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L’omosessualità nell'Antico e nel Nuovo Testamento

La Bibbia non presenta se stessa come un trattato dogmatico "sistematico", cioè non possiamo pensare di trovarci di fronte ad unico e preciso testo che può dare le risposte a tutte le problematiche della vita umana. Tra l'altro spesso la Bibbia riflette dei "valori morali" diversi dai nostri (pensiamo alla poligamia, la schiavitù, etc…) espressione del tempo in cui fu scritta. Detto questo sull’omosessualità possiamo individuare, nel testo biblico, davvero pochi brani che ne parlano esplicitamente. Vediamoli insieme.


 Per affrontare i brani che trattano di omosessualità e di omofobia nei due testamenti dobbiamo fare una serie di premesse indispensabili:

* la Bibbia non presenta se stessa come un trattato dogmatico "sistematico": non possiamo cioé pensare di trovarci di fronte ad una trattazione unica e precisa di alcune problematiche. Tra l'altro la cultura teologica ebraica si presenta come una continua riflessione e "ri-masticatura" di una serie di punti di riferimento importanti, mentre le è estranea una sorta di "fedeltà a-critica" a un testo sclerotizzato;

* la Bibbia ha dei "valori morali" diversi dai nostri: a questo proposito possiamo fare due esempi interessanti:  Genesi 16 - la nascita di Ismaele, nel quale noi vedremmo nell'atteggiamento di Abramo un adulterio, in quello di Sara una perversione e in quello di Agar una violenza carnale insopportabile, mentre la Scrittura non dimostra la nostra sensibilità - e 2Samuele 11-12 - adulterio e punizione di Davide e Bersabea: qui il castigo  di Davide cade sull'oggetto del suo peccato... il bebé! (sic!).

Detto questo, vi sono alcuni (pochi, in verità) brani che trattano esplicitamente il tema dell'omosessualità (in termini narrativi e/o normativi)

- Genesi 19,1-5: la condanna di Sodoma

- Levitico 18,22 e Levitico 20,13: il codice di santità e condanna a morte dei chi ha rapporti "innaturali"

- Deuteonomio 23,18: le prescrizioni relative all'impurità

- Romani 1,26-27: i peccati dei pagani

- 1Corinzi 6,9: il catalogo dei vizi

- 1Timoteo 1,10: altri cataloghi

Vi sono però anche almeno tre brani che possono essere indicati come descrizioni positive (o quantomeno neutrali) di possibili relazioni omosessuali:

- Rut 1,16-20: il rapporto tra Rut e la suocera Noemi, in cui, per dire che la nuora si "unisce" a Noemi si usano le stesse parole che in Genesi 2 viene descritto il rapporto tra uomo e donna (ebr. davak).

- L'amicizia tra Davide e Gionata, che si trova in molti episodi del "ciclo" di re Davide (1Samuele 18,1.4; 1Samuele 20,30 e 2Samuele 1,26); da notare che in questi brani il verbo "amare" che viene usato (l'ebriaco ‘ahav) indica anche l'amore erotico.

- Per quanto riguarda in Nuovo Testamento abbiamo soprattutto Matteo 8,5-13 e Luca 7,1-12: guarigione del servo del centurione romano. In questo caso si tratterebbe di una deduzione indiretta, che si basa sul fatto che i militari romani avevano spesso dei servitori-amanti. Il fatto che Gesù guarisca il servitore, nonostante la sua possibile omosessualità, indicherebbe che il Cristo non condanna (per lo meno esplicitamente).

La "censura biblica" dell'omosessualità suscita delle ovvie questioni, che però vanno approfondite nella loro complessità. Innanzitutto il fatto che alcuni racconti che generalmente vengono usati in tono moralista (pensiamo al termine "sodomia"), in realtà hanno una funzione aneddotica: in Genesi 19,1-5 ci troviamo davanti al racconto di un episodio probabilmente "eziologico" (che vuole cioè spiegare in maniera che noi definiremmo mitica l'origine di alcuni fenomeni osservabili: così Sodoma e Gomorra si trovano nel mar Morto, dove la vita non è possibile; in quest'area si trovano delle "statue" di sale, che potrebbero spiegare la sfortunata sorte della moglie di Lot).

Possiamo pensare realisticamente che la mentalità antica identifica la sterilità dell'area con una condanna divina, determinata da una peccato. Quale? Probabilmente quello della violazione della legge dell'ospitalità, attraverso l'abuso dell'ospite.
Indubbiamente qui violazione dell'ospitalità e abuso sessuale sono collegate, anche se altrettanto indubbiamente nascono in un contesto patriarcale ma non moralista generale (se continuiamo al leggere il racconto, notiamo che Lot offre le figlie in "dono" ai concittadini, e non sembra che questo sia visto come peccaminoso).

L'altro ampio filone di affermazioni censorie si trova nei libri del Levitico e del Deuteronomio, precisamente in Levitico 18,22, Levitico 20,13 e Deuteronomio 23,18.
In questi due libri (che hanno uno scopo molto diverso da quello della Genesi, dato che si pongono di inquadrare in una serie di norme giuridiche la vita d'Israele, soprattutto per quanto riguarda il suo comportamento nei confronti di Dio e del culto), le leggi contro l'omosessualità sono inserite in un contesto di "perversioni" sessuali e non di vario genere: rapporti con donne mestruate, adulterio, sacrifici umani, zoofilia. Non dobbiamo però dimenticare che queste regole nascono in un contesto specifico.

* La prima e principale peculiarità della cultura ebraica è quella del tema della contrapposizione purità-impurità. Questa alternativa non ha a che fare con i nostri valori che sono solo  apparentemente paralleli di "giusto-sbagliato" (opp. positivo-negativo, buono-cattivo ecc.), ma con una complessa visione della creazione, in cui vi sono delle cose che sono di per se "pure" (cioè che non si contrappongono al rapporto con Dio), altre "impure" (cioè che si contrappongono al rapporto con Dio) - altre ancora che rendono impure le persone che le incontrano.

Anche se nei prossimi articoli ritorneremo su questo problema, è importante ricordare che l'antitesi purità-impurità non è necessariamente un'alternativa morale: pensiamo al fatto che sono impuri molti animali, oppure i principali momenti di trapasso dell'esistenza umana,  come la nascita e la morte.
Un testo interessante (R.Girard, La violenza e il sacro) sostiene che l'antico ritiene impure e "di per sé" pericolose tutte le situazioni in cui il "principio di differenza" (tra umani, nella società, negli eventi naturali) viene violata.

* Altro aspetto che sicuramente ha influenzato la cultura ebraica è stato il confronto-scontro con il contesto cananeo dal quale gli ebrei erano circondati (e forse anche lievemente affascinati).

Per le popolazioni pagane palestinesi la religione pare incentrarsi nel culto della fertilità e del sesso (pensiamo all'immagine che la Bibbia ritiene esemplare dell'idoltatria: il vitello d'oro, con tutte le sue implicazioni anche evocative di carattere sessuale).

* Un terzo aspetto importante riguarda il contesto sociale biblico in cui queste leggi sono state elaborate, dove l'uomo (inteso come maschio) svolge un ruolo sociale e collettivo particolare (per esempio è vietata l'omosessualità maschile, non quella femminile... ma probabilmente non per apertura mentale, piuttosto per incapacità di considerare la donna come entità capace di concepire dei desideri di questo tipo.  Insomma il lesbismo non è vietano, non perché accettato, piuttosto perché inconcepibile).

* Ultima premessa, abbastanza ovvia, riguarda la discendenza. Anche se la procreazione non è elevata quasi ad idolo come lo sarà in molto cristianesimo, la continuazione del popolo di Israele è parte integrante della promessa divina, da far sì che un rapporto sessuale in una situazione in cui la nascita di un figlio (per l'Antico Testamento, possibilmente maschio) è impossibile sia condannabile (nella fattispecie rapporti con donne mestruate e zoofilia).

Poste queste premesse, non è molto facile trarre delle conclusioni "automatiche" rispetto a una posizione di condanna "biblica" (che sarebbe una condanna a morte dei gay!), se non altro per una scarsa chiarezza di principio: perché gli omosessuali sono condannabili e gli adulteri (eterosessuali e "normali") o coloro che leggono l'oroscopo no?

Il Nuovo Testamento si presenta come un'opera - in questo senso - molto diversa dall'Antico. Innanzitutto ha pochissime parti normative; in secondo luogo copre un periodo di riflessione molto più breve sotto il punto di vista temporale (un secolo circa, contro un migliaio d'anni del suo predecessore).

Detto questo, abbiamo tre riferimenti all'omosessualità: due nelle lettere di Paolo (Romani 1,26-27 e 1Corinzi 6,9) e uno nella letteratura cristiana subito successiva (1Timoteo 1,10).

- Romani 1,26-27 e 1Corinzi 6,9: troviamo due "cataloghi dei vizi" (come vengono definite dai tecnici questi "elenchi di peccati"), nei quali vengono presentati una serie di atteggiamenti immorali dai quali i cristiani si devono guardare.

Non dobbiamo però dimenticare che l'etica paolina non corrisponde direttamente alle nostre premesse "etiche",  innanzitutto è quella che viene definita l'etica della libertà. Uno degli "slogan" dell'apostolo è tutto è lecito, ma non tutto è utile... non tutto edifica (1Corinzi 6), e la sensazione che se ne deduce è che più che una visione etica "positivo-sistematica" (cosa fare, cosa non fare), qui venga proposta un'etica "congiunturale".
Qual'è l'effetto dei miei atti, sul prossimo e sulla comunità? Questo approccio paolino si distingue dal nostro per lo meno per il fatto che non prevede un peccato che mette in discussione il proprio destino privato ma, casomai, l'intreccio complesso di relazioni che si possono danneggiare e incrinare come conseguenza di una mia azione "peccaminosa".

In questa fase della storia della teologia cristiana non esiste (ancora?) il "buon cristiano", contrapposto al "cattivo cristiano": esiste piuttosto la persona che si deve confrontare con la sua realtà peccaminosa (che Paolo indica come la carne, senza però attribuirle quel valore sessuofobico che assumerà nei millenni successivi) redenta dal Cristo (la salvezza per grazia tramite la fede) in un'ottica di libertà e responsabilità (tutto è lecito... non tutto è utile).

Così possiamo spiegare anche altre regole "morali" di Romani e 1Corinzi e il loro collegamento con l'omosessualità.  Nel dettaglio:

Romani 1,26-27: nel grande tema del rapporto tra fede e legge (il giusto per fede vivrà..., 1,17), Paolo sottolinea il problema del disordine sessuale e culto delle immagini (possiamo notare che l'apostolo non usa il termine "tecnico" che indica l'immoralità sessuale, porneia): questi sono diventati la "cartina di tornasole" di questa conoscenza di Dio che l'umanità avrebbe dovuto avere, ma non ha avuto ed è comunque inescusabile di fronte alla Giustizia di Dio.

Per sostenere la sua idea, l'apostolo sottolinea due punti interessanti:

- la venerazione della creatura al posto del creatore (v.25), che si applica alle immagini, ma potrebbe portarci lontano se applicata al tema dei rapporti umani-affettivi

- l'irruzione del lesbismo nella discussione, che però non viene sviluppato (anche se non viene particolarmente stigmatizzato in quanto femminile);

1Corinzi 6,9: in questo caso l'argomentazione viene inquadrata nel grande tema dell'etica cristiana sotto il punto di vista dei rapporti che devono intercorrere fra membri della chiesa (con l'immagine paradossale ma radicale del processo tra cristiani, secondo il quale è meglio accettare un'ingiustizia che spezzare la comunione della chiesa).

Le affermazioni paoline sembrano quasi "rassegnate" rispetto alla situazione dei Corinti (al cap. 5) si era visto un caso di particolare l'immoralità nella chiesa). Da cui, abbiamo il catalogo dei vizi, che presenta un elenco quasi paradigmatico di quelli che sono considerate le perversioni tipiche (dall'avarizia all'avidità alla sodomia al pettegolezzo).

Un po' diverso è il discorso di 1Timoteo 1,10. Questa lettera è più tarda di una generazione circa rispetto alle precedenti, e rispecchia una situazione diversa nella storia della chiesa.
Nel cristianesimo ha cominciato a far irruzione l'eresia (probabilmente il periodo precedente della storia della chiesa era così fluido, da rendere anacronistico l'uso di questo termine per indicare differenze di interpretazione della fede in Gesù), che si inserisce nel dibattito e che si presenta come una rapporto particolare con la "Legge" (i vizi presentati in questo testo corrispondono alla visione dei 10 comandamenti, così come venivano presentati dal giudaismo dell'epoca). L'omosessualità viene inserita al momento del comandamento che riguarda l'adulterio.
Per riassumere, i riferimenti biblici al tema dell'omosessualità e di eventuali indicazioni pratiche nei confronti dei lettori successivi della Scrittura lasciano più porte aperte, di quanto forse ci potremmo aspettare.

La prospettiva veterotestamentaria è una prospettiva "narrativa" generale (come per Genesi), oppure che inquadra il tema omosessualità in una "morale" (ma il termine è impreciso) che tende a mantenere un tipo di società che si pone in un contesto conflittuale con un nemico culturalmente forte - presentandosi quindi, fatalmente, in forma polemica.

Il contatto-contrasto con le culture circostanti (basate sul ciclo agricolo e sui culti della fertilità) ha spinto l'ebraismo a differenziarsi dai cananei sotto molti aspetti (non solo circa la "morale sessuale", ma anche rispetto all'etica politica, per esempio.) e a radicalizzare alcuni preconcetti.

La prospettiva neotestamentaria deriva da quella dell'Antico, ma è ancor meno sistematica (si concentra il un periodo di tempo abbastanza breve e tende a rispondere a domande esterne, non a proporre idee originali).
Solo nei testi tardivi (per ex. 1Timoteo) si cominciano a delineare (forse) posizioni articolate "cristiane". Rimane però il perenne dilemma rispetto a Gesù: cos'è venuto a fare sulla terra e in che rapporto si pone la chiesa che l'ha seguito?

Se si tende a vederlo come un "annunciatore" di un "nuovo ordine", allora si tenderà a perderne alcune affermazioni (per es. "io non sono venuto per abolire la legge, ma per compierla") come indicazioni precise. Se lo vede di più come il rivelatore di un volto di Dio misericordioso, forse prenderà le sue parole come la rivelazione di un modo di vivere meno legato ad ogni preconcetto culturale ("il sabato è fatto per l'uomo, non vice versa").
Gregorio Plescan
fonte: Bollettino Refo, n.5 del 1999