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Fecondi e feconde davanti a Dio, anche senza figli/e

Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode.
Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe
sono i figli della giovinezza.
Beato l’uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici (Salmo 127).

Bello e  grande è il messaggio che questo salmo trasmette a tutte quelle persone che amano i propri figli e che cercano  intensamente di essere dei buoni genitori e di trasmettere quei valori di amore, di amicizia e rispetto in cui profondamente si crede.

Anche nelle nostre vite, mia e della mia compagna, l’idea di avere un bambino da crescere è un pensiero presente e dolce e preghiamo di poter concretizzare presto il desiderio di essere mamma e mamma.

Ma questo stesso salmo letto in maniera diversa o superficiale può provocare anche grande dolore.

La natura ha dato alle donne il grande dono di essere madre, ha dato un grembo capace di accogliere e sviluppare una nuova vita. Fin da bambine siamo tutte state formate all’idea della maternità. La natura ha fatto sì che questo momento della vita di una donna fosse anche evidente con questa grande pancia che cresce e che giunge alla vista degli altri prima ancora che arrivi la persona in sé.

Nel momento stesso in cui  abbiamo introiettato l’idea della maternità arriva con essa l’idea della grande gioia e del grande peso che nella vita di una donna questo provoca.   Appena uno si sposa arriva subito la domanda: “A quando il primo figlio?” e tutta la vita viene vissuta incosciamente nell’idea di dover prima o poi assolvere a questo compito. Molte di  noi hanno dovuto raggiungere con fatica e con dolore la consapevolezza che non è la gravidanza che rende fecondi ma la propria vita e il proprio modo di relazionarsi agli altri. Il percorso è stato   difficile per tutte quelle donne che non hanno ricevuto il dono di una gravidanza e anche per quelle che hanno capito che la  maternità in sé non ti fa diventare un essere fecondo.

Molte si sono dovute reinventare e cogliersi non solo come ventre ma come persona capace di amare, crescere ed essere feconda al dì là della maternità biologica.

Spesso ci dimentichiamo di guardare l’altro e non ci poniamo interrogativi su che cosa significhi rivoluzionare la propria impalcatura psicologica e cogliersi e crescere come individui indipendenti dalla propria genitorialità.

Poi ci sono le donne che per volontà non vogliono avere figli, spesso arrabbiate per il loro dover difendere di continuo questa scelta.  Difendersi dalle loro stesse madri che non riescono a capire come si faccia a non desiderare un figlio nella vita.

Ed infine ci sono gli omossessuali, uomini e donne insieme in questo destino di ipocrisie, che non potendo, questa è l’accusa che ci viene rivolta, “naturalmente procreare” perdono il diritto anche ad essere coppia ed essere soggetti che amano, capaci di formare una famiglia e vivere in serenità la loro vita affettiva e psicologica.

Poco importa che da sempre gli omossessuali hanno avuto figli in  modi diversi e li hanno cresciuti e amati.

Sul filo di questi ragionamenti per tanto tempo troppe donne e troppi uomini si sono resi sterili negandosi, perché troppo grande era la loro diversità.

Io sono una lesbica ma anche una donna, una amica, una figlia, una madre, una compagna; se si guardasse a me, analizzando solo un aspetto, si perderebbero di vista tutti gli altri e il mio essere risulterebbe  parziale e frantumato.

Il mio nome è Donatella, un nome accompagnato dal sorriso di Dio e scelto da mia madre, la stessa madre che ha fatto di tutto per abortirmi e che adesso è felice e mi chiama “coccolina”.

Solo da pochi anni è riuscita con molte lacrime e tanta fatica ad accettare il suo ruolo di mamma. 

Donata a me e donata a mia madre.

Quello che meraviglia è che Dio fornisce ad ognuna di noi la possibilità di essere feconde, di essere grembo che accoglie, di essere natura che germoglia e fiore che sboccia. A ciascuna nella sua diversità, con i carismi e i doni che la nostra Sorgente di Vita Madre e Padre ci ha voluto regalare.

Il compito più arduo è quello di accogliere e far crescere il nostro amore verso gli altri, verso i nostri compagni e compagne di vita, verso i nostri fratelli e le nostre sorelle.

Allora qualsiasi sia il nostro percorso riprendiamo le chiavi delle nostre vite e troviamo la combinazione della gioia della nostra anima; incidiamoci nel cuore, leghiamoci ai polsi e poniamoci tra gli occhi il primo precetto che Dio ci ha voluto dare: sii felice, amati e accettati come individuo in tutta la tua pienezza in modo da poter amare anche gli altri.

Solo in quest’ottica possiamo rileggere il salmo e scoprire che i figli sono UNO degli  innumerevoli doni che Dio ci ha voluto fare.

Donatella M.
(da: Viottoli n°15 del 10 luglio 2005)