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Gli atteggiamenti di Gesù
di fr. Arturo Paoli 

16 ottobre 2002 (incontro organizzato dal gruppo di gay e lesbiche credenti "Nuova Proposta" di Roma)

(testo non rivisto dall'autore)

Grazie per l'invito a stare con voi anche quest'anno. Per ognuno di noi l'obiettivo fondamentale è quello di evangelizzare cioè di annunciare la Parola di Dio, soprattutto cercando di procurare attraverso forme di amicizia, che questa Parola di Dio non sia solamente diretta all'anima, ma sia diretta alla persona, cioè al raggiungimento della sua dignità, della sua pienezza, del suo essere reale. Infatti noi abbiamo iniziato in Brasile tutta una serie di attività che hanno come base, come punto di vista, non tanto una formazione direi prettamente religiosa, ma una formazione umana in cui effettivamente entra la religione, entra la fede. Noi pensiamo che la fede possa contribuire, ma non necessariamente contribuisce, allo sviluppo della persona perché molte volte, come dire, è trasmessa superficialmente come legge, come dottrina, piuttosto che come vita.

Allora stasera vorrei un po' parlarvi di una trasformazione che sta avvenendo nella nostra cultura, nella nostra civiltà e anche necessariamente nella visione religiosa cattolica, cristiana in generale. Qui stiamo in un ambiente cristiano non esattamente cattolico, ma dobbiamo oggi sentire che la base, il fondamento comune è Gesù. Se voi andate in libreria vi colpirà l'attenzione un libro che ha sulla copertina, la figura, strana, direi insolita, di due piedi scalzi intrecciati. Allora uno si domanda se questo libro è un libro che parla di calli, se parla di piedi. Ma se fate attenzione vi accorgerete che l'autore è un filosofo, uno dei filosofi più quotati oggi che abbia l'Italia: Salvatore Natoli. Il titolo di questo libro è "Essere nel mondo", che è un titolo che arieggia ad una espressione che è di Husser, cioè di uno dei fondatori di questa nuova corrente filosofica.

E perché i piedi? Certamente questo filosofo ha accettato, ha voluto, forse ha scelto questa copertina che è significativa. Significativa perché rappresenta una rivoluzione. Sapete, qualcuno forse di voi che ha studiato un po' di filosofia sa che tutti i libri di filosofia fino a poco tempo fa, soprattutto la filosofia occidentale, partivano dal problema della conoscenza, quindi dal problema della testa, perché si conosce attraverso il pensiero, attraverso la mente. Direi che quello che unisce tutti i libri di filosofia è la domanda che cosa è la filosofia.

La filosofia è il problema del conoscere. Il conoscere intellettualmente. Conoscere razionalmente.
Oggi c'è stata una vera rivoluzione che è stata prima la fine della filosofia, un arresto, una dichiarazione di impotenza, di insufficienza. Questa è avvenuta dopo la guerra del '40, soprattutto dopo Auschwitz. Auschwitz, sapete, è stata una grande crisi per l'Europa, crisi molto importante che ha dato soprattutto questo frutto: non siamo stati capaci di creare una civiltà pacifica, una civiltà fraterna, una civiltà giusta. E quindi i filosofi hanno detto che era inutile continuare, basta. Soprattutto un teologo tedesco che a nome di tutti ha detto: "Basta pensare, basta scrivere perché non siamo riusciti ad indirizzare l'uomo sulle vie della vera civiltà", poiché l'uomo non sa stare senza filosofare, è la nostra vita. Da lì è nata una corrente (scusate se vi faccio questa introduzione ma serve per arrivare poi a qualcosa di pratico, di concreto) che fa capo a Husser e ha come segno caratterizzante "essere nel mondo". Quindi non partire più

dal pensiero, evidentemente per essere nel mondo bisogna anche pensare, ma praticamente non si parte dal pensiero, dalla conoscenza, perché praticamente questa corrente filosofica che ha attraversato secoli, che viene dal mondo greco, ha dato origine a delle idee astratte, a delle idee lontane. Ha creato anche, perché ha avuto una influenza molto forte sul cristianesimo, soprattutto per opera di Agostino, che come sapete è un seguace di Platone. Praticamente tutta la spiritualità cristiana è stata improntata da questo pensiero che ha visto l'anima dell'uomo, che considera tutte le sue relazioni spirituali, interiori e non ha praticamente considerato il corpo.

Ecco allora questi piedi. Finalmente questi piedi. Finalmente bisogna pensare che l'uomo non è un essere spirituale, ma l'uomo è un essere corporeo, materiale, legato alla terra, legato alle cose, in relazione, in relazione con le cose, in relazione con gli altri. Praticamente non esiste più una individualità così assoluta come è stata marcata dalla filosofia del passato, ma l'uomo si considera come un essere che è dentro le cose, che è dentro gli altri, che sta con gli altri, un essere che è essenzialmente alterità. Questo è un concetto che oggi ormai si sta avanzando, si sta facendo strada. Se vi piace questo genere di letture potete leggere un libro di Galimberti intitolato "Il corpo". L'autore fa vedere giustamente come l'uomo non si possa considerare unicamente come uno spirito, ma si debba considerare come una unità: un corpo, un essere fisico che pensa, che si relaziona, che ama, che ha delle responsabilità verso gli altri. E questo porterà certamente, chissà quando, c'è da sperarlo, delle conseguenze nella Chiesa, nella teologia, nella concezione dell'uomo come una persona che ha responsabilità verso gli altri. Quindi mentre la Chiesa ha sempre considerato l'uomo come uno spirito, come un'anima, evidentemente non si è mai dimenticato che aveva un corpo, e non poteva dimenticarlo, però tutte le esigenze, tutte le sue responsabilità sono state concentrate sull'anima. Quindi la sua vita era unicamente obbedienza alla legge, obbedienza ai comandamenti, e come sapete tutta la sua realtà fisica è stata sempre poco o nulla considerata. Per cui vedete che nella Chiesa poi sorgono improvvisamente delle risposte umane che non sono certamente equilibrate. È dovuto a questo fatto che il corpo non è mai stato assunto e quando parlo del corpo non voglio dire unicamente l'affettività, il sesso, ma anche l'economia, la politica, le relazioni umane, tutto quello che costituisce la nostra vita terrena. È stata molto, molto trascurata, per cui ci troviamo oggi davanti ad una Chiesa che ha una morale, ma non ha un'etica, non ha un'etica. Perché etica vuol dire comportamento, vuol dire vedere proprio questo essere nel mondo. Vedere tutte le conseguenze che ci vengono dal fatto di essere con gli altri, di essere in relazione con le cose, quindi con l'economia, con la politica, ecc.
E questa visione è destinata ad entrare, come vi dicevo, molto fortemente, direttamente nella nostra vita, nella concezione spirituale. Per cui ad un certo punto, pensavo in questo giorni per esempio alle canonizzazioni, a certe in particolare, quella di Pio IX, a quella di Escrivà de Balaguer di domenica scorsa, che praticamente sono fatte in base a questa cultura vorrei dire spiritualista, che in fondo è schizofrenica: cioè considerare queste persone dal solo punto di vista della vita dell'anima. Sono persone che pregano, persone che obbediscono alla legge, persone che hanno certamente una purezza di vita. Ma poi nei loro comportamenti umani, nelle loro relazioni umane, possono essere delle persone assolutamente squilibrate o per lo meno, forse è troppo forte la parola squilibrate, persone che non vivono in armonia, che fanno delle scelte, che hanno delle forme di vita, che praticamente non corrispondono diciamo a questa legge, non corrispondono alla loro devozione, alla loro fede.Se c'è una certa incapacità di accogliere e di capire certe apparenti trasgressioni alla legge è perché non si vede la persona con gli altri. Non so se mi spiego. Non si vede la persona con le cose. Quindi un punto di vista che permetta, che faccia capire come certe trasgressioni alla legge, certi comportamenti che trasgrediscono la legge praticamente sono recuperabili, sono comprensibili e sono addirittura non dico solamente accettabili, ma direi probabili in quanto entrano in un'etica che è molto più importante della obbedienza alla legge. Questa etica è definita sempre dal filosofo che citavo prima "stare nel mondo".

E quindi la prima cosa alla quale dobbiamo pensare, che deve essere il nostro ideale, è vedere se noi stiamo nel mondo come elementi positivi e come fattori di pace, e come fattori di armonia, oppure se stiamo nel mondo come persone, vorrei dire, che introducono disarmonia, che introducono confusione, che introducono elementi negativi nella storia. Perché, vedete in una visione dell'uomo come anima, dell'uomo come pensiero che è stata tutta la visione della nostra visione occidentale, non solamente religiosa, ma filosofica e anche nella vita pratica quando l'uomo si vede come individuo, un essere solo, staccato, completo in sé evidentemente si chiede a lui che risponda unicamente all'obbedienza alla legge. Come obbedienza alla legge. Dal momento che invece si vede l'uomo nella sua realtà vera che è una realtà relazionale con gli altri e sappiamo che tutto quello che noi facciamo privatamente influisce sulla storia, influisce nella storia, crea armonia o crea disordine, crea vita o crea morte. Insomma allora la visione del nostro comportamento non può essere più ristretta unicamente a obbedisco alla legge o non obbedisco alla legge, ma deve essere vista in una visione molto più ampia, più completa, molto più importante. Perché io non sono un individuo che sono religioso se obbedisco o non obbedisco, ma sono una persona che gioca, che sta dentro questo complesso che è l'umanità, che è la storia della quale noi tutti facciamo parte, della quale tutti noi siamo responsabili e che giustamente noi con il nostro comportamento personale entriamo in questo cammino per cui o facciamo avanzare la storia verso il bene, verso la giustizia, verso la fraternità, oppure la facciamo avanzare verso il male, verso il negativo, quindi siamo responsabili di tutti quelli che soffrono la fame, responsabili delle guerre, responsabili di tutto il negativo che avviene nel mondo. E quindi evidentemente questo cambiamento di cultura farà si che l'attenzione all'uomo, l'attenzione al suo comportamento sarà in base a questo suo essere nella storia. Sarà una persona che infonde bene, che irradia forze positive o sarà una persona che irradia forze negative. Indipendentemente poi da certi atteggiamenti morali. Si sposta quindi completamente il centro di attenzione dell'agire della persona, perché si entra in una visione molto più generale, molto più vasta, molto più importante, molto più ampia.

E guardate che tutto questo era accennato come profezia nel Concilio Ecumenico Vaticano II. E lì si diceva che il centro della predicazione di Gesù non era morale, ma il centro della predicazione di Gesù è il Regno di Dio. Questa trasformazione della società umana che è una società in conflitto permanente, in lotta permanente, in guerra permanente, in una società fraterna, in una società giusta, in una società dove la gente si ama. Per questo che ho fatto la prefazione ad un libro, uscito la settimana scorsa, un piccolo libro che si legge in poche ore e che è un libro di un teologo belga, mio amico e con gli stessi miei anni di Brasile, intitolato da lui "Una nuova alba, una nuova aurora?". Mentre l'editore italiano molto opportunamente l'ha intitolato: "Prima la Chiesa e poi l'uomo". Ed ha come sottotitolo "Una analisi del pontificato di Giovanni Paolo II" che invece di seguire con fedeltà il Concilio, ha esasperato invece l'aspetto istituzionale. Come gli ebrei del resto. Se voi leggere il Vangelo vi troverete davanti ad una lotta permanente fra Gesù e i farisei, fra Gesù e il tempio, fra Gesù e i sacerdoti. Che senso ha questa lotta, che cosa vuol dire questa antitesi profonda? Che Gesù direi non ha come obiettivo la legge evidentemente non predica la trasgressione della legge, ma il suo obiettivo è la giustizia, è la convivenza pacifica, è la pienezza di vita dell'uomo, che l'uomo trovi la sua ragione di vivere, che si senta bene nel mondo, che si senta che si sta realizzando, che raggiunge la sua identità vera. E invece i sacerdoti vedono l'uomo in base all'osservanza della legge. E questo avviene anche oggi. Avviene una concezione della vita religiosa e della vita come il pegno dell'uomo, come responsabilità dell'uomo a far in modo che la società sia più umana, più pacifica e che lui stesso trovi dentro questa società la sua pace interiore star bene nel mondo, star bene nella sua pelle. E questa è la finalità per la quale Dio ci ha creati. Dio non ci ha creati unicamente per andare in cielo e stare male sulla terra il più possibile fra tutti i disastri che si possano immaginare. No, no, no. Dio ci ha creati per stare bene qua, stare bene con gli altri, bene con il mondo. E questo è molto importante. E questo si realizza unicamente quando noi ci preoccupiamo degli altri. Penso tante volte quando mi dicono: "Ah tanti sacrifici, ecc.".

Io sono un uomo felice perché ho scelto i poveri, ho scelto di stare con loro. Allora evidentemente se mi chiedete cosa faccio, vi rispondo che non mi posso vantare. Quello che facciamo è sempre una goccia d'acqua dolce nel mare. Però lì ho trovato l'impostazione della vita mia in mezzo agli altri che mi dà, non so se dire la soddisfazione, la gioia soprattutto di poter contribuire a che l'umanità faccia un piccolissimo passo, un millimetro, verso la giustizia e la pace. Non so se sono riuscito a farmi capire, ma sicuramente vi invito a fare domande che serviranno. Perché vedete noi condanniamo le persone dicendo che sono contro la legge e Gesù invece ha proprio preso come esempi persone che vivono contro la legge. Perché? Non perché approvi la trasgressione della legge, ma perché ha colto in queste persone dei valori, come dice al fariseo, al romano, alla donna cananea: "La tua fede ti ha salvato", la tua fede. Quella persona è riuscita a trovare in sé questa forza che la fa vivere bene, che la fa essere un evento positivo.



Domanda sul comportamento "trasgressivo" di Gesù

Vedete in questo libro di Galimberti è molto chiaro quello che lui dice a questo proposito. Praticamente quello che è deviazione, quello che lui chiama anche perversione è quando si compiono degli atti senza amore. Questa è la perversione vera. È quando la relazione con la persona, la relazione con l'altro, qualunque essa sia è una relazione senza amore. Questi giorni non so se avete seguito quel delitto così orribile a Brescia dove si vede che questi ragazzi hanno una relazione con la donna come oggetto, come un oggetto unicamente. Quindi si può anche uccidere, si può anche usare completamente perché praticamente la mancanza di amore è quella che introduce nel mondo delle forze negative. Invece l'amore è quello che introduce nel mondo delle forze positive. Insomma quello che è importante oggi è quella visione che ci fa uscire dalla nostra problematica individuale, bisogna uscirne. Nessuno deve rimanere chiuso dentro la sua piccola storia, la sua piccola problematica e pensare fa bene, fa male. Perché questo è sbagliato. Perché noi non esistiamo come individui, esistiamo dentro un complesso, esistiamo come responsabilità. Quindi ognuno di noi qualunque esso sia, qualunque sia la sua cultura, il suo sesso, ognuno di noi deve rispondere di questa responsabilità che lo supera, che va fuori dal suo io. Per quello io penso che quando Gesù mette al centro il Regno, il Regno di Dio, libera l'uomo anche dalla sua tematica, anche dalle sue sofferenza personali, anche dal suo individualismo, ecc.

E lo getta in un campo molto più vasto, molto più importante, dove lui naturalmente è sempre con la propria soggettività, con i suoi problemi, ma deve sempre pensare a più in là, a più avanti. Per cui invece di pensare unicamente a se stessi, io devo in qualunque condizione, in tutti i miei rapporti, non solamente rapporti strettamente erotici, ma anche nei rapporti economici, nei rapporti politici, sempre essere guidato dall'amore. Guidato dal tentare questa scelta: fa bene agli altri o non fa bene agli altri, aiuta il mondo a crescere o non aiuta il mondo a crescere. A crescere nel senso della giustizia, dello star meglio, a crescere positivamente. Perché Dio ha affidato a noi la creazione, la società. La società è unicamente, esclusivamente opera sua: opera dell'uomo. Infatti sono entrato nella polemica che si è svolta diversi mesi fa sul quotidiano "La Repubblica" dove si parlava "Agire come se Dio non fosse". E qualcuno era scandalizzato da questa cosa. Ma è vera questa cosa. Noi nel mondo siamo pienamente responsabili. Non posso dire: "Dio faccia la pace", perché sono io che devo fare la pace, che Dio mandi la giustizia. È una bestemmia dire che Dio mandi il pane a tutti quei bambini che muoiono di fame. È una bestemmia perché c'è la Provvidenza nel mondo, ma siamo noi che dobbiamo distribuire. La distribuzione dei beni è nelle nostre mani. Non posso non sentire orrore nel vedere questo ragazzo che uccide questa ragazza, o quello che ammazza il padre o la madre, oppure le guerre. Io sono responsabile. Mi devo chiedere: "Io metto nel mondo dinamiche di amore o metto nel mondo dinamiche di separazione, di odio di disprezzo, di egoismo?". Questa è la domanda che mi devo fare. Non devo domandarmi "obbedisco a questa legge o a quest'altra legge". Questa è una legge molto più ampia, molto più vasta, perché altrimenti cadiamo nella dinamica: uno si sente inferiore o superiore. Bisogna accettarsi come siamo, perché tutti noi, tutti noi possiamo mettere nel mondo dinamiche di amore, tutti noi. Tutti.


Domanda: Mi piace molto questo concetto dell'uomo che porta vita. Una cosa che mi sto domandando da un po' di tempo è: come si educa alla responsabilità? Come si resuscita il senso nell'uomo? Anche la Chiesa usa la regola rispetto al senso di responsabilità.

Domanda: Volevo dei chiarimenti sul brano del vangelo di domenica scorsa. Sono innamorato della figura di Gesù, un Gesù di amore, profeta dell'amore, ma talvolta mi imbatto in questa figura diversa. Dalla parabola dell'invito a nozze viene fuori un Gesù duro, dai modi bruschi.

Domanda: Tante volte noi omosessuali abbiamo questo problema con la fede. Si può o non si può. Penso giustamente questo che hai indicato, superare il discorso della morale per cercare una etica. Molto più globale per guarire noi stessi, per aprirci. E vedere questi documenti anche nuovi che anche condannano e fare questo passo per uscire dalla dimensione della legge morale che abbiamo e dare un aiuto etico alla società, un contributo cattolico.

Allora come educare alla responsabilità? Questo è un problema aperto. Cerco di diffondere questa idea. Ci sono oggi dei libri, c'è un libro enorme di Jonas che è un filosofo ebreo morto in America circa dieci anni fa intitolato "Responsabilità". C'è un piccolo libro che vi consiglierei, si legge molto facilmente che è di un teologo italiano che si chiama Carmine Di Sante che è intitolato "Responsabilità". Molto bello. Fa vedere giustamente questa cosa: che l'uomo è responsabile delle cose. Oggi effettivamente per i giovani questo è un problema molto difficile, ma non bisogna disperare. È molto difficile perché tutta la società consumistica cerca di togliere, di sradicare l'idea della responsabilità. L'uomo deve accettare quello che viene, vivere giornalmente la produzione che aumenta, i godimenti che sono molto facili, ecc. È più facile in un ambiente povero, un ambiente non così opulento come il nostro. Però bisogna educarsi. Penso che oggi ci sia un cambiamento nella nostra cultura. Questo aiuterà la nostra cultura certamente. La nostra cultura passa proprio dall'individualismo all'alterità. Oggi è molto forte questo concetto. Specialmente in certi paesi. Viene in dicembre in Italia uno dei più famosi sociologi Paulckner che ha quasi la mia età, ed è un polacco che ha sempre lavorato in Inghilterra. Lui è uno dei fautori di questa responsabilità. Insiste che la società è opera nostra, che noi non possiamo inorridirci davanti alle stragi che succedono, alle guerre, perché noi siamo responsabili. Responsabili. Responsabilità vuol dire vivere con questa idea che devo cercare attraverso le mie azioni, attraverso la mia vita di infondere l'amore, di infondere la giustizia.


Sulla parabola.

I preti che la spiegano non sono attenti a quello che dice la parabola. Perché giustamente Gesù dice che questo signore organizza questo grande banchetto. E mandò a invitare i suoi pari, i principi, gli aristocratici, i capi di stato, come ha fatto Berlusconi quando è stato invitato in Spagna per un matrimonio. Lo stesso ha fatto questo signore. Ma è successo che gli invitati non ci sono voluti andare. Allora lui dice ormai il banchetto è pronto. Quindi manda i servitori a chiamare i barboni, i poveri, quelli che si trovano per la strada. Portateli dentro al mio banchetto, che vengano loro a mangiare. Che cosa succede: naturalmente questi barboni entrano nella sala e i servi mostrano loro le docce, il barbiere, il guardaroba. Entri lì le faranno i capelli, la laveranno, le daranno un bel vestito bianco della casa. Tutti ben vestiti, tutti che sembrano dei gran principi. Allora che succede. C'è un signore fuori ben vestito, rasato, che vede quel banchetto e dice che bella occasione, potrei andare anche io. Entra dentro e gli dicono: "Signore là ci sono le docce". Ma come mi sono lavato oggi, non ne ho bisogno. Lì c'è il barbiere, ma come mi sono rasato stamane. Lì c'è il guardaroba, e lui "ma come non vedi come sono ben vestito". Allora entra dentro. Lui è il solo che non è uguale agli altri, che non ha accettato l'uguaglianza, che vuol fare capire che lui è diverso, che lui è superiore. È bellissima questa parabola. Cioè il principio di Gesù: quelli che confidavano in sé, quelli che non sentivano il bisogno della misericordia, per quelli che non sentono il bisogno di vestirsi"".

L'interpretazione dell'abito della grazia, dell'abito della purezza è una interpretazione greca. Non è ebraica, non è di Gesù. Gesù non vuol dire questo. Gesù vuol dire quelli che si credono"..

Il grande ostacolo che si trova sempre davanti è: che bisogno ho io di te, io sono già buono, io osservo già la legge, io pago la decima, io osservo il sabato. Allora che ci stai a fare tu? Quelli vengono esclusi, perché confidano in se stessi. Quelli invece che si sentono come la samaritana, come il figliol prodigo che ad un certo punto si chiede come sono sporco, ho bisogno di chiedere perdono a mio padre. Questi sono salvati. Quelli che si sentono di avere bisogno della misericordia di Dio. Questa è l'interpretazione della parabola. Solo che questa idea della grazia predicata nel nostro contesto sembra che ci voglia questa assoluta purezza. No, ci vuole soprattutto invece questa fiducia nella misericordia. Questo vuole dirci Gesù. Infatti incontra per la strada continuamente peccatori, fa immediatamente amicizia con loro, invece i farisei, i dottori della legge, quelli che dicono no, no, io so già.