2^ Domenica del T.O.

Cana di Galilea: l’inizio di una nuova alleanza?

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui (Giovanni 2, 1-12).

Il brano che Giovanni ci presenta è un racconto che difficilmente ha avuto un riscontro nella realtà (tra l’altro i sinottici non ne fanno cenno): può però avere per noi oggi, come per allora la comunità di Giovanni, un contenuto simbolico.

Non dimentichiamo che siamo verso il 100 d. C. e l’intento del racconto evangelico è quello di far emergere la figura di Gesù glorificata. “Vi fu una festa di nozze”, ecco già quest’altro termine ‘le nozze’.

Sappiamo che il rapporto tra Dio e il suo popolo era raffigurato come un matrimonio; Dio era lo sposo e Israele era la sposa. “A Cana di Galilea c’era la madre di Gesù”; appare per la prima volta questo personaggio che sarà ripetuto per tre volte ma mai con il nome.

Quando gli evangelisti – eppure Giovanni sa che il nome della madre di Gesù è Maria – mettono il ruolo di una persona, ma senza il nome, significa che sono personaggi rappresentativi. E vedremo qual è il significato di questo personaggio. Mentre la madre appartiene a queste nozze, a questa alleanza, Gesù no. Gesù fu invitato “con i suoi discepoli”.

“Venuto a mancare il vino”: ecco il dramma. Nel rito del matrimonio, un momento culminante è quando i due sposi bevono allo stesso bicchiere di vino; il vino è simbolo dell’amore. Ebbene, in questo matrimonio, che è simbolo dell’alleanza fra Dio e il suo popolo, manca l’elemento più importante, cioè manca l’amore.

“Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse «Non hanno vino»”. La madre non dice, come in una vecchia traduzione “Non hanno più vino”, il vino non c’è mai stato. E non dice neanche “Non abbiamo vino”, perché l’Israele fedele ha sempre conservato con Dio questo rapporto d’amore, quindi c’è sempre stato il vino dell’amore, ma si preoccupa per la massa del popolo.

“Non hanno vino”, quindi rivolge l’attenzione di Gesù al popolo, alla situazione del popolo. Il dialogo tra Maria e Gesù, come è riportato dal brano vuole per evidenziare il simbolico: Maria qui rappresenta Israele ed è in gioco l’immagine di una nuova alleanza.

“Sua madre” – e per la terza volta compare questo termine, il numero tre, nella simbologia ebraica significa quello che è completo, quello che è pieno – “disse ai servitori” (e qui l’evangelista usa il termine ‘diakonos’, che significa non quelli che devono servire, ma quelli che volontariamente, per amore, si mettono a servizio degli altri): «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

La risposta della madre di Gesù, il suo invito, ricalca quello che il popolo disse a Mosè dopo l’alleanza “Quanto il Signore ha detto noi lo faremo”; quindi vediamo come tutto è in chiave dell’alleanza.

“Vi erano là sei anfore”, il numero sette indica la totalità, il numero sei indica l’imperfezione, quindi c’è qualcosa di imperfetto. Queste anfore poi sono di pietra, non di coccio, quindi pesanti, inamovibili. Per cosa dovevano servire? “Per la purificazione rituale” – qui il testo dice rituale, ma nel testo originale non c’è rituale – “dei Giudei”.

Ecco al centro di questo episodio l’evangelista segnala il motivo per cui manca l’amore. Perché manca l’amore? Perché un rapporto con Dio basato sull’osservanza della legge faceva sentire il popolo sempre indegno, sempre in colpa, e quando ci si sente sempre in colpa, non si può sperimentare l’amore di Dio.

Ecco il problema che c’è in questo matrimonio dove manca il vino, manca l’amore, è la purificazione. Una religione, una legge, che faceva sentire sempre indegni e sempre in colpa le persone.

Ed ecco l’intervento di Gesù; “«Riempite d’acqua le anfore», le anfore non conterranno mai l’acqua della purificazione, sarà Gesù a fornire quest’acqua della purificazione. “«Ora prendetene e portatene»” – appare per la prima volta un personaggio importante che è il maestro di sala. In questi pranzi, che duravano anche giorni, c’era un incaricato che doveva sorvegliare l’andamento della festa e, soprattutto, stare attento alle provviste.

Ebbene, questo personaggio importante non si accorge della mancanza di vino. Infatti dirà che “lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua”, quindi nelle anfore c’è acqua, ma quando esce si trasforma in vino, perché il vino è il dono di Gesù, è la nuova alleanza basata sull’amore. “Colui che dirigeva il banchetto, il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano presto l’acqua”.

L’incaricato del banchetto, che rappresenta i capi del popolo, non si accorge della mancanza di vino. Ma non solo non si accorge, arriva pure la protesta. Infatti “chiamò lo sposo”, finalmente compare lo sposo – tutti i personaggi sono anonimi, soltanto Gesù ha il nome – e lo rimprovera, dice “«Tutti all’inizio mettono il vino buono e poi quando si è bevuto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora»”.

Per le autorità il buono appartiene al passato. Per loro è incomprensibile che il buono, il bello, il meglio debba ancora avvenire. Quindi l’evangelista rappresenta in questo maestro di sala l’ottusità dei capi religiosi. In conclusione “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni” – ecco, la vecchia traduzione usava il termine improprio di “miracolo” che non viene mai adoperato dagli evangelisti per indicare le azioni di Gesù, ma qui giustamente si traduce con “segni” – “compiuti da Gesù; egli infatti manifestò la sua gloria”.

Sorprende di trovare al termine di un episodio del genere per la prima volta, l’unica volta, il termine “gloria” riferito al fatto. E’ strano, ci saremmo aspettati che Gesù manifesti la sua gloria alla risurrezione di Lazzaro, alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. No, la gloria di Gesù viene manifestata in questo episodio. Perché? Perché, come abbiamo detto, l’evangelista propone la nuova alleanza e, come dopo la proclamazione dell’alleanza sul Sinai Dio manifestò la sua gloria, con questa nuova alleanza, Gesù manifesta la sua gloria. Qual è questa nuova alleanza?

Mentre l’antica alleanza era basata sulla legge e l’uomo doveva meritare l’amore di Dio e si sentiva sempre indegno, ecco le anfore per la purificazione, nella nuova alleanza l’amore viene donato, viene regalato e l’uomo deve soltanto accoglierlo. Questa è la buona notizia portata da Gesù.

Aggiungo a questi pensieri solo due piccole considerazioni.

Gesù partecipa a un pranzo di nozze, ad una festa. Come mi è “simpatico” Gesù in questo far festa, in questo condividere gioia, ma anche speranza e fiducia in un futuro rappresentato da una giovane coppia di sposi. Oggi in un momento difficile della nostra società può essere importante recuperare gioia, fiducia nell’annuncio di amore da parte di Dio, fiducia nella sua compagnia.

Questo brano, come abbiamo visto, ci parla di una nuova alleanza fra Dio e Israele, cioè l’umanità tutta. Ed è una alleanza fondata sull’amore..

Ancora: La novità è il vino nuovo; non sono i dogmi immutabili, non sono le certezze teologiche, bibliche fondate su una tradizione che non ricerca, che non vive, che non si adegua ad una società diversa. Il nuovo è l’amore, la capacità di cambiare, la capacità di costruire cieli nuovi e terre nuove; siamo dunque invitati a guardare oltre e apprezzare il vino nuovo che Gesù ci continua ad annunciare ogni giorno con le Scritture, ma anche con ogni dono che riceviamo nel corso della nostra giornata.

Memo Sales

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