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Lunedì 4 giugno 2012 – Vangelo di Matteo cap. 21, 1-27 – CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli

Lunedì 4 giugno 2012 – Vangelo di Matteo cap. 21, 1-27

vv. 1 – 11

Tutti gli evangelisti narrano, in un modo o in un altro, l’entrata festosa di Gesù a Gerusalemme. E’ proprio come se fosse il Re-Messia ad entrare nella città santa. Sembra che Gesù si senta calato nei panni di chi vuole rispondere alle aspettative messianiche e sceglie il tempo e le modalità appropriate – almeno così Matteo sembra descriverlo.

Nell’ingresso a Gerusalemme c’è una non troppo velata allusione alle Scritture: infatti lo stendere i mantelli sul puledro e sulla via riprende un uso delle cerimonie per l’incoronazione di personaggi regali (v. 2Re). Nella storia biblica l’asino è la cavalcatura dei re di Israele e nella tradizione profetica lo è anche del Messia: l’asino, che è il simbolo della mansuetudine, in contrapposizione al cavallo, che era la cavalcatura dei re guerrieri.

Il fatto ripreso da Matteo richiama soprattutto una profezia di Zaccaria 9,9: “Il re messianico della pace cavalca il puledro di un’asina e annienta i carri da guerra, spezza gli archi della battaglia e porterà la pace a tutti i popoli”. A ciò si unisce la citazione del Salmo 118: Osanna, Benedetto… Osanna vuol dire, su per giù, salva ora o salva, ti prego: è un investimento di fiducia che Matteo vuole evidenziare.

vv. 12 – 17

Come ogni buon pellegrino, appena entrato in Gerusalemme Gesù si reca al tempio. Era consuetudine che nell’atrio esterno del tempio si vendessero animali per il sacrificio e si trovassero banchi di cambiavalute, per far sì che nessun pellegrino entrasse nel santuario con monete recanti immagini e figure di sovrani, per giunta stranieri. Nel tempio infatti non poteva entrare nessuna immagine umana.

Durante tutta la sua vita Gesù aveva convissuto con queste usanze. Ora, improvvisamente, si mette a cacciare i rivenditori e a ribaltare i banchi dei cambiavalute… Forse da tempo erano sotto gli occhi di tutti queste pratiche poco rispettose della buona fede di chi, dovendo compiere il rito dell’offerta, si vedeva costretto a sottostare a modalità sovente truffaldine da parte di chi gestiva questo traffico.

Gesù si trova ad essere protagonista di un atto condiviso da molti, ma che nessuno aveva avuto fino ad allora il coraggio di compiere, perchè voleva dire chiaramente mettersi contro il potere. Il problema non è tanto contrapporre materiale e spirituale, quanto denunciare lo sfruttamento economico dei poveri.

Vediamo che questo tipo di comportamento, corroborato dalla guarigione di alcuni ciechi e zoppi (v. 14), produce due tipi di reazione completamente diversi. Quello di chi, vedendosi sfumare un’opportunità di facile guadagno e predominio, si allontana adirato. Quello invece di chi, riconoscendo in Gesà l’autorevolezza attesa, si avvicina e riceve benefici al di là di ogni previsione e aspettativa. Sono loro, unitamente ai bambini che, testimoni dell’avvenimento, riconoscono “gridando” l’accaduto, quelli che più hanno guadagnato dall’incontro con Gesù.

Anche qui, come altre volte nei Vangeli, la genuinità dell’atteggiamento dei fanciulli riconosce in Gesù colui che opera in modo pulito, efficace, chiaro. Assistiamo ad uno spaccato di come si può accogliere il Regno che viene, situazione che, come è stato più volte annunciato, capovolge spesso le logiche umane. La parte “migliore” ha capito, si rallegra e ne riceve benefici. L’altra no e, quindi, si sdegna, si adira, si dispera.

vv. 18 – 22

Leggendo un po’ la Bibbia abbiamo visto come l’immagine del fico sterile designi, nella predicazione profetica, l’infedeltà all’alleanza di coloro che Dio si è scelto come popolo (Ger 8,13; Os 9,10). E’ dunque immagine di una testimonianza che non sa essere all’altezza della pretesa esibita. E’ questo principalmente il senso della parabola o del gesto simbolico attribuito a Gesù.

Anche i discepoli del Maestro sono, con questo, avvisati: non c’è stagione che esima dalla testimonianza del Regno cui si è chiamati e a cui ci si è impegnati. L’avvertimento si tramuta comunque subito, positivamente, in una capacità di trasformazione che la fede ha sulla realtà, anche quella che si presenta con i caratteri di una resistenza apparentemente insuperabile: “Tutto quello che chiederete nella preghiera, lo otterrete”.

La sentenza del v. 19 sembra proprio rivolta a Israele e ai suoi capi. Infatti appaiono entrambi fiorenti e prosperi, ma né l’uno né l’altro portano il frutto desiderato ed entrambi sono condannati da Gesù. Da un altro punto di vista le parole quasi stizzite del v. 19 potrebbero anche mostrare una parte di vulnerabilità e irritazione di fronte ad una contrarietà: si dice infatti che ebbe fame e, se pure fosse così, penso che gliela si possa perdonare.

vv. 23 – 27

La polemica con i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo rivela una cosa importante. Essi vogliono sapere su cosa si fonda l’attività socio-taumaturgica di Gesù: “Con quale autorità tu fai queste cose? Chi ti ha dato questa autorità?”. Essi vedono le azioni compiute dal Maestro nel tempio come una evidente critica alla loro autorità. Uno che dichiara di essere venuto non per essere servito ma per servire e che, allo stesso tempo, si prende la libertà di sbaraccare nel modo che abbiamo visto i traffici del tempio, spiazza e non poco. Uno che, alla domanda rivoltagli, replica con una riflessione che pone gli interlocutori in grande imbarazzo, non è che possa essere così tanto ben visto da chi conta. Per il momento li tiene ancora a freno il fatto che il popolo è favorevolmente sorpreso dalle parole e dagli atteggiamenti di Gesù: forse molti avrebbero voluto fare quel che lui ha fatto, senza averne il coraggio.

La domanda rivolta a Gesù è la stessa domanda che era stata rivolta a Giovanni, all’inizio della sua attività lungo il Giordano (Gv 1,25) e rivela il panico da cui i detentori del potere sono presi di fronte a una autorità che si sottrae alle investiture consolidate nella struttura di dominio. Gesù, in ogni caso, alludendo solo indirettamente al suo apprendistato alla scuola del Battista, risponde ponendo a sua volta una domanda che mette in luce la loro malafede (v. 25). E davanti al loro silenzio, che ne denuncia la paura e la viltà, si rifiuta di proseguire il confronto.

Alcune riflessioni emerse nel gruppo

Qualche citazione biblica, come ad esempio quella del v. 13, può essere stata messa lì per evidenziare le contraddizioni di cui sono protagonisti i capi e i maestri della legge.

Il fico secca perchè una parte della tradizione viene meno; quindi Gesù non vuole demolire niente, ma prendere atto che alcune cose non sono state conformi alle precedenti tradizioni.

Il fine reale dei suoi oppositori è soprattutto neutralizzare un personaggio scomodo.

La fede può più di quanto si possa immaginare.

Domenico Ghirardotti

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