la fede dall'odio
 
Sono attraversato da contrastanti emozioni, stamani, dandovi il benvenuto a questa conferenza. Prima di tutto, sono onorato che la "International Gay and Lesbian Human Rights Commission", un gruppo che con così rilevante impegno si batte per i diritti umani, mi abbia invitato a rivolgermi ad un altro davvero imponente gruppo: quello di voi tutti convenuti a Roma per celebrare il "World Pride".
 
Se posso dare una nota personale, sento un grande senso della storia a parlare in Italia, dato che questo paese è la mia eredita: i miei nonni, infatti, sono nati qui. E, ancora, sento un grande senso di umiltà nel parlare a Roma, perché questa città è l'ambito dei miei studi, la retorica. Roma infatti è stata la patria di alcuni dei più importanti retori del mondo antico: Crasso, Quintiliano e soprattutto Cicerone, che fu anche nella storia uno dei più importanti difensori dei diritti umani e delle libertà.
 
Ma una parte ancora più importante del mio patrimonio personale viene da Roma, dato che la Chiesa cattolica ha qui le sue massime istituzioni. Io sono infatti un cattolico, un figlio della Chiesa, formato dalla sua fede e ravvivato dalla sua tradizione. La mia mente è stata intrisa della sua eredità spirituale, e la mia immaginazione della sua arte, della sua musica, dei suoi riti e delle sue pratiche. Insomma, la Chiesa è la mia vera casa.
 
Sono orgoglioso della mia Chiesa perché il cattolicesimo ha una ricca e forte tradizione di proclamazione della giustizia ed ha, o ha avuto, molte e forti voci sostenitrici dei diritti umani: l'arcivescovo Oscar Romero di San Salvador, Dorothy Day di New York, Helder Camara di Recife (Brasile), madre Catherine Drexel di Philadelphia, madre Teresa di Calcutta, papa Giovanni XXIII, le madri dei "desaparecidos" in America Latina, il vescovo Jacques Gaillot, già titolare di Evreux (Francia).
 
La Chiesa cattolica negli ultimi 40 anni ha imparato che il posto giusto per essa è con i poveri, gli indifesi, gli oppressi. Questa Chiesa si è ricordata di usare il suo potere e la sua autorità a servizio della giustizia. Questa Chiesa ha imparato che ha più presa come maestra quando i suoi leader non si limitano a proclamare i suoi insegnamenti, ma cercano anche di attuarli essi stessi.
 
Tuttavia, malgrado questa forte tradizione di giustizia e di diritti umani, alcuni suoi leader annunciano proclami ciechi quando si profila all'orizzonte la questione dell'orientamento sessuale; e per questo oggi provo anche un senso di vergogna. Gli eventi dell'ultimo anno, infatti, e le ultime ventiquattro ore, mi hanno insegnato molto a proposito di questi proclami ciechi, anche sulla nostra conferenza di oggi: la necessità di separare l'odio dalla fede. Vorrei raccontarvi ciò che è accaduto, e ciò che ho imparato.
 
L'organizzazione per la quale lavoro, "New Ways Ministry", è stata fondata da suor Jeannine Gramick, delle Suore scolastiche di Notre Dame (Ssnd), e da p. Robert Nugent, dei salvatoriani (Sds), due pionieri del ministero per i gay e le lesbiche. Per circa trent'anni essi si sono impegnati per annunciare la buona novella del Vangelo della giustizia e della liberazione e portare nuova vita a quelle persone che avevano la sensazione che la Chiesa le avesse escluse. Essi hanno presentato un volto compassionevole del cattolicesimo ed hanno aiutato molti leader ecclesiastici ad imparare da gruppi minoritari incompresi e visti con stereotipi.
 
Essi hanno insegnato a molti come portare in alto i grandi ideali della Chiesa cattolica sulla giustizia sociale e sulla dignità di ogni persona, dato che tutti e tutte sono figli e figlie di Dio, e dato che coloro che in qualsiasi modo sono oppressi sono cari a Dio più di ogni altro.
 
Se questo messaggio fosse riferito a qualsiasi altro gruppo, se si fosse parlato delle minoranza razziali, dei rifugiati etnici, delle persone economicamente impoverite, dei carcerati, la gerarchla cattolica avrebbe subito sostenuto gli sforzi di Gramick e di Nugent. Ma poiché il loro messaggio era diretto agli omosessuali, invece di appoggio essi hanno ricevuto rimproveri.
 
Infatti nel 1988 il Vaticano iniziò un'indagine, sul loro pubblico ministero, che durò ben undici anni, quando infine la Santa Sede notificò al sacerdote ed alla suora che essi non avrebbero più potuto portare ancora avanti il loro lavoro pastorale con gay e lesbiche. La storia dell'indagine vaticana sul loro ministero e di come il Vaticano ha violato i suoi stessi proclami sui diritti umani è una storia degna di Franz Kafka.
 
Per esempio, suor Gramick e padre Nugent hanno chiesto ai loro indagatori chi fossero i loro accusatori, ma nessuno lo ha mai detto loro. Il loro avvocato ecclesiastico ha chiesto lettere scritte alla Commissione di indagine, ma non gli è mai stato permesso di vederle, ostacolando così il suo lavoro di difesa. Infine il loro avvocato ecclesiastico ha visto una lettera scritta agli investigatori da un arcivescovo altolocato: e questa lettera chiedeva che suor Jeannine fosse rimossa dal suo ministero con i gay.
 
E benché la Chiesa difenda il diritto ad una giustizia rapida, l'indagine vaticana ha impiegato undici anni prima di concludersi, e durante questo tempo una nuvola di sospetti si è addensata su Gramick e Nugent, che da molti leader ecclesiastici sono stati trattati come se fosse stata ormai provata e giudicata la loro colpevolezza.
 
Ma la più grave violazione doveva ancora arrivare. Quando gli investigatori non hanno trovato prove contro suor Gramick e padre Nugent nei loro pubblici interventi, il Vaticano ha invaso le loro coscienze, chiedendo ai due di rivelare la loro personale credenza nell'insegnamento della Chiesa.
 
La libertà di coscienza è un diritto umano fondamentale, cosi come un diritto ecclesiale. La Chiesa cattolica insegna che la coscienza è "il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, e la Sua voce echeggia nei suoi passi" (cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 16). Secondo l'insegnamento cattolico, la coscienza non dovrebbe subire coercizioni da pressioni esterne.
 
Padre Nugent ha scelto di rivelare la sua coscienza, dicendo che egli assentiva all'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità, rilevando tuttavia che vi era un'area dell'insegnamento della Chiesa aperto ad ulteriori sviluppi. Suor Gramtck, da parte sua, scelse di non rivelare la sua coscienza, ritenendo che non era opportuno che il Vaticano facesse intrusione in essa. Malgrado il fatto che Gramick e Nugent abbiano dato una risposta differente, ambedue hanno ricevuto la stessa punizione.
 
Nel luglio '99, allontanati dal loro ministero con gay e lesbiche, i due hanno cominciato a far notare le violazioni dei diritti umani compiute dal Vaticano nell'indagine su di loro durata undici anni. Poi, il mese scorso, essi sono stati totalmente ridotti al silenzio. Il Vaticano ha cercato di togliere loro non solo il ministero, ma perfino la voce.
 
Padre Nugent ha detto che obbedirà agli ordini ricevuti, mentre suor Gramick ha dichiarato di ritenere l'ordine del Vaticano una violazione dei suoi diritti umani. Ha detto suor Jeannine: "Ho scelto di non collaborare alla oppressione di un mio diritto umano fondamentale. Per me questo è un problema di coscienza". Ma una volta che essa di fatto avrà violato l'ordine di non parlare, sarà espulsa dalla sua congregazione religiosa.
 
Che cosa possiamo dunque imparare da questa storia sulla necessità della separazione della fede dall'odio? Prima di tutto, che i problemi riguardanti i gay e le lesbiche possono diventare esplosivi quando sono mescolati con le istituzioni religiose. Risultato: non solo sono oppressi gli omosessuali, ma è soggetta alla stessa oppressione qualsiasi persona che parli per proteggere i diritti umani di gay e lesbiche. Insomma, quale che sia il nostro orientamento, noi tutti portiamo il triangolo rosa. Separando l'odio dalla fede, noi dobbiamo accogliere il rischio della solidarietà con coloro che sono oppressi.
 
In secondo luogo, abbiamo imparato che il silenzio è una forma di violenza. Esso è voluto per incutere paura alla gente, ma è anche provocato dalla paura della gente. Quando gay e lesbiche odono quello che è accaduto a Gramick e Nugent, essi sentono come se il fatto fosse accaduto a loro personalmente. Uno mi ha detto: "Mi sento come se qualcuno mi avesse picchiato sulla testa o mi avesse dato un pugno nello stomaco".
 
Quando un leader è ridotto al silenzio, l'effetto è voluto non solo per quell'individuo, ma come una minaccia che riguarda anche molti altri. Se noi siamo persone che separano l'odio dalla fede, dobbiamo trovare il coraggio per superare queste paure. Dobbiamo ricordare che il silenzio è causato anche dalla paura. Una istituzione non riduce una persona al silenzio se non ha paura di quello che la persona ha da dire. Perciò noi domandiamo al Vaticano: di che cosa avete paura? Perché un dialogo razionale e ragionevole non può prendere il posto di un silenzio coatto? E davvero spiacevole che questo papato sarà ricordato per il ruolo avuto nel far cadere gli oppressivi regimi del silenzio in Europa orientale, mentre pratica contro i membri della sua stessa Chiesa molte delle stesse pratiche di questi regimi. Separando l'odio dalla fede, noi dobbiamo contare su un dialogo razionale e non su azioni oppressive.
 
Dal caso Gramick-Nugent ci vengono anche alcune buone notizie. Per esempio, abbiamo appreso che il fatto che i due siano stati ridotti al silenzio è un segno di progresso. Infatti, se una persona viene ridotta al silenzio e perche essa sta avendo seguito. Suor Gramick e padre Nugent sono stati efficaci nell'aiutare molte parrocchie e istituzioni cattoliche ad affermare i diritti dei gay e delle lesbiche. Dunque, è stato per il successo che essi hanno ottenuto che sono stati poi puniti.
 
Nel cattolicesimo - e penso che ciò sia vero anche per molte altre fedi - molte persone hanno dissolto la loro personale omofobia e stanno facendo progressi a livello strutturale. Pochi anni fa "New Ways Ministry" aveva approntato una lista di parrocchie statunitensi che accoglievano benevolmente le minoranze sessuali. La prima volta che la pubblicammo nel nostro bollettino, in tale lista c'erano circa venti parrocchie. L'ultima versione della lista raggiunge ormai il centinaio di parrocchie, e continua a crescere.
 
Quando abbiamo successo nel separare la fede dall'odio, noi corriamo il rischio di un contraccolpo. Le iniziative del Vaticano hanno spinto molti cattolici ad impegnarsi nel proteggere i diritti umani. Nel novembre scorso, abbiamo chiesto ai cattolici di dimostrare il loro sostegno a suor Gramick ed a padre Nugent, inviando una firma alla rivista National Catholic reporter. Abbiamo raccolto 4.500 firme per il nostro documento.
 
La decisione vaticana di farla finita con la discussione di fatto l'ha infiammata ancor di più, l'ha alimentata. L'inattesa quantità di risposte mostra infatti che aver ridotto al silenzio Gramick e Nugent non ha solamente toccato i cattolici implicati nei problemi dei gay e delle lesbiche, ma anche quanti sono interessati al più amplio problema di come la Chiesa si comporta con i suoi membri.
 
Separare l'odio dalla fede non protegge solo gay e lesbiche, ma anche le nostre tradizioni di fede dall'invasione di quanti vorrebbero infettarle con il linguaggio e le idee della repressione.
 
Nel mese scorso molti cattolici si sono radunati nelle strade per chiedere giustizia. Ci sono state veglie di preghiera a sostegno di suor Gramick e di p. Nugent, e dei diritti dei gay e delle lesbiche, a St. Louis, New York, San Francisco, Chicago, Colombo (Ohio), Boston, Mihvaukee e in molte altre città. Il mese scorso, in una veglia presso la Nunziatura apostolica di Washington, abbiamo cantato un inno che esprimeva la passione con cui la gente combatte per proteggere la tradizione dei diritti umani della Chiesa. Vorrei citare qui una parte di questo inno:
"Non rimarremo in silenzio, non permetteremo che la terra rimanga immota. Perché le montagne cadono come alberi e la maschera della cecità dal cielo. E se la nostra voce fosse spezzata, le stesse pietre griderebbero. La nostra vita non rimarrà in silenzio, e la terra non rimarrà immota".
 
Spero e prego che l'incontro di oggi ci aiuti tutti a trovare la voce per parlare con le nostre lingue e con le nostre vite. Spero e prego che sapremo usare coraggiosamente e pacificamente le nostre voci per parlare contro l'ingiustizia e contro le violazioni dei diritti umani, anche se queste si verificano nelle nostre stesse Chiese, luoghi che noi chiamiamo casa. Come fedele cattolico romano, vi porgo il benvenuto a Roma.

Francis De Bernardo

(statunitense, lavora al "New Ways Ministry", l'organismo fondato da suor Jeannine Gramicke da padre Robert Nugent)