Lunedì 23 gennaio 2012 – Vangelo di Matteo cap. 3 – 4,11

Per la migliore comprensione ed analisi del testo biblico, abbiamo utilizzato il commentario di Ortensio da Spinetoli per la presentazione dei capitoli 3 fino al cap. 4,11.

 Nei cap. 3 e 4 viene riassunta la “prima” attività Gesù:

–         ricalca le orme del Battista e i suoi temi
–         per un breve tratto sono insieme poi Giovanni scompare e Gesù rimane solo
–         riceve l’investitura profetica con il battesimo
–         dopo un periodo di preghiera, digiuno e prove per lo spirito torna in Galilea e si stabilizza a Cafarnao (nodo carovaniero all’imboccatura palestinese della “via del mare” che è l’arteria che congiunge l’interno (entroterra mesopotamico) con il Mediterraneo.

Dal cap. 3 Matteo lascia la fonte propria (racconti della nascita e dell’infanzia) ed attinge dal documento comune agli altri evangelisti (Q).

Gesù e Giovanni Battista

Secondo il biblista Ortensio da Spinetoli, Gesù ed il Battista sono legati: in comune hanno il deserto, annunciano il regno di Dio e la circoncisione ed entrambi amministrano il rito penitenziale (battesimo). Matteo, però, sottolinea che Gesù è più forte di Giovanni il Battista (v.11)

Dobbiamo tener presente che, nella tradizione biblica, il deserto è il luogo ideale degli incontri con Dio e la predicazione di Giovanni è incentrata su:

–         la conversione (legato alla tradizione profetica)
–         la venuta del Regno (tema dei predicatori cristiani)

L’invito alla conversione non solo tramite azioni degne (v.8) ma per un cambiamento radicale di mentalità : bisogna spogliarsi di se stessi, delle proprie convinzioni e sicurezze per lasciare spazio “al regno dei cieli” (i giudei cristiani preferiscono questa espressione –potrebbe essere per rispetto al nome di Dio – anche per indicarne le dimensioni)

L’esilio, la fine della monarchia e dell’indipendenza ha spinto gli uomini ispirati di Israele a far appello a Jahvè ad un suo intervento diretto per attuare le sue promesse : il tema del Regno dà una svolta nella predicazione dei profeti.

La tradizione cristiana vuole giustificare la missione di Giovanni con un oracolo profetico (v.3 citato Isaia) – farà altrettanto con  Gesù (es. cap. 1,22 – 2,15).

L’anonimo profeta dell’esilio (Isaia) invitava i suoi connazionali a tenersi pronti per il rimpatrio e preparare una “via direttissima” attraverso il deserto. La chiamava “via del Signore”.

Gli evangelisti hanno modificato la punteggiatura del testo adattandolo alla situazione del Battista che dal deserto lancia annunci di penitenza.

Il discorso diventa simbolico: le strade di Dio passano attraverso il cuore degli uomini e donne che si convertono.

Al posto di Jahavè è il Messia che avanza e occorre andargli incontro con l’animo libero da falsità ed inganni.

Giovanni l’eremita, Gesù l’uomo del sorriso di Dio

L’evangelista Matteo, presenta Giovanni Battista come un eremita e la sua predicazione è un lamento funebre.

Non così viene presentato Gesù: il suo è un messaggio di gioia e festa.

Giovanni accompagna la sua predicazione con un rito di penitenza che Matteo definisce “battesimo di penitenza” ed introduce nella comunità della nuova alleanza: si passa a far parte del popolo messianico.

Il rito segnalava il cambiamento in chi lo riceveva – non si dice che i peccati venivano rimessi in virtù di questo rito.

La predicazione del Battista è incentrata sul giudizio di Dio – per sfuggire all’ira c’è la sola via della conversione che deve concretizzarsi nelle opere di bene (non parole o intenzioni). A nulla servirà sentirsi protetti e quindi esenti dalla condanna perché membri del popolo eletto.

 Matteo si sta rivolgendo ai suoi contemporanei (sinagoga) che continuano a rifiutare Gesù, il messia (parallelo  Mc.1,18) quando nel v. 9 fa riferimento alla libertà di Dio e riporta le parole del Battista “..può far sorgere figli di Abramo da queste pietre.” : la fede non è un’esclusiva degli ebrei ma è un bene che tutti e tutte possono avere.

Ancora al v. 11 parla di Israele che, se non cambia fino dalle sue radici, sarà “recisa” e “gettata nel fuoco”.  Matteo presenta Gesù come “il Cristo” e stabilisce la sua distanza da Giovanni, precursore ma servo che precede il suo signore: “Colui che viene” è più forte.

Non come forza fisica ma come “potenza” che è un attributo di Dio (Isaia 9,5-6), è una proprietà dell’Emanuele (Isaia 7,14) e per Matteo è una qualifica del messia; egli è il più forte in virtù. Il termine  greco (ischyroteros – il più forte) è sinonimo di “protos” (il primo) utilizzato dall’evangelista Giovanni nel prologo (cap.1,15).

 A causa della polemica tra cristiani e la sinagoga, Matteo mette in bocca al Battista una predicazione dura e conclusiva nei confronti dei farisei e sadducei ed invita i cristiani alla conversione contemplando come in uno specchio ciò che può capitare loro se non concretizzano in azioni la loro conversione.  La condanna incombe se non tengono fede con opere all’impegno preso.

Non conosciamo nulla dell’esperienza di Gesù precedente all’incontro con il Battista e al suo battesimo ma la comunità cristiana ci comunica che il battesimo è un momento importante e decisivo nella vita di Gesù, segna una svolta e l’orientazione della sua vocazione.

Delle difficoltà di Gesù a cogliere la proposta di Dio non vi è traccia.

Tra gli evangelisti Matteo è quello che sembra dare più importanza al fatto, si dilunga maggiormente rispetto agli altri mentre il dialogo tra Gesù ed il Battista si trova solo nel suo vangelo e quindi proviene dalla sua mano.

L’incontro tra Gesù e il Battista è la sintesi del loro rapporto (è presumibile che abbiano avuto precedenti scambi di vedute) e l’avvenimento descritto ne segna la conclusione.

Secondo Ortensio da Spinetoli, per gli ascoltatori e lettori di Matteo, è un invito al nuovo rito battesimale ed il fatto che Gesù prenda l’iniziativa sottolinea la superiorità del messia ma, indirettamente, la superiorità del battesimo cristiano su quello giudaico.

 Al v. 15 leggiamo l’espressione : “…conviene che così adempiamo ogni giustizia.”; giustistia non intesa come virtù morale ma linea di condotta, un comportamento rispondente al disegno e al volere divino – abbracciare l’intero programma salvifico anche nei suoi lati spiacevoli e scomodi.

La comunità di Matteo rimette a Dio, alla sua “giustizia” la spiegazione per tutte le “incongruenze” che scoprirà nel piano della salvezza: il messia si mescolerà con i più poveri, gli umili gli oppressi, si siederà a tavola con i peccatori, scandalizzerà i farisei. Gesù, accettando il rito del battesimo di Giovanni, si proclamerà il messia dei peccatori.

L’umiliazione del battesimo viene progressivamente cancellata dal dialogo prima e poi dal racconto dell’evento straordinario dell’aprirsi dei cieli, dello Spirito e dalla voce del Padre.

Come già detto non conosciamo l’evento storico ma certamente Gesù ha intuito la strada che doveva percorrere nel piano di Dio. Il battesimo di penitenza e l’accomunamento con i peccatori lasciavano capire che la via della salvezza non era quella del successo, della gloria ma delle umiliazioni e della sofferenza.

 Al v.17 leggiamo che i cieli si aprono come nei racconti apocalittici e si ode la voce come nei racconti di vocazione. A chi cerca di capire Gesù e la genesi della sua missione, la comunità di Matteo vuole ricordare che egli è stato inviato da Dio e gli promette presenza ed assistenza.

 Capitolo 4  vv.1-11

Come i grandi inviati del primo testamento Gesù si prepara in solitudine e nelle privazioni  ad affrontare le difficoltà, i sacrifici e le umiliazioni della “vita apostolica” (la preghiera non è citata).

La rappresentazione ambientata nel deserto e ricalca i moduli della tradizione sinaitica e il brano ha molteplici interferenze con il racconto delle tentazioni in Esodo (Det.8,2-3).

Le tentazioni sono tentazioni messianiche, si potrebbe dire di verifica vocazionale: riguardano le pressioni e le insicurezze che il salvatore ha riscontrato nel suo cammino.

La vocazione è una ricerca del volere divino lenta e faticosa che non si presenta mai in formule chiare e non cala come folgorazione dal cielo.

Le 3 tentazioni sono legate all’ideale messianico corrente: Gesù rifiuta la concezione di messia miracoloso e  potente,  rigetta il dominio e la facile gloria immeritata.

Le tentazioni si risolvono nel conflitto tra la logica umana e quella di Dio e segneranno tutta la vita di Gesù : i suoi parenti, Pietro, i nemici ma anche le sue personali aspirazioni (Getsemani).

Egli lotterà sempre per adempiere la volontà di Dio rinunciando alla propria (intesa come esigenza personale, egoistica), è disponibile a negare a se stesso gli agi (4,3-4), sicurezza (4,5-7) e potere (4,8-10).

Interessante è sottolineare quanto può diventare positivo il deserto : si incontra Dio e la cupidigia, la vanagloria, l’orgoglio possono essere superate (fiere ed angeli).

Alcune considerazioni emerse nel gruppo biblico

–    Tutte e tutti noi sapremo superare gli ostacoli, i problemi e le difficoltà della vita se riusciamo ad avere sempre la consapevolezza dei nostri limiti (peccati).

–    Il “luogo” del deserto è dentro di noi – il deserto interiore è il luogo del nostro incontro con noi stessi/e e con lo Spirito.

–    Gesù ed il Battista hanno trasmesso lo stesso messaggio ma hanno percorso strade diverse – le modalità sono diverse ma il contenuto è il progetto di Dio.

Luciana Bonadio

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