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Lunedì 2 luglio 2012 – Vangelo di Matteo cap. 24, 1-44 – CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli

Lunedì 2 luglio 2012 – Vangelo di Matteo cap. 24, 1-44

Il Cap. 24 di Matteo si caratterizza per un discorso apocalittico che non ha  paralleli con gli altri vangeli. Infatti Mt è l’unico a parlare di parousia, un termine tecnico del linguaggio teologico che indica la venuta o il ritorno del Messia Gesù alla fine della storia. Ricordiamo anche che apocalisse significa un discorso relativo alle cose future o ultime (tà éscata, da cui anche escatologico). E’ un discorso forse per noi un po’ estraneo perché sono passati quasi 2000 anni e di fine del mondo, anche se annunciata da parecchi “profeti”,  non si è ancora visto nulla. Cecherò di illustrare tutto il capitolo 4 fino al versetto 45 escluso in quanto mi pare che gli ultimi versetti anche se collegati al discorso della parousia fanno parte dell’unità successiva, a mio modesto avviso.

Comunque trattandosi di cose future il discorso apocalittico non può che essere allusivo e immaginifico. La fine è il ritorno del Messia: quindi è a un evento salvifico che è orientata la storia del mondo. Ma fa parte dell’immaginario apocalittico la descrizione in termini futuri di una qualche tragedia storica che in realtà si è già consumata.

Il discorso vero è proprio viene diviso generalmente in due parti, la prima più ancorata al testo di Marco, la seconda propria di Matteo. Occorre notare che quando Marco scriveva la sua apocalisse gli eventi del ’70 erano ancora recenti, mentre per Matteo che scrive una decina di anno dopo, il quadro cronologico è immutato.

Seguendo la sua fonte egli predice che l’apparizione del Figlio dell’uomo avverrà “subito dopo la tribolazione di quei giorni (24, 29), ma egli insiste sul tema dell’ignorare circa il giorno e l’ora del suo ritorno, sul ritardo della paruosia che deve imporre a ogni credente una vigilanza fedele e prudente.

Ora una breve analisi del testo, senza la pretesa di illustrare tutto.

vv. 1 – 3

Questi versetti sono analoghi a Mc 13, 1: “Maestro, guarda che pietre e che edifici!”. Spesso Gesù quando si reca al Tempio fa osservazioni circa l’importanza e la durata di questi edifici. (Non dimentichiamo che quando i Vangeli sono scritti Gerusalemme è già stata distrutta e con essa il Tempio). Si anche accresce la distanza tra Gesù ed il tempio: la sua funzione è stata esercitata. Non è più necessario il tempio per l’annuncio del messaggio: saranno le comunità ad essere immagine. Certo Gesù ha pianto su Gerusalemme: era legato a questa città ed al suo tempio come tutti gli Ebrei osservanti eppure quando è scritto questo testo gli eventi sono trascorsi da un certo tempio e la distruzione della capitale è già stata elaborata. A Matteo interessa annunciare una seconda venuta, la parusia. E ai discepoli (ver. 3) interessa capire quando avverrà questo. Nella seconda parte si domanda il segno di due avvenimenti (la tua venuta e la fine del mondo), uniti in greco dallo stesso articolo, a significare che si tratta di due eventi inscindibili.

Come abbiamo visto parousia significa “venuta” e nel greco si riferisce alla vista compiuta da un re in una sua provincia lontana. Ma nell’uso neotestamentario equivale a ritorno e in Matteo si tratta sempre del ritorno escatologico del Figlio dell’uomo, e qui si intende  il tuo ritorno il Messia per discepoli.

vv. 4 – 14

Questa unità è introdotta da una duplice messa in guardia: “Guardate che nessuno vi seduca”. Eventi catastrofici quali guerre, insurrezioni o elementi naturali hanno sempre indotto la gente ha pensare in termini apocalittici alla fine del mondo. E’ molto naturale e anche umano diremmo noi. A questo fenomeno è associato il sorgere di impostori che Matteo chiama i falsi profeti, che approfittano dello sbandamento generale per contrabbandare dottrine soteriologiche (da soteriologia: salvezza). In ambito ebraico si può assistere a varie rivendicazioni messianiche. Non dimentichiamo che allora molti laeder dell’indipendenza della Palestina sono stati indicati come Messia o presunti  tali.

Matteo parla della fine. Però nonostante questi avvenimenti apocalittici non sarà ancora la fine. Ma solo chi avrà perseverato sarà salvato,  nonostante le difficoltà e le prove a cui sarete sottoposti. E quando l’evangelo sarà annunziato “in tutta la terra abitata” (vers 14) solo allora verrà la fine. Matteo inserisce in questo annuncio non solo più Israele, ma tutto il mondo: le genti pagane.

Il pericolo per Matteo non è esterno alla comunità, è interno: a causa delle tribolazioni molti  potranno “inciampare”  o cadere. Per l’aumento dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà e la legge verrà abbandonata. Occorre notare l’insistenza con la quale ritorna il termina molti: questa insistenza, insieme al tema della seduzione fa ricordare la polemica con cui si conclude il discorso della montagna. L’accusa mossa contro costoro più che di eterodossia, è di eteroprassi, di una prassi non motivata dalla carità.

vv. 15 – 28

“Guerre e rumori di guerre” non sono ancora al fine, ma solo i prodromi. La grande tribolazione di cui parla Matteo è collegata alla rivolta antiromana del 70 e alla successiva repressione per mano di Tito. Per il richiamo alla di   Daniele sembra riferirsi ad un episodio ricordato successivamente dalla storia: nel 135 l’imperatore Adriano edificherà un tempio dedicato a Giove sul luogo del tempio di Gerusalemme dopo che nel 70 Tito l’aveva profanato. Per gli Ebrei l’abominio è dunque l’oltraggio al tempio e al luogo.  E i Messia si sprecano sembra dire Matteo…

A questo punto in questo desolazione non resta che fuggire… E il brano termina con il riferimento alla venuta del Messia  (Vers 27) “Come infatti il lampo esce da oriente e appare fino ad occidente così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.” Sarà un evento manifesto visibile a tutti che non necessità di testimonianza o di predizioni.

Il riferimento agli avvoltoi potrebbe essere alle aquile romane, insegne dell’esercito di Roma, come segno di distruzione. Il termine avvoltoi in greco significa aquile.

vv. 29 – 35

La domanda dei discepoli era duplice: quando avverrà (ossia la distruzione del tempio) e quale sarà il segno della venuta del Messia. Fino ad ora Matteo ha  risposto alla prima domanda. Da adesso arriva anche la risposta alla seconda. Il segno non è qualche cosa di distinto dal Figlio dell’uomo, ma è il Figlio dell’uomo stesso.

In altre parole il segno del Figlio dell’uomo è la sua gloriosa parusia. (Vers. 30). Nessun segno particolare se non l’evento il quale segna la fine del mondo . Tre eventi in particolare sono descritti:

1) una perturbazione cosmica; 2) La visione del Figlio dell’uomo; 3) Il raduno degli eletti.

Secondo la patristica questa apparizione è identificata con il segno della croce (Nota redazionale).

La parusia del Figlio dell’uomo è inclusa tra due paragoni: la precede  il paragone con il lampo, la segue il paragone con il fico.

Questo secondo paragone mette in luce la certezza della venuta: come è sicuro che viene l’estate quando il fico mette le foglie, così è impossibile che la parusia sia ritardata una volta che si sono osservati i segni. Vi sono alcune contraddizione nel testo, a mio modesto avviso. La grande tribolazione è il prodrono della venuta del Figlio dell’uomo. Il paragone con il fico in verità è segno di benedizione e non di distruzione… però in altre versetti vi è anche l’immagine del fico sterile…

Non è verosimile che Matteo parli della parusia come di un evento che deve necessariamente verificarsi nella sua generazione, ma la distruzione del tempio è un avvenimento a lui contemporaneo. Come si vedrà al vers. 36 non si può stabilire quale sia il tempo della venuta del regno, ma la fine del tempio ne è un segno certo.

vv. 36 – 44

Il vers. 36 costituisce uno spartiacque nel discorso: esso introduce un brano di transizione al tono esortativo che dominerà tutta la seconda parte del discorso, quella più propriamente matteana.

Ma lo stesso versetto contiene la più risoluta affermazione dell’ignoranza circa il tempo della fine.

Matteo ricorre al racconto di Noè per illustrare l’incapacità a registrare gli avvenimenti che stanno avvenendo.

Ma questi eventi avranno un altro effetto dirompente: distruggeranno la solidarietà civile. Sono due gli uomini…uno sarà salvato e l’altro abbandonato al disastro. Marguerat, citando 1 Ts, 4,17 dice che gli eletti saranno rapiti sulle nuvole per andare incontro al Figlio dell’uomo, mentre gli altri saranno lasciati sulla terra.

“Vegliate dunque …” (Vers. 42) ecco il passaggio dalla descrizione all’esortazione, per ché non sapete…

Proprio perché nessuno sa il giorno né l’ora della parusia occorre aspettarsela da un momento all’altro, ovviamente secondo Matteo.

Memo Sales

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