Lunedì 12 marzo 2012 – Vangelo di Matteo cap. 11

Le reazioni alla predicazione e ai miracoli di Gesù sono diverse e spesso negative, nelle città della Palestina; e queste reazioni sono loro imputate a responsabilità precise, direttamente dipendenti dalla predicazione dei profeti e dai miracoli in esse compiuti: chi non “vede” è perché non vuole vedere…

Diverso è per le città in cui il messaggio non è stato predicato (Tiro, Sidone, Sodoma) e che quindi non sono responsabili di un rifiuto impossibile da opporre a ciò che non si conosce. O meglio: tutte le città (gli uomini e le donne che le abitano) sono chiamate a praticare la giustizia e tutte lo fanno a modo loro. La responsabilità più grande è di quelle in cui la predicazione (e i miracoli compiuti) è diretta e più forte: nessuno/a può dire “non sapevo…”.

 

Giovanni il battezzatore

Il primo “miracolo” è rappresentato da Giovanni il battezzatore. In un paese che conosceva a memoria vita e miracoli di tanti profeti dell’antichità, sembra impossibile che non venga riconosciuto come profeta quell’uomo che vive all’opposto dei ricchi oppressori e paga con la vita (con l’esempio e con la morte) la coerenza con il messaggio che incarna (vv. 7-15).

Lo stesso discorso vale per Gesù: le opere rendono testimonianza alla verità del suo messaggio (vv. 1-6). Ma qualunque sia il modello di vita del profeta, la sua vita suona sempre come “giudizio” per chi vive nell’ingiustizia e le reazioni più scontate sono le critiche denigratorie, anche le più incoerenti: Giovanni è un indemoniato, perchè non mangia e non beve… Gesù, al contrario, è un mangione e un beone…

Denigrare è un meccanismo di rimozione, per evitare di guardarsi dentro e confrontarsi con il messaggio che ci viene annunciato. Come facevano i bambini giocando: un gruppo suona il flauto e l’altro non balla; un gruppo mima i lamenti funebri e l’altro non si mette a piangere… Non stanno al gioco, non reagiscono in maniera coerente.

Ed ecco la sentenza, la riflessione paradigmatica: alla sapienza è resa giustizia dalle sue opere (19b). Quando c’è coerenza tra le parole e le opere di una persona, lì c’è profezia, c’è giustizia; quella è una persona da ascoltare con attenzione (v. 5).

L’altra faccia della medaglia è l’invito conseguente, a ogni persona, a vivere con coerenza tra le parole e le pratiche, per essere discepola dell’amore e della giustizia: quella è la strada della salvezza (Matteo 10,22).

 

Un carico leggero

La preghiera finale di Gesù (vv. 25-28) dice la stessa cosa con altre parole: prima erano i ricchi a rifiutare la profezia (v. 8), qui sono i sapienti e i furbi (v. 25). La parola di Dio, l’invito a salvarsi con l’amore è accolta dai poveri, dai semplici, da coloro che nel capitolo 5 sono invitati/e ad alzarsi in piedi e a ribellarsi all’ingiustizia, perchè quella è la strada della loro “beatitudine”.

Questo è un “carico leggero”, un “giogo agevole”. Sembra che la vita bella la facciano i ricchi e i potenti; in realtà non è così, e lo può testimoniare chi cammina sulla strada dell’amore: è immensamente più piacevole vivere con amore e condivisione che non in uno stato di perenne competizione.

Questa è anche la mia testimonianza, e quella di tutte le persone che si sono “convertite” secondo lo spirito evangelico: hanno cambiato vita e resistono ogni giorno fino alla fine. Salvezza e beatitudine a loro e, grazie a loro, al mondo!

 

La novità insuperabile

Infine, alcune annotazioni su un capitolo che condensa e riassume temi della polemica anti-giudaica propria della catechesi di Matteo:

1- Il “nuovo” (vv. 12-14) è cominciato, per Matteo, con la risurrezione di Gesù: lì Giovanni non ci sarà, ci saranno solo i “violenti” tra coloro che vivono in quel periodo. E’ il brano più oscuro di Matteo. Molte sono le interpretazioni; riporto le due di Ortensio da Spinetoli: i violenti sono le persone di buona volontà che prendono d’assalto il Regno, che a poco a poco si va affermando, per riceverne i beni promessi; ma ci sono anche i violenti che vogliono distruggerlo; però esso continua ad affermarsi.

2- Il “regno nuovo” è talmente “più” di quanto c’era prima che il più piccolo, il più umile di quanti vi avranno parte sarà più grande del più grande del vecchio, che è Giovanni. Insomma, Matteo non bada a spese per presentare Gesù e il suo Vangelo come la novità insuperabile; e, nella competizione tra i discepoli dei due, non esita a dichiarare la superiorità di Gesù facendola testimoniare dallo stesso Giovanni (1-6).

3- E’ così grande, Gesù, che è persino più grande di Elia, il profeta di cui tutto Israele continuava ad aspettare il ritorno per annunciare i tempi messianici. Ebbene – dice Gesù – la funzione di Elia è incarnata da Giovanni, annunciatore dell’avvento del Messia. Il suo stile di vita e la sua predicazione ve lo devono far capire con tutta evidenza. La responsabilità, adesso, è vostra: l’annuncio l’avete ricevuto; se avete orecchie “adeguate” lo potete capire, non potete non capirlo. Ma ci vuole capacità e disponibilità all’ascolto profondo, per “capire”, comprendere e trasformare in vita.

 

Riflessioni del gruppo

  1. Chi si crede sapiente non è capace di vedere la coerenza del profeta e, quindi, di farsi coinvolgere dall’invito a fare altrettanto. Che le opere del profeta siano “opere di bene” lo vedono solo occhi che vedono il bene: qui sta la responsabilità personale di chi reagisce a ciò che vede e sente.
  2. Per “vedere” non bisogna essere pieni/e di sé: essere concentrati/e solo su se stessi/e porta alla cecità del cuore. Forse è frutto di paura… In realtà tutti/e siamo un po’ autocentrati/e. Dobbiamo aprire il cuore alla compassione, all’empatia.
  3. Questo è un “cammino per la vita”; ed è un impegno “leggero”, nel senso che non comporta tormenti e ansia, ma dà felicità. E’ un “giogo leggero”, perchè Gesù non ci chiede di rispettare norme dettagliate di vita, pesanti quando sono obbligatorie. Il suo invito è semplice: ama e vivi come vuoi.
  4. Giovanni è molto valorizzato, ma anche relativizzato. E su questo confronto tra il “vecchio” e il “nuovo” Matteo costruisce la sua teologia (come ha già fatto Paolo): Gesù è il Messia annunciato da Elia, proprio come credete voi! E’ catechesi per la sua comunità; è catechesi per i seguaci di Giovanni il battezzatore; è l’oggetto della polemica, aspra e radicale, nei confronti dei giudei, incapaci di “vedere” e di cogliere il “nuovo” che è Gesù e il suo messaggio.
  5. E il messaggio conclusivo del capitolo (vv. 25-30) è un bel messaggio di speranza anche per noi oggi: questo cammino di vita sui sentieri dell’amore è fonte di felicità, è novità che costantemente rinnova i nostri giorni e ci educa alla capacità di stare in tutte le relazioni con empatia e gioiosa compassione.

Beppe Pavan

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