13^ Domenica del T.O.

Il decalogo del discepolo

Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Matteo 10, 37-42).

Il brano che leggeremo domenica durante la celebrazione dell’eucarestia nelle nostre chiese è piuttosto breve, ma non per questo privo di spunti di riflessione. Il tutto fa parte del capitolo 10 ove viene illustrato il decalogo del discepolo/a di Gesù. Indubbiamente la comunità di Matteo avrà messo insieme questi pensieri, detti da Gesù in momenti diversi e ne ha fatto un decalogo, oserei dire, del perfetto seguace. In verità tutto il capitolo 10 è una messe preziosa di consigli per essere dei veri discepoli del profeta di Nazareth che ci parlato così bene di Dio.

Pericolo: farsi un vangelo a proprio uso

Sembra un titolo paradossale. Invece siano soliti fare del Vangelo un annuncio che si adatta perfettamente alla nostra vita, al nostro sentirsi cristiani. Se noi, ad esempio, prendiamo un versetto qua e là, lo leggiamo senza nessun strumento ma solo in chiave letterale, abbiamo l’impressione di essere o degli ottimi cristiani o persone non accolte da Dio e degne di meritare l’inferno. I versetti che abbiamo letto possono rappresentare ad esempio in invito allo scontro tra genitori e figli oppure ad una vita fatta di sofferenze per guadagnarsi il paradiso di là. Il desiderio del martirio, fatta con le parole più che con il cuore, ad eccezioni di casi molto rari, rappresenta una fuga dalle proprie responsabilità.

Se io desidero qualche cosa che, dentro di me, spero non si realizzi, sposto la mia attenzione su questo desiderio e quindi tutta la mia vita viene proiettata in quella direzione. Veramente rischio di vivere a “mezzo metro” da terra in una situazione di perenne estraneità dalle relazioni e dall’essere cittadino o cittadina di questo mondo con tutte le contraddizione che ben conosciamo. Credo che invece la comunità di Matteo non volesse assolutamente dire questo, ma proporre un modello di sequela all’Evangelo che potesse coinvolgere tutta la persona in ogni giorno della vita.

Una risposta possibile

Essere discepoli e discepole: ecco una sfida oggi che ci coinvolge tutti e tutte.
E’ prima di tutto un invito alla responsabilità individuale. Non si tratta di prendere la croce tout-court e andare a cercare le sofferenze. Si tratta di accettare la vita come ci viene proposta con tutti i suoi problemi, le difficoltà e di viverla in modo responsabile.

Responsabilità vuol dire fare tutto quanto è in nostro potere per rispondere al comandamento dell’amore (vv. 38 – 42). E questo comandamento è ben evidenziato: accogliere tutti e tutte “come profeta”. I rabbi in Israele avevamo una buona accoglienza da parte della popolazione perché rappresentavano la voce di Dio che accompagnava il popolo. Accogliere tutte e tutte come profeti potrebbe voler dire accogliere ogni uomo, ogni donna, ogni bimbo, ogni bimba come portatori di pace, di amore, di solidarietà.

Considerare ogni persona immagine di quel Dio di cui Gesù è stata l’”icona” per eccellenza, vuol dire pensare che noi non siamo i migliori perché siano europei e abbiamo la “cultura” occidentale, abbiamo il Vangelo e il Vaticano. Responsabilità vuol dire fare tutto quanto riusciamo e possiamo per cambiare questo mondo in un mondo diverso, altro, ove la pace e la solidarietà siano i valori dominanti. Vuole anche dire vivere in serenità e gioia i tanti doni che Dio ci fa. Sembra la solita minestra… può darsi. Però la comunità di Matteo sentiva profondamente questa esigenza tanto da scriverla e annunciarla a gran voce.

Il v. 37 mi mette un po’ in crisi. Ma come il comandamento dell’amore ci invita ad amare di meno il padre e la madre per amare Dio? Luca al vers. 26, cap. 14 è ancora più duro: “Se, chi vuol seguirmi, non odia il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli e le sorelle e anche la sua vita, non potrà essere mio discepolo”.

Vorrei citare a tal proposito quanto scrive G. Vannucci su Adista: “Parole dure, ma vanno intese nella prospettiva che Cristo ci dischiude: il raggiungimento di Dio, il divenire figli di Dio, meta assoluta che non può essere raggiunta se non da un fermo desiderio di allontanarsi da tutto ciò che non è l’Intemporale, per vivere in comunione con l’Io divino che è in ogni uomo, in una partecipazione vitale alla realtà di tutti gli essere esistenti nel tempo”.

E’ una proposta da vivere in una realtà che sembra asociale, al di fuori e contro la realtà che ci circonda. Non mi pare sia così: credo invece che dobbiamo essere capaci di staccarsi da quanto può essere un ostacolo alla scoperta di Dio e al Suo messaggio, di lasciarlo da parte e vivere una vita di relazioni e di condivisone nella libertà e nell’armonia. Scegliere responsabilmente e costruire amore e rispetto per tutti e tutte. E questo rispetto per la libertà e la bellezza delle strade diverse è tanto più importante quanto siamo coinvolti come genitori, o parenti verso i figli o le figlie.

Scrivo queste note quando il calendario segna l’inizio dell’estate. In questo periodo alcuni di noi avranno la fortuna di poter “staccare la spina” e godere di un periodo di riposo. Cerchiamo di viverlo non solo come un momento di rottura verso una quotidianità spesso assillante e difficile, ma come un momento di riposo vero, di crescita e di scoperta di valori.

E il pensiero va a chi, come il sottoscritto, ha superato i fatidici 70 anni. Viviamoli, se ne abbiamo la possibilità, come un’estate della vita, donando un po’ del nostro tempo, la nostra esperienza, in una riscoperta di relazioni che sono, a tutte le età, arricchenti.
Dio sia con tutti/e noi in questo cammino e in questa ricerca, certi che Lui, come ci racconta il libro dell’Esodo, è come la nube che proteggeva di giorno dai raggi cocenti del sole gli Ebrei in fuga dal Faraone e di notte come colonna di fuoco indicava la strada della libertà. Un caro saluto e buona estate a tutti e a tutte.

Memo Sales

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.