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Lunedì 30 gennaio 2012 – Vangelo di Matteo cap. 4,12 – 5,48 – CdB – Comunità Cristiana di Base Viottoli

Lunedì 30 gennaio 2012 – Vangelo di Matteo cap. 4,12 – 5,48

Gesù è umanamente prudente e si ritira al nord, nella “Galilea delle genti”, abitata da ebrei e gentili, da credenti e non credenti, e qui comincia a predicare il cambiamento di vita come strada del Regno. Come Giovanni… con le stesse parole: “Ravvedetevi, perché è vicino il regno dei cieli” (4,17 e 3,2).

Subito qualcuno accoglie l’invito a mettersi in cammino con lui, cioè a cambiare vita rispetto a quella precedente; e prende forma la nuova famiglia di Gesù: Matteo nomina solo i primi maschi, ma sappiamo che nel gruppo di Gesù c’erano anche donne, e che donne!

Cambiamento di vita è anche quello che Matteo ci testimonia raccontando di tante guarigioni di persone che passano dallo stato di malattia a quello di salute recuperata. Sembra che sia Gesù a fare miracoli; in realtà miracolo è ogni volta che un uomo o una donna si mettono in cammino per seguirlo sulla strada del cambiamento di vita. E il cambiamento di vita è vangelo incarnato, cioè la buona notizia che è possibile a ciascuno e ciascuna accogliere il Regno, fare della propria vita un cammino verso il Regno: dimostrandone la possibilità a chi ci vive intorno; seminandone il desiderio; com’è stata la vita di Gesù: autocoscienza, cambiamento e predicazione; e tutto ciò non è roba da preti, ma per tutti e tutte: discepoli e discepole non sono i primi preti, i predecessori dei gerarchi cattolici, ma un piccolo gruppo rappresentativo dell’umanità che vogliamo diventare.


Mettetevi in cammino e sarete felici

Matteo ci offre subito, aprendo il capitolo 5, un quadro vivo del Gesù che incarna autocoscienza e predicazione. Si è sottratto al rischio di fare la fine del Battezzatore… si sottrae anche alle grandi folle che lo seguono affascinate e desideranti; e sale su un’altura, che è come la cattedra dell’insegnante… e istruisce discepoli e discepole: il piccolo gruppo offre più facilmente attenzione e ascolto.

Beati…”: la traduzione greca (macaròi, felici) cambia il senso della parola, che nella radice ebraica originaria contiene piuttosto il significato di “mettetevi in cammino”, coerentemente con l’invito precedente alla conversione, al cambiamento di vita. Come se, dopo aver annunciato il concetto, l’idea della necessità di mettersi in cammino di cambiamento, adesso Matteo volesse aiutarci, con le parole di Gesù, a esemplificare quel significato: il Regno sarà costruito/raggiunto da chi si mette in cammino verso di esso; su questa strada c’è la felicità, la beatitudine.

Leggiamo, allora, le beatitudini nella traduzione di Ugo della Collina, che mi sembra particolarmente pertinente ed efficace:

Sorgete, è ora di farvi valere, voi poveri, perché avete il modo di realizzare la comunità dell’Amore;

Sorgete, è ora di farvi valere, voi che soffrite la fame, perché avete il modo di realizzare la giustizia sociale;

Sorgete, è ora di farvi valere, voi che siete sfruttati e sottomessi, perché avete il modo di realizzare la libertà;

Sorgete, è ora di farvi valere, voi che unite nella pace, perché avete il modo di essere riconosciuti espressione dell’Amore;

Sorgete, è ora di farvi valere, voi che avete comprensione verso gli altri, perché avete il modo di realizzare un mondo nuovo, il regno della tolleranza;

Sorgete, è ora di farvi valere, voi che avete il cuore senza attaccamenti o doppi fini, perché avete il modo di vivere essendo Amore;

Sorgete, è ora di farvi valere, voi che siete gli ultimi, perché avete il modo di realizzare la struttura dell’uguaglianza;

Sorgete, è ora di farvi valere, voi perseguitati, insultati, cacciati via, derisi, odiati a causa delle attuazioni del mio messaggio, perché avete il modo di realizzare una società nuova.

L’insegnamento di Gesù prosegue entrando nel merito di domande non poste dal gruppo che lo accompagna ed esplicitando questioni che in sinagoga si ripetevano stancamente, senza chiarezza.

L’invito ad essere sale e luce del mondo (vv 13 e 14) non è un riconoscimento di ciò che i cristiani amano pensare di sé: noi siamo sale e luce del mondo, perché siamo battezzati/e e membri dell’unica vera chiesa… Sale e luce per il mondo sono tutte le donne e tutti gli uomini che compiono buone opere, quelle delle beatitudini.

Su questa strada corriamo il rischio di fare la brutta fine, per mano del potere, che hanno sempre fatto i profeti e le profete (vv 17-47), perché chiedevano di andare oltre, con le pratiche di amore e condivisione, l’osservanza rigida e formale di un codice dettagliatissimo, com’era quello contenuto nel Pentateuco e nella Torah. Gesù si mette sulla stessa strada e così non mancherà di attirarsi le ire dei sacerdoti e dei farisei. Gesù ci dice che Dio è nel cuore, non nei catechismi; che vivere con amore significa andare oltre, non limitarsi all’osservanza formale, tecnicamente ineccepibile, delle singole norme. Quante persone gli chiederanno: ho sempre osservato tutti i comandi della legge… cosa mi manca?

Portare a compimento la Legge o i Profeti (v 17) significa realizzarla, viverla fino in fondo, completamente, senza remore né compromessi al ribasso: bisogna andare oltre l’osservanza esteriore di scribi e farisei (v 20). Ci vuole molto di più, e ce lo illustra con quel “Vi è stato dettoIo, però, vi dico…”. E’ l’applicazione del v 6: dobbiamo essere quotidianamente affamati/e e assetati/e di giustizia, non accontentandoci mai del livello raggiunto; solo così un giorno saremo saziati/e e soddisfatti/e: quando moriremo consapevoli di aver cercato di fare tutto il nostro possibile. Questo è l’ideale verso cui camminare: la nostra perfezione di creature del v 48. Gesù non ci chiede di essere come Dio, ma di puntare al massimo possibile della nostra creaturalità, che dei limiti e delle fragilità è consapevole, ma cerca sempre di andare oltre: perfetti/e come creature, così come Dio è perfetto come creatore, come divinità.

Altri esempi ed applicazioni: nessuna donna può essere oggetto sessuale per gli uomini (vv 27-32); il giuramento non rende vera una menzogna (vv 33-37); per una nuova civiltà delle relazioni occorre partire da sé: per cambiare il mondo dobbiamo fare noi per primi/e gesti d’amore (vv 38-42); in una società in cui il prossimo era il compatriota e lo straniero era nemico, questo amore indiscriminato e universale predicato da Gesù era senz’altro una sconvolgente novità, soprattutto per gli uomini, custodi gelosi del legalismo, della proprietà privata, delle leggi dell’onore, ecc…
Approfondimenti nel gruppo

Sembra esserci contraddizione nel brano 27-32: dice che la donna non deve essere oggetto, ma così resta oggetto di questo discorso.

E, poi, com’è duro quel passaggio sul desiderio! Cosa significa veramente?

Come il discorso sull’adulterio: oggi non lo vediamo più con questa durezza… può succedere in qualunque coppia…

Oggetto del discorso, in realtà, non è la donna, bensì il comportamento maschilista degli uomini. E, come in un gruppo di autocoscienza maschile ci aiutiamo ad andare oltre le nostre rigidità e le nostre pigrizie, così vale per tutti e tutte, oggi, l’invito di Gesù ad andare sempre oltre: non ci sono parole e pratiche definitive.

C’è un oltre di Gesù per i suoi contemporanei: se per te l’adulterio è cosa grave, com’è scritto nella legge di Mosé, sta’ attento perché guardare con desiderio una donna sposata ne è già il primo passo. E c’è un oltre che può valere per noi oggi: se non solo il desiderio, ma addirittura una relazione extraconiugale non è più per noi adulterio, così pesante di sensi di colpa e di peccato, ma un’esperienza, anche dolorosa, che può rivelarsi utile ed essere accolta da chi la subisce, allora il discorso cambia.

Problema serio è il fatto che fatichiamo a liberarci di quanto ci viene insegnato fin da piccoli/e: siamo condizionati/e dall’idea che Bibbia e Vangelo siano “parola di Dio”, legge morale impegnativa e definitiva, immodificabile, insuperabile… invece che racconto di come allora uomini e donne vivevano e subivano convinzioni e relazioni… e il giogo insopportabile di chi pretendeva, allora come oggi, di essere l’interprete infallibile e il giudice divinamente delegato all’applicazione di quella legge.

Di questo primo grande discorso di Gesù mi sento spettatrice – ha confessato una donna del gruppo – perché è tutto al maschile: poveri, miti, affamati… Credo che alle donne di allora non dicesse nulla; mentre io oggi lo devo sviluppare diversamente.

Il gruppo ha condiviso questa osservazione, esprimendo una curiosità che giriamo a chi conosce ebraico e aramaico: anche nella lingua originale è tutto al maschile? Noi presumiamo di sì…

Queste riflessioni, nate dal messaggio evangelico di Gesù, dovremmo portarle ovunque, anche dove non si legge la Bibbia e non si parla di Gesù: l’amore, la giustizia, la condivisione… sono valori universali indispensabili per costruire quell’altro mondo possibile di cui parliamo tanto.

Sì, davvero non sono “roba da preti, da religioni”; anzi, sarebbe meglio prescindere dalle religioni: saremmo più credibili. Le religioni, purtroppo, si rivelano muri da abbattere, al pari di tanti altri, per realizzare il Regno dell’Amore universale sulle ceneri del sacro dominio di tante gerarchie patriarcali. Preferiamo pensare a Gesù come a un leader della politica prima: quella delle relazioni a partire ciascuno e ciascuna da sé, la politica del rispetto reciproco e della convivialità tra tutte le creature. E’ cosa ben diversa dalla politica che conosciamo e che ci viene predicata come l’unica possibile: quella della competizione, del dominio del denaro, della sottomissione alla prepotenza dei ricchi che distruggeranno la madre terra che vorrebbe accogliere e nutrire tutti gli uomini e tutte le donne che vengono al mondo…

Beppe Pavan

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