Lunedì 9 gennaio 2012 – Vangelo di Matteo cap. 1

Questo capitolo fa parte, con il cap. 2, del cosiddetto “vangelo dell’infanzia”. I racconti qui narrati sono composizioni edificanti, che Matteo cerca di collegare ad alcuni testi profetici e messianici presenti nella Scrittura del 1° Testamento, per annunciarne la realizzazione in Gesù. In questi capitoli sono presenti sogni, apparizioni angeliche e aneddoti, mentre non ci sono riferimenti topografici. Queste caratteristiche non si riscontrano nel resto del Vangelo.

L’esistenza di Gesù rivelava aspetti contrastanti: nascita e comportamenti semplici, rifiuto da parte di molti e, nello stesso tempo, attribuzioni significative: “messia”, “emmanuele”, “figlio di Dio”… L’evangelista medita su questi contrasti e cerca di dar loro una spiegazione alla luce delle Scritture.

Ciò che conta è il messaggio di cui i testi diventano portatori, alla luce dell’esperienza di Gesù. Matteo, più che un esegeta, è un teologo che si preoccupa di far giungere l’annunzio di Gesù, riferendosi al pensiero dei profeti. Questa forma di lettura biblica si chiama midrash (cioè riflessione, meditazione).

L’autore mette in rapporto l’infanzia di Gesù con quella di Mosé, chiamato anch’esso “salvatore” del suo popolo. Il faraone si irrita come Erode alla nascita del bambino e si rivolge ai maghi del suo regno, come qui intervengono i Magi, entrambi i sovrani decidono di sterminare i neonati, ma in tutti e due i casi i bambini sfuggono alla cattura e alla morte.

Non è possibile rintracciare il contenuto originario degli episodi perchè l’autore ricostruisce gli eventi senza rispecchiare la realtà dei fatti, dando spazio a preoccupazioni teologiche e coincidenze bibliche che prendono il sopravvento.

Anche se Gesù è nato come ogni altro bambino in una famiglia povera del popolo, scrivendo questi brani poetici, molto dopo gli eventi della vita-morte-resurrezione di Gesù, Matteo (cfr. Luca) ha voluto anticipare, arricchendo e abbellendone la nascita, la grandezza di questo profeta di Nazareth.

“Matteo inizia usando del materiale, in gran parte non reperibile altrove, sull’ambiente familiare di Gesù, sulla sua infanzia e sulle prime lotte contro la tentazione. Tale materiale, caratterizzato da una serie di citazioni di scritture più antiche, ritrae Gesù come il Messia promesso a Israele. Con le descrizioni, il commento profetico e l’intreccio, l’inizio del Vangelo presagisce anche il ministero successivo di Gesù verso chi è senza diritti, la sua nuova interpretazione della Legge e la sua opposizione a coloro che occupano posizioni influenti.

Matteo, iniziando con una genealogia, dà rilievo alla stirpe ebraica (“figlio di Abramo”) e regale (“figlio di Davide”). Nella lista degli antenati, l’evangelista ha inserito sorprendentemente i nomi di cinque donne: non le matriarche, ma Tamar (Gen 38) che si atteggiò a prostituta per sedurre il suocero Giuda; Raab, la prostituta di Gerico, che tradì la sua città a favore degli ebrei (Gios 2; 6); Rut, la moabita, che sposò Boaz dopo averlo posto in una situazione compromettente, una notte sull’aia (Rut 3); la “moglie di Uria”, Betsabea, che commise adulterio con Davide; e Maria che si trovò incinta prima del suo matrimonio con Giuseppe, ma mentre era fidanzata con lui in un rapporto legalmente vincolante (Mt 1,18) (La Bibbia delle donne, Vol. III, pag. 11).

Cinque donne “irregolari”

Le donne citate nella genealogia non sono le matriarche, bensì donne “trasgressive”: una vedova che si finge prostituta, una prostituta, una straniera, una straniera adultera… sino ad arrivare a Maria con il suo concepimento anomalo. Donne di origini umili e donne di alto rango che si muovono fuori dalla legge e dalle regole sociali, senza perdersi perchè orientate dalla necessità del cuore e dal desiderio. In queste storie i fatti non procedono in modo lineare e la promessa di Dio, di salvezza e di benedizione per tutti e tutte, passa attraverso strade impreviste, atti di coraggio e passione di chi, come queste antenate, sa coinvolgersi totalmente, anima e corpo, con forza e con determinazione.

Queste donne servono come esempio di una “giustizia superiore”: Tamar agisce quando Giuda si rifiuta di farlo, Raab riconosce il potere del Dio ebraico proteggendo gli esploratori; Uria (chiamato per nome nella genealogia, mentre Betsabea non lo è) mostra fedeltà al suo incarico e ai suoi soldati, mentre Rut spinge Boaz all’azione. Quindi si vede che Matteo presta attenzione a coloro che sono lontani da posizione di potere e che agiscono anche in un modo imprevisto per i costumi sociali del loro tempo, così come farà Gesù. Inoltre la genealogia cita donne che non erano inserite in strutture domestiche tradizionali: nubili, separate, vedove e prostitute; per la salvezza e la giustizia non è necessario stare negli schemi stabiliti dalla tradizione.

L’elenco genealogico si chiude con l’affermazione che Gesù è nato “da Maria”, nonostante che ella sia segnalata come sposa di Giuseppe. Matteo si riferisce a una donna invece che a un uomo (Giuseppe) perchè “fu trovata incinta per virtù dello Spirito Santo” (v. 18), dando quindi alla potenza creatrice dello Spirito l’origine della vita di Gesù.

Oltre l’interpretazione letterale

Sarebbe troppo semplicistico pensare a questo testo come se fosse un resoconto di un avvenimento: la filiazione naturale di Gesù da Dio, la “maternità verginale” di Maria, l’adozione di Gesù da parte di Giuseppe…

Consapevole che questo testo, invece, sia una libera composizione letteraria con un preciso scopo teologico, condivido il pensiero di Ortensio da Spinetoli che “i fatti così narrati non sono mai accaduti; quelli che appaiono tali sono solo proiezioni sul mistero di Cristo e della salvezza. In quest’ipotesi l’autore è impegnato non tanto a far conoscere le modalità della nascita di Gesù, quanto, attraverso una supposta, straordinaria generazione, presentare la persona eccezionale e la missione unica del Cristo. Quello che sembra racconto è un puro strumento di comunicazione, un quadro funzionale. (…)

Gesù è vissuto in una singolarissima comunione con lo Spirito di Dio, come si rileva dai comportamenti assunti con i propri simili nel corso della sua missione. Egli ha sbalordito i suoi contemporanei e soprattutto i suoi connazionali per le capacità di rapportarsi indistintamente con tutti, ebrei e non ebrei, giusti e peccatori, ma di preferenza con chi era più in difficoltà: poveri, ammalati, deboli, oppressi… senza speranza di ricompensa, gratuitamente, solo perchè ne avevano bisogno. (…) La bontà, la santità, oltre che i poteri taumaturgici di Gesù, hanno per l’evangelista una spiegazione nella presenza e nell’azione dello Spirito di Dio, a cui egli ha dato libera e piena accoglienza, fin dai primi passi della sua vocazione profetica.

Matteo giunge a ipotizzare che egli ne è stato pervaso fin dalla prima esistenza, dallo stesso concepimento. (…) La “concezione per opera dello Spirito Santo” potrebbe far parte di un linguaggio metaforico. (…) Gesù è il figlio di David e di Abramo, ma soprattutto è il Cristo di Dio o, se si vuole adoperare la parola del profeta, è l’Emmanuele (=Dio con noi) (Is 7-14). Attraverso la sua testimonianza gli uomini hanno potuto conoscere, più che la potenza, la bontà e la santità di Dio”. (Ortensio da Spinetoli, su Viottoli 9/1996).

Penso sia utile ricordare che in molte tradizioni religiose le nascite di re, di eroi o di persone molto importanti, sono spesso attribuite alla relazione tra una vergine e un “dio”. Anche il capitolo 1 di Matteo va interpretato come un linguaggio simbolico, per segnalare la presenza e l’azione di Dio nella vita di Gesù, per spiegare la messianità di Gesù, colui che non ha risposto alle aspettative giudaiche, ma alle attese e al disegno di Dio.

Alcune considerazioni emerse nel gruppo biblico

• Perchè la genealogia femminile dovrebbe essere portatrice di valori, mentre quella maschile no?

• La genealogia femminile rappresenta il riconoscimento di ciò che è sempre stato negato, il riconoscimento dell’autorevolezza delle donne che mi hanno preceduta e che è sempre stata occultata; sono quelle che hanno dato la vita e che si sono prese cura della vita stessa…

• Anche molti degli uomini nominati nella genealogia erano conosciuti come violenti, delinquenti, guerrafondai… La figura di Gesù ci dice che uomini “buoni” non nascono da antenati virtuosi, ma dal proprio cambiamento consapevole e responsabile, come possiamo cercare di fare ciascuno/a di noi; tutto può essere stimolo e risorsa, ma tocca a me, in prima persona, utilizzarlo per costruirmi una personalità robusta e consapevole… come ha fatto Gesù;

• Insegnare una dottrina basandosi sui miti delle origini è pericoloso, si rischia di costruire un “vuoto”: quando scopre che si tratta di metafore e miti, c’è chi finisce per non credere più a niente;

• Giuseppe non generò Gesù, ma la genealogia, in realtà, si interrompe con Giuseppe; viene evidenziata non la paternità biologica, ma quella adottiva…

Carla Galetto