29^ Domenica del T.O.

Gesù ci propone una cittadinanza laica

Allora i farisei si ritirarono e tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nelle sue parole. E gli mandarono i loro discepoli con gli erodiani a dirgli: «Maestro, noi sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio secondo verità, e non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone. Dicci dunque: Che te ne pare? È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, disse: «Perché mi tentate, ipocriti? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli porsero un denaro. Ed egli domandò loro: «Di chi è questa effigie e questa iscrizione?» Gli risposero: «Di Cesare». E Gesù disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio». Ed essi, udito ciò, si stupirono e, lasciatolo, se ne andarono (Matteo 22, 15-22).

Nel Vangelo di Matteo sono presenti molti conflitti e sovente si incontrano brani come questo, in cui si rileva la necessità di fare chiarezza e di schierarsi o da una parte o dall’altra.

Anche se non sappiamo se realmente i farisei abbiano teso questo trabocchetto a Gesù, questa questione appare molto importante perchè sicuramente dibattuta dai discepoli di Gesù, perlomeno al tempo in cui Matteo scrive, e cioè negli ultimi anni del 1° secolo.

Pagare le tasse o evadere?

Tutti e tre gli evangelisti sinottici riportano questo brano. Forse che i discepoli volessero “tirarsi fuori” dalle scelte più politiche per concentrarsi maggiormente sull’annuncio del Vangelo? Magari sottraendosi alle regole sociali e istituzionali del loro tempo? Qui sembra che Gesù (o Matteo) ribadisca la necessità di vivere ancorati al proprio tempo, nella storia concreta e quotidiana, non esimendosi dalle responsabilità sociali e dalla concretezza della vita.

Il tributo di cui qui si parla è la tassa pro capite imposta dai romani dopo l’occupazione della Palestina nel 6 dopo Cristo, cioè il census. Questo veniva riscosso da tutti gli abitanti della Giudea, della Samaria e dell’Idumea (uomini, donne e schiavi), dai quattordici anni fino ai sessantacinque.

Cesare, in questo caso, era Tiberio Cesare, imperatore dal 14 al 37 d.C. e il tributo ammontava alla paga quotidiana di un lavoratore. La moneta con cui pagare il tributo portava l’immagine dell’imperatore con l’iscrizione latina e, secondo alcune interpretazioni strettissime di Esodo 20,4, doveva considerarsi idolatria.

In ogni caso questa moneta circolava normalmente anche tra gli abitanti della Palestina fedeli all’insegnamento biblico. Tuttavia la domanda sulla liceità o illiceità di tale tributo era viva anche ai tempi di Gesù, perché i più accaniti oppositori dei romani lo giudicavano un atto di sottomissione all’impero.

La risposta di Gesù non è scontata, ma è veramente originale e creativa. Afferma il dovere di pagare il tributo a Cesare ma, nello stesso tempo, relativizza la figura di Cesare, non riconoscendolo né divino né onnipotente. Separa le due dimensioni: quella politica e pubblica da quella più intima e spirituale.

Ciò che interessa a Gesù è mettere al centro la relazione con Dio-Amore-Giustizia e da qui far discendere le scelte che ciascuno/a fa nella propria vita.

Oggi…

Il messaggio è molto attuale: Cesare è il simbolo del potere politico, economico e patriarcale, che detta leggi e impone pesi nella vita personale e collettiva.

Il potere oggi, nella sua dimensione politica, economica, religiosa… vuole tutto per sé, si crede un dio indiscutibile e vuole asservimento e sottomissione.

Il Vaticano fa parte di questo sistema di potere che non solo accaparra denaro e tesori, ma pretende di esercitare vincoli sulle coscienze di molte e molte persone semplici, imponendo leggi ed emettendo sentenze che causano dolore e sensi di colpa.

Inoltre si arricchisce, attraverso il Concordato, non pagando alcuna tassa su tutte le proprietà che possiede, anche su tutte quelle che non c’entrano nulla con la fede o il culto (es. strutture alberghiere e scuole private utilizzate da chi possiede molto denaro…); in questo modo il Vaticano ruba ai poveri, perché le entrate mancanti vengono coperte richiedendo sacrifici economici ulteriori da parte di chi già paga fino all’ultimo centesimo.

Pensare con la propria testa

Non possiamo essere succubi del potere e obbedienti alla sua volontà, ma possiamo imparare ad analizzare le situazioni, discernere e scegliere con libertà, come scriveva Paolo: “Valutate ogni cosa e ritenete ciò che è buono”.

Quando occorre rifiutare di versare il proprio tributo? Ad esempio praticando l’obiezione fiscale alle spese militari, per togliere consenso e risorse a chi produce strumenti di morte e contemporaneamente taglia i fondi per la scuola, la sanità, i servizi essenziali.

Inoltre occorre vigilare e impegnarci in prima persona perchè i beni comuni restino al servizio di tutti/e: acqua, cibo, risorse naturali… dovrebbero essere innanzitutto rispettati (e non “sfruttati” come normalmente si dice e si fa) e in secondo luogo condivisi e distribuiti equamente.

E’ urgente cercare insieme di praticare stili di vita sobri, ragionare sull’uso del denaro, scegliere il mercato equo e solidale, non sottometterci alle regole dell’economia e della finanza che puntano al consumismo per aumentare il PIL. Non accettiamo che il mercato e la finanza, basati sull’ingiustizia e sullo sfruttamento di persone e risorse, diventino i nostri idoli.

Profeti e profete hanno sottolineato con forza che alla base di ogni scelta concreta, per essere coerenti con una ricerca spirituale, deve starci la giustizia e l’amore.

Carla Galetto

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