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Dopo l’incontro con la CdB di via Città di Gap… – CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli

Dopo l’incontro con la CdB di via Città di Gap…

Domenica 25 febbraio 2018 si è svolto l’incontro tra le due CdB di Pinerolo: il primo dopo quattro anni dalla “separazione”. Come preannunciato sul Foglio CdB di marzo, riportiamo ora alcune riflessioni in margine a questo incontro.

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Nell’incontro di domenica 25 febbraio, secondo la nostra impressione, si sono sostanzialmente riconfermate le modalità di intendere pratiche e funzioni che riguardano la vita della comunità.

Celebrazione eucaristica, ruoli e incarichi, pastoralità e accoglienza rappresentano al momento uno scoglio che non permette di andare oltre un reciproco rispetto.

Il nostro augurio è che col tempo, e mettendo più al centro il Vangelo di Gesù e le sue pratiche di vita e di relazione, si possa andare più in là. E’ anche una nostra speranza.

Domenico e Antonella

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Quando voglio andare a fare una camminata so che posso farla da sola, cercare un amico o un’amica e proporgliela oppure aggregarmi ad un gruppo ed organizzare e/o partecipare insieme alla gita. E’ questa la metafora che mi è venuta in mente quando ho pensato alla comunità di base a cui partecipo e alla mia idea di comunità in generale.

Sono vicina a compiere 65 anni ed è da 15 anni circa che mi interrogo sulle “verità” che la religione, nella quale sono nata e stata introdotta, mi ha proposto e imposto.

La mia vita, i miei cammini sono le esperienze, i tentativi, gli incontri, le relazioni, studi e ricerche, confronti ed ancora scelte, dubbi, scoperte, novità e tradizione e molto di più.

Ho camminato in solitudine ed in compagnia; compagnia che nel tempo è diventata sempre più selezionata ed affine al mio modo di cercare ed organizzare.

Dovendo fare i conti con la vita di tutti i giorni (come tutte/i) ho scelto un “luogo”, uno “spazio” il più rispondente possibile alle mie esigenze. In quella dimensione ricevevo e donavo quanto desideravo senza obblighi né costrizioni.

Riconoscevo e riconosco che ognuno/a di noi in comunità vive come me gli impegni, le proposte, la partecipazione, e ho a cuore ognuno ed ognuna di noi e, nel tempo, ho compreso meglio il mio “stare in compagnia” di donne e uomini né migliori né peggiori di me. Forse dall’educazione ricevuta avevo l’idea della “piramide” nelle relazioni umane, ma nel tempo, e aiutata, ho conosciuto ed apprezzato me stessa alla pari degli altri e delle altre.

Il luogo privilegiato di questo lavoro è stata indubbiamente la comunità e le relazioni interne ad essa.

La realtà comunitaria nella quale vivo ha la capacità di accogliere le mie esigenze di approfondimento e ricerca nell’ambito dei testi biblici che la tradizione religiosa nella quale sono nata mi propone. Con l’impegno ed i collegamenti delle mie compagne e dei miei compagni di “viaggio” sono continuamente stimolata e sostenuta e… ci sto bene.

La comunità è frequentata da un numero esiguo di persone, ma il mio personale interesse non è quello di ampliarne il numero. Ognuno ed ognuna di noi ha relazioni, impegni ed interessi personali diversi e chi si avvicina, chi contattiamo, è a conoscenza della nostra partecipazione ad una comunità di persone in ricerca, di studio e pratica di un cammino spirituale.

Il lavoro e lo studio di molti anni ci fa parlare in un linguaggio che forse non è così conosciuto a molte persone ma, se l’interesse di qualcuno ci interpellasse, sono sicura che saremmo in grado di accogliere chiunque e prendercene cura.

Mi chiedo se ci sono dei rapporti di forza, all’interno della comunità, che inibiscano, limitino o creino prevaricazione e la mia risposta è: certamente NO!

Riconosco a ciascuna e ciascuno di noi un “posto” suo, una sua propria peculiarità e mi sento serena nell’affrontare delle incombenze di studio e di organizzazione, perchè mi fido dei miei compagni e delle mie compagne. E’ una fiducia reciproca, messa alla prova e consolidata negli anni. Credo che in tutte le organizzazioni umane l’aspetto della fiducia reciproca sia la base di ogni esperienza, di ogni impresa.

Cosa desidero per il futuro della comunità? Che continui ad essere per me il luogo privilegiato nel quale vivere la bellezza e l’inquietudine della mia spiritualità, continuando a “starci bene”!

L’età media in comunità è alta e le fragilità di salute e dell’età che avanza rimodellano i ritmi e gli impegni. Ne siamo consapevoli ma, grazie a ciascuno di noi, questa pluridecennale “camminata” ci manterrà in… salute e benessere. La comunità alla quale partecipo la sento “la mia comunità” perchè è costruita anche da me e in qualche modo mi somiglia, come io le somiglio.

Nella introduzione al libro “L’inutile fardello” di Ortensio da Spinetoli, Cortinovis, riferendosi ad Ortensio, ad un certo punto dice: “…questa persona che mi stava dando ali per volare.”

Ecco, dai miei compagni e dalla mie compagne in comunità cerco di ricevere ali per volare e a mia volta cerco di donarle loro.

Ali non per fuggire o separarmi, ma per godere in piena libertà del mio e loro spirito.

Luciana

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Secondo me è stato importante ritrovarci attorno a un tavolo per parlarci in presenza e tentare di mettere in parole ciò che ci passava nel cuore e nei pensieri.

Restano alcune distanze, ad esempio sul ruolo del prete: pastore, ministro, presbitero, animatore?

La differenza sessuale (e il linguaggio sessuato) è paradigma fondamentale in un cammino comunitario e va riconosciuta, nominata e vissuta come ricchezza, oppure è solo uno tra tanti altri (venivano citati, ad es. malato-sano, omosessuale-eterosessuale…) e neppure il più importante?

Anche se l’incontro è stato sereno, mi è rimasto però il rammarico della separazione, che io ho vissuto come scelta unilaterale e che continuo a leggere come un fallimento. Non sempre riesco a vedere questa scelta come atto di libertà, bensì come rinuncia a cercare di condividere un cammino nonostante le differenze.

Queste ultime, per me, non sono sostanziali, perchè erano e sono molto più forti e centrali gli aspetti che ci uniscono: ricerca della giustizia, pratica della solidarietà, della pace, dell’apertura agli ultimi e alle ultime, ecc. sulla strada che ci ha indicato Gesù e sulla scia di molti altri profeti e profete che sono vissuti/e nella storia.

Certamente ogni scelta va rispettata, anche se non la capiamo fino in fondo. Sto tentando di accogliere i pensieri e le scelte di chi ha agito provocandomi dolore e delusione, sto cercando di rispettare le scelte che non collimano con le mie. Forse questo è il prezzo della libertà di ciascuno/a.

Carla

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Mi aveva già fatto riflettere la scelta dell’altra comunità di non invitare all’incontro le persone che non hanno vissuto la fase della rottura: a loro ci hanno detto di aver raccontato la storia più che trentennale della nostra cdb in un incontro precedente. E’ vero che non avrebbero capito molto del nostro scambio attorno alle motivazioni della rottura, ma resta il fatto che quelle persone hanno sentito una versione unilaterale della nostra storia…

Mi sono confermato nella convinzione di aver fatto bene a scegliere di rispettare la libertà di Franco Barbero di deludere il mio desiderio. Non c’era alternativa, ed è stato un bene, per me, smettere di arrovellarmi e soffrirne. Ma… qual era il mio desiderio? Di poter convivere con le nostre differenze.

Resta il dato di fatto “politico” del suo rifiuto di mettere in parole le motivazioni vere di quella scelta di rottura. Quelle che ci sono state illustrate ricalcano i contenuti della sua lettera alla rivista Esodo 1/18 e non hanno consistenza, secondo me. Credo che sia più realistico pensare che lui volesse un riconoscimento che una parte della comunità non era più disponibile ad accreditargli, perchè in ricerca d’altro, di “più comunità”, mentre lui voleva continuare a fare il prete/pastore a modo suo.

Anch’io, infine, sono stato colpito dalle affermazioni che mi suonavano squalificanti nei confronti del paradigma della differenza sessuale. Eppure la sera prima, sabato 24 febbraio, avevo sentito Franco dichiarare di condividere tutto quello che era stato detto da Selene Zorzi, la teologa che avevano invitato a parlare di “Il genere di Dio. La Chiesa e la teologia alla prova del gender”. Per lei mi sembra di ricordare che il paradigma della differenza sessuale fosse molto importante, centrale…

I punti precedenti sono una rapida sintesi di alcune riflessioni in margine all’incontro. Resto convinto che non sia bene nascondere i contenuti delle nostre differenze per un senso sbagliato di quieto vivere. La sincerità del nostro dire è stimolo reciproco alla ricerca, al proseguimento del cammino personale e comunitario. Con questo spirito continuo a voler molto bene a donne e uomini dell’altra comunità.

Beppe

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