Lunedì 16 aprile 2012 – Vangelo di Matteo cap. 15

Questo capitolo verte tutto, in vario modo, sulla questione del cibo. Cominciano gli anziani, ponendo il problema dell’importanza del rito di lavarsi le mani prima di mangiare. Quindi Gesù, rivolgendosi alla folla, contesta un’applicazione solo formale delle norme di purità circa gli alimenti. Successivamente, l’incontro con una donna straniera offre l’opportunità di affermare che anche i non giudei hanno diritto di essere accolti nella cena del Regno.

Il capitolo si conclude con un nuovo racconto della distribuzione dei pani.


vv. 1-9

Pare evidente che, a fare da sfondo a questo dibattito, sia stata la pratica delle prime comunità cristiane del pasto aperto a tutti. Questa fu la pratica di Gesù ed è una delle più importanti caratteristiche della sua missione. Anche perchè il pasto, di cui sono pieni i racconti evangelici, non era solo per alimentare il corpo, ma aveva richiami che andavano ben al di là di ciò. Va compresa l’esigenza delle prescrizioni rituali, anche se non tutte si trovano nella Bibbia, come un modo per preservare, nella dispersione e nei secoli, l’identità religiosa e culturale di un popolo, ma attenzione a non farla diventare un pretesto per giustificare inadempienze umanamente più rilevanti.

A simboleggiare un amore per la legge, capace di piena abnegazione, è rimasto l’esempio famoso di Rabbi Akiba che è considerato il più erudito maestro della Legge del suo tempo. Prigioniero dei Romani, gli veniva data solo un po’ d’acqua da bere e una razione minima di alimenti per non farlo morire di fame. E tuttavia, per adempiere le prescrizioni della Legge, preferiva destinare la poca acqua ricevuta alle abluzioni di rito, sicché più volte dovette essere soccorso in punto di morte per non aver voluto trasgredire le tradizioni giudaiche.

Gesù non giustifica i suoi discepoli per il fatto di mangiare senza prima lavarsi le mani e non afferma che non sia necessario compiere questo rito. Ma, ancora una volta, denuncia il formalismo religioso che sacrifica il diritto dei più deboli. Il criterio di Gesù è che l’ubbidienza alla tradizione deve rispettare priorità e gerarchie di valori. Così, per esempio, è più importante attendere alle necessità dei genitori che fare un’offerta al tempio. Il criterio fondamentale della tradizione è che essa esiste in funzione della vita e della giustizia. Per questo Gesù cita Isaia, per dire che se il popolo vuole prestare il culto a Dio, senza preoccuparsi di compiere la volontà divina, non può essergli gradito.


vv. 10-20

La questione degli alimenti puri e impuri aveva già suscitato discussioni in altre comunità dell’epoca (Galati, Atti, 1^Corinti). E’ comprensibile che anche nella comunità di Matteo abbia avuto modo di essere ripresa. Anche se alcuni commentatori ritengono che le espressioni dure attribuite a Gesù, e assenti in Marco 7, siano più una discussione accesa all’interno della comunità stessa o con alcuni rabbini dell’epoca, che un confronto tra Gesù e i farisei del suo tempo. E’ importante comunque trasformare esigenze rituali in comportamenti pratici. Essenziale è la giustizia, la limpidezza nelle relazioni umane e sapere che ciò che può rendere impuri è piuttosto il male che si può fare gli uni agli altri. In questo senso le parole riservate da Gesù ai suoi interlocutori sono indirizzate a tutti coloro che, in qualunque comunità religiosa, si lasciano prendere alla lettera dalle legge, senza comprendere lo spirito che essa vuole esprimere.


vv. 21-28

Non è più una novità ed è sempre bello ricordarci che anche Gesù conobbe qualche esitazione nel cammino ecumenico che Dio esigeva da lui, come esige da noi. L’esperienza con i non-giudei si rivelava generalmente tanto negativa che il rifiuto dello straniero si rifletteva inevitabilmente anche nell’universo religioso.

Un detto rabbinico sosteneva che “mangiare con un pagano è come mangiare con un cane” e, forse, la parola di Gesù alla donna cananea vi allude. Tuttavia l’atteggiamento di Gesù cambia, indietreggia, quasi scoprendo che si tratta di una pretesa eccessiva. Per i discepoli l’aggravante, oltre che essere una persona pagana che disturba Gesù, è che sia pure una donna. E’ forse solo l’ostinazione e la disperazione di una donna che poteva arrivare a tanto, magari i maschi non sarebbero arrivati fin lì. Va precisato che lei non contesta la priorità degli ebrei davanti a Dio; chiede solo di poter disporre delle briciole che cadono dalla tavola dei figli. Chissà quali resistenze avrà dovuto superare per fare quel gesto, ma alla fine la sua determinazione ha raggiunto l’obiettivo, che, oltre tutto, non era per sé ma per la figlia.

Questa donna aveva creduto che Gesù fosse per tutti e che tutti quelli che avevano necessità di aiuto avessero gli stessi diritti ai suoi occhi. La fede che Gesù riconosce alla donna può dunque nascere e fiorire all’interno di ogni appartenenza etnica, culturale e religiosa.

A seguire, un altro momento di predicazione e di guarigioni con conseguente riconoscimento e glorificazione a Dio per i prodigi che Gesù compie.


vv. 32-39

A conferma che nessuno è escluso dal banchetto del Regno, Gesù stesso prende l’iniziativa di richiamare l’attenzione dei discepoli sul fatto che quella gente lo sta seguendo da tre giorni e non ha nulla da mangiare. E’ bene che le chiese ascoltino nuovamente, oggi, questa domanda di Gesù, che è insieme un lamento. I sette pani menzionati nel racconto possono alludere a una concezione ebraica secondo la quale il mondo è costituito da settanta popoli. Dio vuole saziare la fame e dar salute e salvezza a tutti. Oggi le comunità cristiane sono chiamate a denunciare la perversione di un mondo incapace di vivere relazioni autentiche di condivisione e solidarietà, ponendo nel contempo in essere gesti concreti che, nel loro piccolo, diano significato a questa destinazione universale del Regno.


Riflessioni dal gruppo

– Dio vuole saziare la fame e dar salute e salvezza a tutti e tutte. Ma sono le chiese, è la politica, siamo noi che possiamo rendere in qualche modo concreto questo pensiero, questo sogno di Dio per il creato, oggi più che mai.

– L’essenziale non sono i riti, ma la cura, l’amore… E’ bene non stabilire troppe regole, perché non basteranno mai. Vedi la legge 194 sulla depenalizzazione dell’aborto: forse più che regolamentarlo, per evitarne un uso improprio (le donne non vi ricorrono con leggerezza), occorre formazione all’uso responsabile della sessualità, specialmente per gli uomini.

– Solo quando c’è una relazione forte di amore si raggiunge l’ostinazione, come quella della donna cananea per sua figlia.

– Trasgredendo a certe norme, sia Gesù che la donna vanno qualitativamente avanti: la donna non avrebbe dovuto gridare in pubblico, rivolgersi a un rabbi, insistere… Gesù non avrebbe dovuto parlare con una donna, soprattutto con una straniera…

Domenico Ghirardotti

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