Battesimo del Signore

Che dobbiamo fare?

Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella. Ma il tetrarca Erode, biasimato da lui a causa di Erodìade, moglie di suo fratello, e per tutte le scelleratezze che aveva commesso, aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione. Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Luca 3, 15-22).

Decenni dopo la morte di entrambi c’è ancora incertezza nella comunità: è ancora forte e vivo il ricordo del battezzatore Giovanni e, d’altra parte, Gesù aveva vissuto in modo così dimesso e umile che qualcuno probabilmente continua a confonderli. Luca decide di fare chiarezza e non trova modo migliore che mettere in bocca allo stesso Giovanni le parole che devono essere definitivamente chiarificatrici.

Cominciamo dal battesimo: Giovanni predica “un battesimo di penitenza” (3,3), che richiede, da chi lo riceve, “frutti degni della penitenza” (3,8), altrimenti, come ogni albero che non fa buon frutto, verrà gettato nel fuoco (3,9). Il frutto “degno” è la conversione, il cambiamento di vita; il segno dell’acqua versata sul capo è solo una pubblica dichiarazione di impegno e, insieme, richiesta di aiuto e sostegno da parte della comunità.

In questo non c’è differenza tra Giovanni e Gesù: entrambi hanno predicato la conversione. Ma non risulta che Gesù abbia battezzato qualcuno… e non credo proprio che sia farina del suo sacco quell’ “Andate, istruite tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figliolo e dello Spirito Santo…” con cui si congeda dagli undici nel Vangelo di Matteo (28,19).

Lo Spirito Santo e il Fuoco di Gesù

Ma la gente continua a chiedersi: chi è il Messia? C’è ancora il dubbio che fosse proprio Giovanni… O viceversa: “’Chi dice la gente che io sia?’ Gli risposero ‘Chi dice Giovanni il Battista, chi Elia…’”(Mc 8, 27-28). Allora Luca fa dire a Giovanni: “Più potente di me” (3,16) è colui che non si limita a esortare e a predicare la conversione, ma che opererà il giudizio.

Il fuoco del suo battesimo non sarà solo un segno esteriore come la mia acqua, ma sarà proprio lo strumento del giudizio: chi non produrrà frutti degni della penitenza, cioè chi si pentirà solo a parole e fingerà soltanto di voler cambiare vita, finirà bruciato da quel fuoco.

Non pensiamo alle fiamme dell’inferno delle favolette terroristiche buone per addormentare e addomesticare le coscienze… Il fuoco di Gesù è un invito autorevole, pressante, in ogni “qui e ora”, a cambiare vita per votarsi all’Amore. Questo ci è reso possibile dallo Spirito Santo, quello stesso che in Atti “battezza” discepoli/e impauriti/e con il fuoco e li/le spinge fuori dal cenacolo, a predicare e a perdere la loro vita per salvarla (Mc 8,35). Come ha fatto Gesù. E’ il discepolato dell’Amore.

Ma per Luca Gesù deve essere ben individuato dalle comunità: e così lo presenta come il “figliolo diletto” di Dio Padre. Non ci sono più dubbi: è proprio colui che potrà dire di sé: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28,18) e il massimo del potere sta proprio nell’autorità riconosciuta a pronunciare il giudizio definitivo.

Quale conversione?

Ma, mentre la dogmatica autoritaria l’ha banalizzata nelle opere di misericordia e nell’osservanza esteriore dei riti (“sentir messa alla domenica e comunicarsi almeno a Pasqua”…), Giovanni e Gesù ci chiedono conversione, cambiamento di vita, “oggi”, da subito e in ogni istante. Conversione non da una religione a un’altra, ma dall’egoismo alla solidarietà, dalla prepotenza alla convivialità, dall’accumulazione alla sobrietà, dalla dominanza alla partnership.

Qui e ora, nella vita di ciascuno e di ciascuna: lo Spirito Santo (lo Spirito di Dio, lo Spirito dell’Amore…) è dentro di noi e ci fa sentire la voce del suo giudizio, di quel “fuoco inestinguibile” (3,17): se la nostra vita non è fatta di atti d’amore, sappiamo di essere come la pula bruciata.

Prendere sul serio il messaggio del Vangelo significa vivere con questa consapevolezza. Non ha nessun senso, per me, l’aldilà di premi e castighi: è un’altra immagine, se proprio vogliamo, che mi parla di quel giudizio definitivo. Ma è “qui e ora” che mi gioco la vita; quindi quel giudizio è pressante, ma mai definitivo.

La conversione, il cambiamento è sempre possibile… anche se non è facile. Perché tocca a me scegliere quali sono i “frutti degni della penitenza” e dell’Amore, senza subire le indicazioni interessate di chi proclama, ad esempio: “Noi viviamo con amore, mentre loro predicano l’odio”. E scopri che l’amore è sulla bocca di chi accumula ricchezze e bolla come “odio” la lotta di chi non si rassegna a soccombere.

Scopri che “regno del bene” è scritto sulla medaglia che si autoassegna chi vuol distruggere mezza umanità, bollandola come “regno del male”, per depredarla con il consenso della sua metà. E troppo spesso viene chiamato “amore” anche il sentimento che arma la mano di tanti uomini contro il desiderio di libertà e di autonomia delle donne.

La consapevolezza che il fuoco di Gesù ci chiede è ben altro: per dirla con le parole di Matteo (16,23) e di Marco (8,33), nessuno può sostituirci nella scelta quotidiana di vivere “preoccupandoci delle cose di Dio e non di quelle degli uomini”. Il fuoco che Gesù è venuto a portare nel mondo e che vuole veder ardere è il fuoco dell’Amore, quello vero, quello che ci fa “perdere la vita”. Ci può bruciare o ci può salvare: dipende solo da ciascuno e ciascuna di noi. La domanda è: “Che devo fare?” (Luca 3,10-14).

Perché il “battesimo di Gesù” non è un rito, ma una scelta di vita.

Beppe Pavan

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