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Come sbarazzarsi del maschile, femminile, etero e gay che è in noi

Drag queen, lo spartito dell'insurrezione

Qual è la magia rivoluzionaria di fine millennio? John Waters rispose: «Boy George. Da allora qualunque tredicenne bianco vuoi vestirsi da donna». Travestiti, drag queen e altri mutanti ribelli, sopravvissuti all'immaginario italiano, cupo e repressivo, ci ricordano che perversa non è l'omosessualità, ma la società in cui vive

Dai miei amici travestiti ho imparato l'ironia, i colori, gli eccessi. Per questo li ho raccontati in un mio film perché sono le uniche persone che ho incontrato libere da qualsiasi costrizione... Il travestito spezza i legami delle convenzioni borghesi, riempie Io spazio del desiderio. Rende immediatamente manifesta la diversità e la paura della diversità. Quella che naturalmente alberga in ciascuno di noi e che si manifesta solo nella nostra intimità o nei nostri desideri: tutti quanti viviamo un conflitto d'identità tra quello che apparentemente siamo e quello che vorremmo essere.

In una società nella quale persino i pannolini sono stati codificati sulla base del genere e del colore rosa per le femmine azzurri per i maschi, l'idea di un uomo travestito da donna o una donna travestita da uomo risulta particolarmente destabilizzate. Vestirsi, abbigliarsi, atteggiarsi in contrasto con i dettami estetici della Cultura Imperante è un momento, seppur minimo, di insurrezione sociale.

Perennemente luogo di conflitto sia all'interno della comunità gay e lesbica sia tra gay e eterosessuali, il travestito rende visibile oltre al pregiudizio anti-gay anche l'omofobia mascherata e ingentilita che talvolta passa per tolleranza.

Se poi nella vita di ogni giorno la condizione del travestito è caratterizzata da numerose forme di emarginazione e di aggressione, si può immaginare in che modo si amplifica e si acutizza la negatività del suo stato quando subisce un impatto con una istituzione totale come può essere il carcere. Che appunto per la sua struttura (anche simbolica), si presenta come il luogo che assomma e esaspera determinati meccanismi di violenza e di discriminazione.

Tra l'altro il carcere rappresenta una sorta di spartiacque tra omosessualità e travestitismo (e transessualismo). Perché mentre l'omosessualità resta sufficientemente tollerata, al travestito (e transessuale) viene vietata qualunque forma di relazione interpersonale, sia in senso affettivo che in senso amicale. Evidenzia inoltre diverse assurdità per tutta una serie di pregiudizi. Come ad esempio la disparità di trattamento anche nei confronti di altri detenuti «normali» che sono più o meno in condizioni analoghe, come il non poter beneficiare della detenzione domiciliare, visto che la maggior parte di loro non non ha più rapporti con la famiglia, o l'affidamento in prova ai servizi sodali, considerato che la maggior parte delle comunità e associazioni sono di matrice cattolica (ve lo immaginate una trans all'Associazione Sacra Famiglia?).

Oggi il travestitismo e la transessualità rappresentano l'unica «diversità laica» fuori da ogni tentativo di integrazione messa in atto dal mondo religioso. Guardando alla rivolta di Stonewall, talora tendiamo a dimenticare che tale insurrezione, che aprì una nuova era della vita gay, fa guidata da travestiti e drag queens. «I travestiti coinvolti nella sommossa di Stonewall e i gruppi drag radicali hanno dimostrato che rovesciando i segni di genere si può produrre vera energia politica...».

Mentre il/la transessuale, non riconoscendosi come maschio/femmina, altera il proprio corpo (bisturi, ormoni e silicone...), il travestito vestito solo di calze a rete, giarrettiere e tacchi a spillo, non perde mai di vista il fatto che possiede il pene. Un'appendice che evidentemente attrae. «Più sono eterosessuali, più vo- gliono fare l'amore con una donna che ha i mezzi per sodomizzarli», mi dice Vladimir Luxuria dall'alto dei suoi tacchi a spillo. Storicamente la seduzione che emana da un essere dal sesso incerto o dissimulato è forte. Il maschio-femmina ha da sempre turbato le fantasie umane da mil- lenni. L'androgino nasce dal mito di Fiatone. Alla categoria appartiene anche l'ermafrodito, descritto da Ovidio nelle Metamorfosi.

Lo storico delle religioni Mircea Eliade scrive che «l'androgino è un archetipo diffuso universalmente». Il culto di divinità bisessuali comportava addirittura in moltissime culture l'obbligo per i sacerdoti di travestirsi e più in generale i riti iniziatici del matrimonio vedevano spesso i contraenti adottare abbigliamenti e simboli di sesso opposto al loro.

Ma oltre al pensiero mitico e quello rituale che in qualche modo rappresenta la sfera simbolica del caos, cosa succede nella nostra cultura? Perché letteratura, cinema, teatro, musica, da Shakespeare a Andy Warhol, da Edward Wood a Pedro Almodovar, hanno a che fare in qualche modo con il travestitismo?

Forse perché, come sostiene la scrittrice Marjorie Garber «senza il travestitismo non può esservi cultura». Il travestito, il terzo, ciò che non è ne maschile ne femminile e che a queste categorie non si lascia ricondurre ne ridurre, rappresenta il tentativo di superare quello schema binario che ha regolato e pesantemente normalizzato il pensiero occidentale: positivo/negativo, giusto/sbagliato, buono/cattivo, bianco/nero, uomo/donna, eterosessuale/omosessuale, norma/devianza.

Per Duchamp, Warhol e Mapplethorpe è in parte la figura del travestito - dell'artista come travestito - a creare le condizioni per «l'aprirsi di un modo di pensare, di possibilità». Per Jean Genet travestirsi, esagerare la propria femminilità costituisce un atto eroico. Bisogna spingere fino alla stravaganza l'immagine negativa del frocio, perché lo scopo è di attirare su di sé la massima riprovazione borghese...

Nella scena pop-rock, dove il «cross-dressing», l'androginia e le deviazioni di genere sono diventati quasi di rigore, dal glam-rock all'heavy metal, dagli anni settanta agli anni novanta, travestirsi significa mettere dichiaratamente e sfacciatamente - nonché politicamente - in discussione le nozioni classiche di maschile e femminile, eterosessuale e gay.

Ma ciò che è seduttivo per alcuni, è offensivo e minaccioso per altri. Al «panico omosessuale» di alcuni anni fa si contrappone oggi un «panico travestito»: gay sì, ma normali. Questa «travestofobia», riflette la divisione tra macho e effeminato che talora racchiude un'inquietante intolleranza della diversità anche all'interno della stessa comunità gay.

Ne discende un paradosso: si dice che il travestitismo riguardi l'identità e lo stile erotico gay, ma l'identità gay non paria di travestitismo, ne di uomini che facciano il verso alle donne o di donne che facciano il verso agli uomini. In una cultura che produce immagini del maschio omosessuale in jeans e T-shirt e capelli ben rasati, un uomo effeminato e in tacchi a spillo può parere persino nemico di se stesso...

Carmine Amoroso (documentarista)