torna all' indice


A 21 anni dal primo Gay Pride a Torino

Un papa provocante apparve a S. Francicsco

Quanto sta succedendo in questi giorni attorno al Worid Gay Pride non può non portarmi a pensare al lontano 28 giugno 1980. Lo scenario è Torino, via Garibaldi, è da lì, alle 6 del pomeriggio, che parte il primo Gay Pride italiano, organizzato dal F.U.O.R.I.

Certo non era un raduno internazionale, ma il primo in Italia, e sicuramente il più importante nella storia del movimento omosessuale italiano; uno degli avvenimenti altrettanto significativi della mia vita. Non solo perché in quel momento ero impegnato politicamente, ma anche per il senso che ha avuto quella giornata e poi semplicemente per una questione emozionale, in particolare credo che nessuno dei partecipanti o spettatori di quella sfilata possa dimenticare una scena, che forse non si ripeterà mai: a un certo punto abbiamo visto affacciarsi da una finestra, al primo piano, una vecchietta con un fascio di garofani in mano che ha cominciato a lanciarli verso tutti noi partecipanti.

Cosa è successo-cambiato da allora? Tante cose. Niente.

Credo si possa tranquillamente affermare che da quel momento «l'evento più importante» per la comunità omosessuale italiana sia la schizofrenia della «politica», cui tutti gli italiani, non solo omosessuali hanno assistito. Dicevo, non mi occupo più politicamente della questione omosessuale, e forse per questo non mi ha fatto piacere vedere le aperture di quasi tutti i giornali sulla questione Gay Pride, anzi mi ha confermato un certo fastidio che da anni mi porto dietro-dentro.

A dispetto di alcuni che sono «impegnati politicamente» e che hanno gioito nel veder «sbattuto il mostro in prima pagina», tutto questo non lo leggo così diverso da «la polizia indaga nei torbidi ambienti omosessuali» o «pedofilo-gay», frasi che tutti continuiamo a contestare. Quel fastìdio nel sentir parlare sempre e tutti di «società civile, solidarietà, democrazia, rispetto, amore»; tante parole per non dire nulla, per fare niente (o quasi) perché l'Italia fosse quel che tutti vorremmo e invece ecco, sotto gli occhi di tutti, ciò che oggi ci ritroviamo.

E a quanti parlano di provocazione nell'organizzare il Gay Pride a Roma nell'anno del Giubileo, sicuramente tant'è, ma nessuno ricorda più che una delle prime «uscite» contro i gay il nostro papa andò a farla proprio a San Francisco, fu un caso o una provocazione anche quella? Per fortuna c'è chi come Monsignor Bettazzi s'indigna per il clamore vaticano sulla sfilata dei gay e non per quella del 4 giugno, parata militare che ostentava le armi che vendiamo a quei paesi che calpestano tutti i giorni i più elementari diritti civili; sarà che l'Italia non ha compiuto il processo di crescita democratica, o che ha un'idea un po' speciale dei «diritti civili», o forse che a qualcuno, tanti, fa più paura il modo in cui certe persone fanno l'amore, con chi lo fanno, che una stupida guerra lontana, o vicina, proprio alle nostre porte?

Certo quello che sta succedendo qualcosa di interessante lo produce; qualche bara si è scoperta, ci ha fatto capire un po' meglio chi da che parte stia, ma ahimè per qualcuno sono dovuti passare 21 anni per scandalizzarsi.

Dov'erano, dove eravamo, durante tutto questo tempo? Dov'era «la sinistra» che oggi impunemente inorridisce? Che fine hanno fatto le grandi origini laiche? Come mai tanti lunghi e inopportuni silenzi, si aspettava quell'inopportuno atteggiamento di Amato? Che cosa faceva la sinistra quando Amato propagandava le stesse identiche tesi sull'aborto? Nel frattempo andava in udienza in Vaticano con moglie e prole, o accettava i compromessi con quel centro con cui era alleata e quindi «di questo non si parla, e tantomeno si fa», tanto poi capitava che «qualche» sindaco prendeva un «consigliere per le questioni omosessuali» (tutti sanno che è servito a niente) e un rappresentante omosessuale al ministero per le pari opportunità alla fine lo avrebbero messo, no? Tutto lodevole, pur di contenere-mantenere gli equilibri?

Laicità è altro, si diceva; è ricchezza del pluralismo, è rispetto di tutte le posizioni e della nostra Costituzione. Forse qualcosa non ha funzionato? Ecco i risultati. Magari sarebbe stato opportuno che in tutti questi anni «qualcuno» avesse parlato-fatto; forse i giornali avrebbero trovato altro su cui aprire, se alcune proposte di legge, ferme da anni in Parlamento (non m'interessa sposarmi, vorrei solo aver chiaro di poter esistere come chiunque) fossero state discusse-approvate. Amato probabilmente avrebbe espresso lo stesso quell' «inopportuno», ma forse ci pensava due volte prima di farlo; le leggi non basta presentarle-proporle, per mettersi la coscienza a posto, non ci si può proprio aspettare un'iniziativa dell'opposizione o magari della chiesa per certe leggi, e poi cosa ci sta a fare «la sinistra» in Parlamento e negli ultimi anni anche al Governo se non ha concretezza su quanto fa finta di dire da anni, se non attua quei provvedimenti che la identificano come sinistra di Governo e non già metafisico-surreale surrogato di tanto insopportabile doroteismo-andreottismo?

No, non voglio affermare che proprio niente si sia fatto, ma, mi ripeterò sino alla nausea, è da anni che lo dico, quello cui stiamo assistendo è il risultato di quanto «nessuno» ha fatto.

Nel frattempo, in quest'Italia schizofrenica è comunque andato avanti una sorta di Movimento Omosessuale, sono nati luoghi d'incontro, importanti librerie, da 15 anni esiste un Festìval, da me diretto, che ha dato visibilità a tanto materiale opportuno, fra i più recenti quel Paragraph 175 che l'intero parlamento italiano in seduta congiunta avrebbe bisogno di vedere, per poi «obbligare» la tv di stato a programmarlo in prima serata, magari al posto di qualche tribuna elettorale o di qualche varietà.

Già, sono passati 15 anni da quando quell'inopportuno assessore alla cultura, socialista, del comune di Torino, accettò la proposta mia e di Ottavio, di un festival del cinema gay/lesbico, (quello comunista nei due anni precedenti non ci aveva nemmeno degnato di risposta) ma sono stati 15 anni di battaglie sempre portate avanti con tenacia, con orgoglio, con le gioiose collaborazioni di vari enti culturali e di quanti volontariamente ci hanno lavorato, ma soprattutto grazie ai contributi importantissimi degli enti locali e da un po' anche dal ministero dei Beni culturali.

Ma tutt'intorno sempre quell'alone di «tolleranza», mai, a tutt'oggi, un decisivo segnale, da nessuna direziono; negli ultimi anni in Piemonte, Torino e provincia, abbiamo avuto sia giunte di centro-destra che centro-sinistra e, a parte singole eccezioni, il festival è «osannato» dagli uni e dagli altri, ma mai nel modo, o con i fatti consequenziali alle parole, di cui realmente avrebbe bisogno. E, come dire, di prove ne abbiamo superate, e, a quanto si dice, quasi sempre positivamente.

Ho passato tutti questi anni a disposizione di quella laicità che ho visto poco rispettata, e a volte sono sopraffatto dal privilegio di pensare «chi se ne frega di questo Gay Pride», della laicità, di questi laici, della democrazia, di questi democratici, ma ogni tanto qualche rigurgito torna, il senso «politico» di una battaglia inesausta, cui la vita non ha concesso soste ne sconti, e m'interrogo, e devo dire che le risposte che altri danno per me mi addolorano; e trovo umiliante per tutti che un parlamento, un governo abbia perso tempo, energie, per discutere dell'opportunità di una manifestazione anziché per cose più urgenti e importanti, ad esempio la legge sulle coppie di fatto, i patti di solidarietà Civile e quant'altro...

Chiaramente 1'8 luglio ci sarò! Mi chiedo però ancora se i tanti che hanno condiviso con me quegli anni formidabili, e che ci hanno lasciato tentennano stupefatti e offesi e fanno i loro Gay Pride in un luogo dove la giustizia non soffre offese, dove nessuno alza fili spinati, dove non c'è Ferdinando Casini e dove amo pensare organizzino tanti bei festival di cinema a tematica eterosessuale, che magari la critica persino snobba un po ...

Giovanni Minerba (direttore del Festival del Cinema Gay/Lesbico di Torino - Da Sodoma a Hollywood)