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Bibbia e omosessualità - riflessioni

Che cosa dice la Bibbia dell’omosessualità?

La domanda: «che cosa dice la Bibbia dell’omosessualità?» è per molti aspetti fuorviante.

Primo, non prende in considerazione il fatto che il mondo antico non aveva una parola o un concetto che designassero l’omosessualità.

Secondo, non tiene conto del fatto che la Bibbia è in realtà una raccolta di scritti di autori, epoche e luoghi diversi. E quindi erroneo ritenere che «la Bibbia dica» una sola cosa a proposito di qualsiasi argomento si prenda in considerazione.

Terzo, chi pone questa domanda spesso non si rende conto che determinare che cosa dicano gli scritti biblici è solo una parte del suo compito. Indispensabile è anche chiedersi perché questi scritti dicono ciò che dicono, e questo esige un attento esame di ciascun testo collocandolo nel suo ambiente: letterario, culturale e teologico.

Infine, per chi consideri autorevoli gli scritti biblici (li consideri, cioè, «sacra Scrittura»), si pone un quarto problema critico: possono, questi antichi testi, determinare la nostra comprensione e fornirci un orientamento etico nel mondo contemporaneo? E se sì, come? Per affrontare seriamente questi argomenti è necessario prendere in esame, uno dopo l’altro, tutti i passi biblici più frequentemente citati quando si discute di omosessualità.

Il nostro obiettivo, in ciascun caso, sarà di comprendere qual era la funzione di quel dato passo nel suo contesto originario, «nelle sue molte dimensioni». In questo modo sarà possibile, in conclusione, giudicare come la Bibbia possa — e non possa — informare quanti vi ricorrono in cerca di direttive sull’omosessualità.

 

Gli uomini di Sodoma (Gn 19,1-25)

Quando si discute di Bibbia e omosessualità si sente spesso citare l'episodio di Sodoma, peccato che questo passo biblico voglia porre l'attenzione non sull'omosessualità ma sulla violenza degli uomini. Il racconto degli uomini di Sodoma è quello a cui la maggior parte della gente pensa quando si discute di Bibbia e omosessualità.

Questo, però, non è un racconto sul comportamento omosessuale in generale, né tantomeno su atti omosessuali compiuti tra adulti consenzienti. E un racconto sull’intenzione di fare violenza a degli stranieri a cui invece si doveva ospitalità e protezione. Il fatto che l’aggressione, se fosse riuscita, avrebbe comportato lo stupro dei due ospiti maschi di Lot da parte di una banda di altri maschi è solo un dato accessorio del racconto.

A quanto pare gli uomini di Sodoma avevano intenzione di trascorrere una «notte brava», e gli inermi ospiti di Lot erano parsi un obiettivo atto alla bisogna. Significativamente, nessuna delle allusioni all’episodio presenti nella Bibbia si focalizza sul carattere omosessuale del progettato stupro.

Per esempio, in Ezechiele 16 il peccato di Sodoma è descritto come un peccato di avidità e di indifferenza nei confronti di chi si trova nel bisogno: «Ecco, questa fu l’iniquità di Sodoma, tua sorella: lei e le sue figlie vivevano nell’orgoglio, nell’abbondanza del pane e nell’ozio indolente; ma non sostenevano la mano dell’afflitto e del povero» (16,49).

In Matteo 10,12-15 e nei passi paralleli di Luca 10,10-12, il peccato di Sodoma è identificato con la mancanza di ospitalità in senso lato, senza alcuna allusione a riferimenti sessuali, e in Matteo 11,23-24 l’allusione alla distruzione della città funge da monito di ciò che accade a chi disobbedisce al volere di Dio.

Neanche il commento a Giuda 7 sulla «fornicazione» di Sodoma ha come obiettivo polemico l’omosessualità. Il testo greco dice, letteralmente, che Sodoma e Gomorra «andarono dietro a carne diversa» (N.d.A La bibbia della CEI traduce: «Sodoma e Gomorra... sono andate dietro a vizi contro natura» commenta in nota: “vizi contro natura”, alla lettera “una carne diversa”: una carne che non era umana, perché il loro peccato era consistito nel voler abusare di “angeli”), un’allusione al fatto che gli ospiti di Lot, all’insaputa perfino dello stesso Lot, erano in realtà angeli in spoglie mortali.

Pertanto qui il peccato di Sodoma non risiede nel fatto che degli uomini facciano violenza ad altri uomini, ma nel fatto che dei mortali facciano violenza a degli immortali.

 

La proibizione dell’omosessualità nel Levitico (Lv 18,22 e 20,13)

Qual è il contesto culturale in cui devono essere inserite le norme contro i rapporti omosessuali che si trovano nella cosiddetta Legge di Santità di Levitico? Da dove nascono queste proibizioni? Scopriamolo insieme...

Due formulazioni di una norma contro i rapporti sessuali di un maschio con un altro maschio si trovano nella cosiddetta Legge di Santità di Levitico vv 17- 26. Questo codice, che assunse la forma in cui ci è pervenuto all’epoca dell’Esilio (VI secolo a.e.v.), è con tutta probabilità un insieme di più raccolte di leggi e norme originariamente distinte.

Le due versioni della proibizione dell’ «omosessualità» maschile si trovano in due diverse raccolte all’interno di questo codice, e ognuna ha una sua storia di trasmissione. Nel suo insieme il codice, così come ci è pervenuto, riflette la preoccupazione dell’antico Israele per la purità, che era intesa in modo decisamente oggettivo come la condizione in cui si è puliti e incontaminati, in contrapposizione a quella in cui si è sporchi e contaminati.

Essere «puri» significava essere un esemplare incontaminato di una certa specie, che non avesse promiscuità con altre specie (il che avrebbe comportato la contaminazione). In questo contesto, perciò, «corruzione» non significa corruzione morale, ma sporcizia in senso letterale, fisico.

E questa la ragione per cui la Legge di Santità proibisce per esempio di accoppiare «bestie di specie differenti», di seminare il proprio campo «con due specie di semi», di indossare una «veste tessuta di due diverse materie» (Lev. 19,19).

E questo il contesto culturale in cui le proibizioni di Levitico 18,22 e 20,13 vanno ricollocate per essere comprese correttamente. Esse condannano i rapporti sessuali tra due individui di sesso maschile perché in simili atti uno dei due partners deve - come dice letteralmente l’ebraico - «giacere la giacitura (o nella posizione) di una donna».

In questo modo, secondo la concezione ebraica antica, la virilità di quel partner restava compromessa: egli non era più un esemplare incontaminato della sua specie, ed essendo contaminato, tutto l’atto risultava impuro: e così anche l’altro partner.

E importante osservare che questa norma del Levitico non prende in considerazione in modo specifico il problema di che cosa sia «buono» o «giusto» o «amorevole». L’unica sua preoccupazione è la purità, intesa in un senso oggettivo e letterale. E anche per questo motivo che la proibizione è così assoluta e priva di ulterioriozioni.

L’identità dei due individui di sesso maschile non ha importanza, né conta la loro età, la natura della relazione che li lega, se ci sia stato reciproco consenso. L’unica cosa che ha importanza è che uno di loro verrebbe fisicamente contaminato dall’assunzione del ruolo femminile, e in tal modo contaminerebbe l’atto stesso e il suo partner.

Victor Paul Furnish
( da AA.VV., Bibbia e omosessualità, Claudiana editrice)